Nube vulcanica: nel XXI secolo, un autentico disastro beffa
par roccob
martedì 20 aprile 2010
Si lasci passare la denominazione soggettiva contenuta nel titolo - del resto, affiorata nella mente con un moto del tutto sereno e spontaneo - che, alla sensibilità del comune osservatore scrivente, sembra perfettamente appropriata rispetto alla clamorosa emergenza di questa metà d’aprile (facendo voti affinché la circoscrizione temporale non straripi) e ancor più appropriata e calzante come auspicio d’irripetibilità.
E però, non c’è che dire, alla luce dell’evento scatenatosi e in corso di sfogo (che sfogo!), s’impone qualcosa d’importante e radicale già in linea di principio, a partire da talune classifiche e sequenze, coniate dalle moderne società. Ad esempio, per restare in Italia, a proposito dell’ordine dei cosiddetti poteri costituiti: primo, secondo e terzo, con rispettivo riferimento a Parlamento, Governo e Magistratura, quarto, poi, con richiamo alla definita “casta” di stampa, tv e giornali e relativi operatori ed assetti d’appartenenza e/o controllo.
In altri termini, senza tema d’eresia, sembrerebbe d’uopo mettere al primo, primissimo gradino, per forza autonoma, contenuta e indotta, la natura e gli eventi che le sono o possono esserle propri.
Oltre un millennio fa, si annotò che un invasore calato da lontano, tale Attila, fece terra bruciata intorno a sé e tale definizione permane ancora oggi viva e indicativamente attuale.
Pochi giorni addietro, è bastato un anonimo, o per no meno difficilmente nominabile, vulcano della piccola Islanda, per creare, mediante la sua voce/azione eruttiva, non terra, ma cieli bruciati, non limitatamente a quell’isola, ma sconfinando addirittura lungo e attraverso l’intero vecchio continente. E purtroppo, chissà quando - è ovvio, si spera presto, prestissimo - il lamento, definiamolo così, della montagna di fuoco cesserà, spegnendosi o affievolendosi su toni innocui.
Gli esperti precisano che il vulcano in questione, tranquillo da un secolo e passa, anche per via della latitudine, trovasi sormontato da una vasta area di ghiacciai e che, a determinare l’effetto della terribile nube di fumo, caligine e polvere, è stata, in modo particolare, una volta innescatasi la fase sussultoria, la caduta a precipizio della gelida massa di ghiaccio nell’immenso crogiolo del magma lavico, di temperatura chiaramente elevatissima.
Guai seri, tutto sembra fermarsi, essere compromesso, ormai ogni movimento appare legato alle ali e alle turbine dei jet, finanche Capi di Stato e di Governo risultano in ginocchio, una potente della terra qual è la Cancelliera tedesca sta in queste ore vivendo un’avventurosa epopea per far rientro nel suo Paese. Beh, è inutile nasconderlo, si tratta di un grande, pesante scotto che si paga alle mode e abitudini affermatesi nei recenti decenni, durante i quali, per stare sul tema, si è assistito all’abbandono, messa in disarmo, demolizione, trasformazione in musei galleggianti, di vastissime flotte di grandi navi a vapore, motonavi, turbonavi, transatlantici - già non a caso regine dei mari - che, prima che l’aviazione civile si diffondesse e acquisisse quasi l’esclusività – espletavano la medesima funzione di trasportare milioni e miliardi di persone, da un paese all’altro, da un continente all’altro, dalla Scandinavia all’Argentina e all’Australia.
Al solito, nell’ambito di cambiamenti epocali e sulla spinta di processi vorticosi e convulsi, si è anche qui rivelato difficile percorrere itinerari equilibrati e di prudenza, ossia salvaguardando e mantenendo, in certi limiti, il vecchio accanto al nuovo. Cosicché, al succedere dell’imprevisto, ecco ora sopraggiungere conseguenze negative.
Quale lezione ricavare: pensare, riflettere e preordinare le priorità, le azioni e i comportamenti all’indirizzo degli elementi naturali che ci circondano, allo scopo di cercare di non incappare, in futuro, in pesantissime contingenze del genere, tenendo presente che, ove ci si limitasse semplicemente a riparlarne post evento, si compirebbe solo un mero e vieppiù labile esercizio.
Ad ogni modo, per esorcizzare idealmente la contingenza in atto, la conclusione d’adesso non può che essere: ”Nube e polveri, dissolvetevi e sparite presto!”.