Nucleare? I pro e i contro

par Edmondo Gigli
venerdì 8 aprile 2011

Dopo Fukushima, le scelte nucleariste del governo e un ennesimo referendum in arrivo la polemica sul nucleare divampa, ma il problema è proprio lì?
 

La difficoltà nel valutare le informazioni sul nucleare derivano più che altro dal fatto che le scelte energetiche, a differenza di altri argomenti del quotidiano, sono fortemente condizionate da valutazioni di natura politica o culturale. Poco a che vedere con considerazioni strettamente tecniche, molto contenuto "viscerale". Come una volta si era visceralmente comunisti o anti-comunisti oggi si è nuclearisti o anti-nuclearisti.

Il campo di azione è cambiato, i modi no. D'altronde noi italiani siamo sempre stati così, quindi è inutile starci a discutere su. Chi era antinuclearista prima lo è anche adesso, chi era nuclearista lo sarà anche dopo Fukushima. Chi, invece, era indeciso prima ora ha sicuramente le idee ancora più confuse.

Quindi provo a farmi uno schema per quanto possibile oggettivo e centrato sul presente del nucleare.

Pro oggettivi nel presente:

Contro oggettivi nel presente:

E' chiaro che sulla base dei dati oggettivi strettamente tecnici non è possibile dedurre una risposta inconfutabile al quesito sul nucleare, quindi, inevitabilmente, la discussione si allarga ad ambiti non strettamente tecnici, alla ricerca di uno spareggio, è qui nasce la polemica.

Ogni scelta in campo energetico, in realtà, si appoggia su considerazioni etiche e morali, prima ancora che su considerazioni tecniche. Questo da un lato è il risultato di un sostanziale pareggio tra le motivazioni pro e contro da un punto di vista tecnico, mentre dall'altro lato è il risultato di una sostanziale crescita nel sociale dell'importanza collettivamente attribuita all'energia e alle relative politiche. Questo secondo aspetto è la nota più positiva del dibattito attuale, in quanto riporta la politica al contesto che le compete, quello delle scelte concrete in ambito sociale.

In questo quadro in cui viene tirato in gioco ciò che sarà del futuro, come si suol dire, "Casca l'asino".

E l'asino stavolta è il nucleare e questo per un ragionamento estremamente semplice: allo stato attuale delle conoscenze, di uranio ce n'è per poco, dovendo paragonare qualche decina di anni di usufrutto a fronte di una moltitudine di secoli durante i quali i nostri figli dovranno sorbirsi l'onere di gestire le nostre scorie (fatto questo che viene bene espresso con una frase piuttosto volgare ma incisiva, ovvero "Si dovranno mangiare la nostra merda").
La critica che solitamente si solleva contro questa semplice considerazione è che vi sono delle prospettive da un punto di vista tecnologico per arrivare a sfruttare il ciclo di vita del materiale radioattivo per tempi più lunghi e con meno scorie e chissà, in un futuro ancora più remoto, senza scorie e senza rischi, ma siamo sempre alle proiezioni nel futuro. Nel futuro anche i pannelli solari dovrebbero arrivare a rendere oltre il 50% dell'energia solare ricevuta, ma di fatto allo stato attuale, nessuno è in grado di comprare sul mercato un pannello che superi il 18%, esattamente come per ora non è possibile costruire una centrale totalmente sicura e che non produca scorie.

Il fatto è che il futuro lo si invoca per riportare in pareggio un bilancio che nel presente è in perdita e la perdita deriva dal fatto che la nostra generazione (e alcune altre prima della nostra) sta vivendo energeticamente al di sopra delle possibilità del pianeta.

Questa considerazione dovrebbe portare un "buon padre di famiglia" a rivedere il bilancio famigliare e a redarguire chi sta spendendo troppo, ponendo limiti e divieti oltre che promuovendo azioni virtuose e utili ai fini del risparmio.
La domanda che affiora, inevitabilmente, è: "Ma chi è il buon padre di famiglia"?

