Non si sospende la libertà di insegnamento

par Antonio Moscato
martedì 21 maggio 2019

La vicenda di Rosa Maria Dell’Aria, docente di Lettere dell’istituto tecnico Vittorio Emanuele III di Palermo, sospesa dal Ministero dell’istruzione per quindici giorni con stipendio dimezzato, è di una gravità inaudita e senza precedenti nella storia dell’Italia repubblicana e democratica. 

La professoressa è stata, infatti, duramente sanzionata per non aver controllato e censurato il lavoro di ricerca svolto da alcuni suoi studenti, i quali, affrontando il tema delle leggi razziali fasciste del 1938, hanno costruito un parallelismo tra le politiche discriminatorie di Mussolini e le politiche su migranti e rifugiati attuate dal Ministero dell’Interno Salvini.

La sospensione dell’insegnante conferma il clima di crescente e insostenibile repressione nei confronti della scuola e di tutti coloro che esprimono in modo democratico un dissenso verso il governo, il quale, non passa giorno, invece, senza che conceda legittimità politica e spazi pubblici a gruppi e movimenti neo fascisti, in aperta violazione della Costituzione italiana. L’iniziativa del Ministero dell’Istruzione contro la professoressa di Palermo è un attacco violento alla libertà di insegnamento e ai diritti civili e politici di ogni cittadino, di fronte al quale non si può rimanere muti, inermi e complici. La scuola, infatti, deve rimanere una comunità libera, un luogo in cui poter alimentare lo studio, il pensiero critico e l’esercizio pratico della democrazia.

Gli studenti di Palermo con la loro ricerca non hanno insultato nessuno, bensì hanno semplicemente applicato una di quelle competenze che sempre gli vengono richieste: rielaborare in modo personale il presente a partire da quanto letto, studiato e appreso in classe. Se gli allievi in questione hanno rilevato un collegamento tra le discriminazioni razziali durante il fascismo e le politiche portate avanti da Salvini nei confronti dei migranti, vi è solo da fare loro un applauso, in quanto dalle loro fertili riflessioni si può fare della scuola un luogo di discussione e confronto e non una caserma di obbedienza o un supermercato di consumo. E ciò è valso anche per il passato, quando gli studenti hanno mosso critiche a Berlusconi, Renzi, Moratti o Gelmini.

Il potere, invece ancora una volta, vuole che gli insegnanti si trasformino in vigilantes e esecutori degli ordini e che taglino sul nascere ogni albero di dissenso e di autonomia di pensiero. Dietro il mantra “Fuori la politica dalla scuola” si nasconde la volontà di fare dell’istruzione uno strumento controllare la società e formare stupidi e mansueti burattini. E chi non si adegua e conforma a tale prospettiva va sanzionato e punito. La vicenda di Rosa Maria dell’Aria ha messo in luce il volto becero e violento di chi ci governa. Di fronte a tali soprusi, che minacciano la debole democrazia italiana, serve una forte e consapevole mobilitazione del mondo della scuola, docenti e studenti uniti, del lavoro e della società civile. Prima che sia troppo tardi.

NOTA REDAZIONALE Aggiungo una piccola considerazione. Il processo di “normalizzazione” autoritaria della scuola a mio parere è già cominciato da anni, e l’ho sperimentato più volte di persona sia quando insegnavo negli Istituti superiori, sia nell’Università, anche se in genere era mascherato da un velo di ipocrisia democristiana. Vorrei ricordare però tra le manifestazioni più brutali degli ultimi tempi anche il licenziamento della maestra Lavinia Flavia Cassaro, l’insegnante di scuola primaria che aveva “insultato” le forze dell’ordine che stavano attaccando (come accade spesso) un corteo antifascista organizzato per protesta contro un’iniziativa di Casapound. L’episodio era accaduto a Torino il 22 febbraio 2018, non in orario scolastico, e quindi riguardava solo le sue idee personali, o al massimo la sua capacità di autocontrollo, non la sua capacità di insegnare. Un licenziamento - confermato dalla magistratura - che ricorda quello di alcuni operai della FCA condannati alla disoccupazione (probabilmente perpetua, con i tempi che corrono) per aver esposto un fantoccio che rappresentava Marchionne impiccato, durante un sit in in ricordo di alcuni compagni di lavoro spinti al suicidio. (a.m.)


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