Non sottovalutiamo l’istruzione tecnica!

par Maria Rosa Panté
martedì 14 dicembre 2010

In premessa i nudi dati, la fonte è CONFINDUSTRIA dal Convegno del 19 novembre 2010 âOltre le apparenze: scuola e impresa del terzo millennioâ.
Nel 2008 prima della crisi le imprese non trovano 181mila tecnici.
Nel 2009 nonostante la crisi le imprese non trovano 84mila tecnici.
Nel 2010 durante la âripresinaâ le imprese non trovano 110mila tecnici.

Vi pare incredibile, vero? Com'è possibile? Per non parlare della carenza di ragazze ormai cronica.

In Italia troppi studenti frequentano il liceo, il che è abbastanza strano giacché alla fine siamo uno dei paesi con il minor numero di laureati.

Eppure l’istruzione tecnica per molti ragazzi rappresenta anche un trampolino di lancio verso gli studi universitari. Nell’anno accademico 2009-2010 più di un quarto (26,1%) degli immatricolati delle università Scientifiche italiane aveva un diploma di tipo tecnico. Segno di quanto queste scuole siano capaci di assicurare un’istruzione di alta qualità, in grado di preparare gli alunni a un cammino che li porti, in futuro, ad una laurea

Questi dati astratti hanno acquistato corpo e vita durante un incontro di Orientamento nella mia scuola, un ITIS. Perché dunque si trascura l'istruzione tecnica e professionale? Sia a causa della liceizzazione del sistema scolastico, sia dello scetticismo verso tipi di scuole ritenute di seconda scelta, fondamentale è poi la disinformazione. Proprio per dare una corretta informazione sono stati invitati a parlare ex allievi dell'ITIS, ora nel mondo del lavoro, che hanno detto qual è stata la loro esperienza nel passaggio dalla scuola al lavoro e cosa la scuola tecnica ha dato loro di importante e utile per il futuro.

Sono poi intervenuti gli ex studenti: due periti meccanici e un perito chimico. In primo luogo hanno sottolineato, per la meccanica, la varietà di possibilità di applicazioni. Ad esempio uno di loro, che ora lavora in una rubinetteria, ha progettato un innovativo attacco per snowboard che ha portato atleta e ditta produttrice al primo titolo mondiale di snowboard. Un perito da medaglia d'oro, insomma!

Mentre l'altro perito ora lavora presso una ditta che si occupa di ultraleggeri ed è leader in questo campo.

Entrambi rimarcano: sia l'importanza di una scuola, che oltre alle conoscenze scientifiche ha dato loro delle basi più tecniche. E tecnici così sono ora contesi, tanto che entrambi ricevono continue nuove proposte di lavoro.

Riguardo alla chimica il discorso è un po' diverso perché la richiesta, pur presente, è nel settore tessile oggi in sofferenza, ma qui si rivela la duttilità del tecnico: anche questi diplomati lavorano, magari non nella chimica, ma in campi diversissimi: il perito chimico presente ad esempio, dopo aver lavorato in un'industria tessile, è ora arredatore ed è grato alla scuola che gli ha permesso di ritagliarsi uno spazio a lui congeniale e di essere appunto duttile, capace di reinventarsi.

Doveva poi essere presente un altro perito chimico, che ha continuato gli studi e ora è veterinario, specializzato in chirurgia: la sala operatoria l'ha trattenuto.

Dunque pressante è l'invito di una come me che pure ha frequentato il liceo classico a prendere di nuovo in considerazione l'istruzione tecnica e professionale perché l'industria italiana di eccellenza e dunque l'intera società italiana ha fame di tecnici e tecniche preparati.


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