Non è la tua stampa, bellezza. L’imbuto della furbizia italiana colpisce il M5S?

par Pietro Orsatti
lunedì 20 maggio 2013

Sono passati tre anni da quando Micromega pubblicò il mio servizio sul rapporto fra Casaleggio e Grillo. Quanta acqua è passata sotto i ponti da allora. L’ultima volta che ho incrociato Paolo Flores D’Arcais, a lato di una manifestazione un messetto fa, ci scambiammo un paio di battute, fra il divertito e il rassegnato: “Capita spesso così a chi anticipa i tempi”. Già, capita spesso così.

Al centro di quel servizio c’erano tre quesiti ben chiari: quale fossero le strategie imprenditoriali (ancor prima di quelle politiche) della Casaleggio Associati e da dove veniva (quale era la sua storia e i suoi rapporti commerciali) quella società che aveva creato il fenomeno Grillo politico; quale fosse la visione della politica e del rapporto fra decisione e democrazia proposta da Gianroberto Casaleggio; quale fosse il livello di condivisione e di democrazia all’interno del neonato movimento. Sì, avevamo anticipato di almeno un anno e mezzo i tempi. E puntualmente ci ignorarono (non tanto me che non conto niente quanto Micromega e la sua storia e capacità di cercare di dare un senso a quello che si muove nella società italiana). Quel servizio consegnato tre anni fa alla redazione di Micromega lo potete trovare qui.

Ora tutti, e dico tutti, si stanno ponendo (e in gravissimo ritardo) le stesse domande. Perfino i meno indottrinati attivisti ed eletti del M5S. Bene che lo facciano. Stiamo parlando di una forza politica con il 25% dei voti, che governa già in alcune città e che in questa fase di crisi si propone come unica alternativa possibile al sistema dei partiti. E stiamo parlando di una forza politica che ha un apparato di comunicazione (basato su una ben precisa strategia di marketing mutuata da campagne virali commerciali) di indiscutibile efficienza.

Grillo e Casaleggio martellano (ormai da anni) contro la casta. Una casta, secondo loro, formata esclusivamente dai politici e dalla stampa (anzi, dai giornalisti uno per uno se non quelli illuminati dal verbo di Grillo). Il mercato e le imprese (e le banche) nella visione di Grillo e Casaleggio alla fine hanno delle responsabilità minime dell’attuale situazione. Le imprese, nella loro visione, sono per definizione “sane” e si corrompono solo quando entrano in contatto, e si fanno condizionare, con la politica. Facile, no?

E sui giornalisti Grillo (e Casaleggio anche se più defilato) hanno un chiodo fisso: sono per definizione in malafede e sono servi della politica. Esclusi alcuni, ovviamente. Esclusi quelli che scrivono bene del movimento e non fanno domande su organigrammi, proprietà, soldi, interessi, democrazia interna oppure che sono stati direttamente assunti dal gruppo di comunicazione o che scrivono per una casa editrice (ChiareLettere) che ha stabili rapporti di lavoro e compartecipazione in attività commerciali con la Casaleggio Associati o per un giornale (Il Fatto) di cui ChiareLettere detiene un pacchetto azionario determinante.

Ora nella black list (immensa) di Grillo e Casaleggio è entrata e a pieno titolo anche Milena Gabanelli. Poco importa che sia stata la più votata alle Quirinarie del movimento. Poco importa che sia stata portata in palmo di mano da Grillo stesso. La trasmissione Report ieri ha avuto l’ardire di fare due di quelle domande che i giornalisti non devono fare. I proventi del blog di Grillo vanno al M5S o no? Quanto guadagna la Casaleggio Associati dalla pubblicità del sito di Beppe Grillo?

Ecco. Per molto meno Grillo ha lanciato anatemi intimidatori annunciando perfino dossieraggi in pieno stile piduista (eh sì, quelli che li facevano i dossier erano proprio gli allegri soci di Gelli). Casaleggio, interpellato, si è rifiutato di rispondere. Un parlamentare, il senatore M5S Giarruso, visibilmente irritato, ha aperto il fuoco di fila (in continuità con il miglior Gasparri) accusando Report di fare illazioni e insinuazioni evitando ovviamente di rispondere. Attendiamo l’anatema prossimo e venturo sul blog di Grillo.

La presunta trasparenza del M5S (che sta già scricchiolando da mesi) va a farsi benedire proprio sulla questione dei soldi?

Ritorno con la memoria all’epico scontro fra Travaglio e Grasso. Il censore di ogni italico vizio, e proprietario di una quota del già citato quotidiano Il Fatto, aveva accusato il presidente del Senato di essere il solito italiano furbo. Già. Furbo. Di giorno in giorno il club dei furbi sembra allargarsi sempre di più. Sull’argomento ci aveva visto bene decenni fa Indro Montanelli.


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