Non lavoro in Italia…

par Marco Camisani Calzolari
venerdì 31 ottobre 2008

 
Ho un’azienda che realizza prodotti B2B per clienti di tutto il mondo.
Ho piattaforme B2C con i server in Canada e gli utenti che provengono da decine di nazioni diverse.
Altre piattaforme B2B con clienti prevalentemente all’estero.
Compro servizi da tutto il mondo.


Nella carta di credito aziendale la maggior parte degli acquisti è effettuata all’estero: pago servers, prodotti elettronici, servizi, collaboratori.
L’editore del mio libro è anglosassone ed è possibile che presto venga tradotto in inglese per essere distribuito nel mondo.

Io vivo in Italia ma non lavoro in Italia.

Chi lavora nel Nuovo Web non sono sicuro che lo stia facendo realmente in Italia. Forse vive in Italia, digita e clicca su un “terminale” fisicamente in Italia, ma la sua attività probabilmente si svolge altrove… Specie quando i clienti sono altrove (Vedi per esempio gli annunci AdSense comprati in tutto il mondo, ospitati su pagine che stanno su server in giro per il mondo, realizzati da soggetti che vivono ovunque e che papano servizi di società worldwide).

Non sono un fiscalista ma credo che quando l’attività si svolge prevalentemente al di fuori della fisicità del territorio italiano, è giusto che paghi le tasse personali dove vive, ma non credo che l’Italia sia il luogo più corretto in cui avere la sede delle proprie attività.

La mia SRL italiana paga più del 50% di tasse (tutto sommato), non può scaricare molte delle spese che invece sostengo realmente per le attività, è vessata dalla burocrazia, spende almeno 500 euro al bimestre di commercialista e lo stato si comporta come un nemico.


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