E qui, se mai ve ne fosse il dubbio, casca il secondo asino e cioè noi.
Dove noi significa la nostra cultura che ha elevato il mercato ad unico padrone del mondo, che avrebbe la pretesa di credere ad un modello di sviluppo infinito nel quale la parola 'rallentare' è sinonimo di 'morire'. "Noi" è un concetto che scende in profondità, nelle viscere della nostra vita, nei gesti più usuali di chiedere un caffè al bar in un paese dove il caffè non è mai cresciuto, di accendere una televisione che inevitabilmente dovrà essere in HD e magari in 3D, di girare la chiave di una macchina che deve portare a spasso per puro sfizio 2000 Kg di ferro e 80 Kg di uomo, nell'ingurgitare pastiglie che ci consentono di sopravvivere ad un'alimentazione e a un tenore di stress demenziali.

E in tutto questo la scienza è quella cosa che, ovviamente, deve risolverci il problema, deve tirare fuori dal cilindro il suo coniglio meravigliando tutti di come il 3 possa stare nel 2...

Non ci sta. Non ci sta e basta e se fino ad ora ci siamo sempre illusi che ci stesse è semplicemente perché abbiamo sempre buttato da qualche parte l'uno che restava facendo finta che non ci fosse, ma prima o poi il conto arriva e con più andiamo avanti e con più sarà salato. Possiamo continuare a fare finta di niente oppure possiamo pensare che come adulti, come uomini e donne padroni della nostra vita abbiamo delle responsabilità precise verso noi stessi e verso i nostri figli.

In realtà non dovremmo trovarci a scegliere tra nucleare e non nucleare. La scelta dovrebbe essere su quale sia il migliore dei possibili mezzi esistenti per smettere di consumare come stiamo consumando. Questa è la domanda proibita a cui nessuno vuole dare risposta. L'imperativo collettivo era e resta crescere a tutti i costi.

Quindi la diatriba tra nucleare e non nucleare in realtà è solo un modo per non affrontare il problema di fondo, un problema che ci vede planetariamente responsabili verso le generazioni che verranno e che ci giudicheranno per ciò che facciamo e faremo del pianeta.

La mia convinzione è che se si smettesse con il nucleare senza cambiare nulla dei meccanismi socio-culturali che innescano il consumo folle di energia della nostra società, il risultato sarebbe il medesimo dell'uso del nucleare: finiremmo comunque per bruciare tutto ciò che è possibile bruciare.

In tutto questo manca una cosa. Quando diciamo scegliere dei modelli differenti esprimiamo un concetto del tutto teorico che non ha una corrispondente realtà. Questo è il problema dentro al problema. La realtà ultima è che l'umanità vaga in un vuoto esistenziale di valori. Un vuoto che di epoca in epoca viene ricolmato di qualcos'altro che valore non è, ma che sembra tale e che per tale viene accettato dalla maggioranza. Vuoi che lo si chiami religione, vuoi che lo si chiami benessere, vuoi che lo si chiami scienza... Il nostro problema specifico è che nel mentre il procedere della tecnologia ha portato la nostra capacità distruttiva a livelli ai quali nessuna altra società è mai arrivata.

Tutto si sta focalizzando in termini di consapevolezza e di visibilità. Tutto sta diventando evidente a tutti gli esseri umani. La globalizzazione è questo, un processo di messa a fuoco globale della posizione dell'uomo e del suo ruolo nella vita sua e dell'intero pianeta e Fukushima è uno dei mille spunti che l'umanità ha per cominciare e per portare avanti una riflessione che deve essere per forza di cose molto profonda e che va ben oltre il puro problema energetico. In questo senso la nostra epoca ha strumenti che corrispondono alle responsabilità. Il dubbio è se ha la volontà e la capacità morale del compito che le spetta.

Il valore ultimo, che produce un senso per l'individuo non nasce insieme all'uomo, è una conquista che ognuno di noi deve fare per se e in questo la responsabilità che abbiamo in quanto specie si frammenta e ricade su ognuno di noi in quanto individui. Una responsabilità che dovrebbe essere il nostro miglior consigliere, sia che siamo pro o contro il nucleare.


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