Non chiamatelo razzismo

par Camillo Pignata
lunedì 4 marzo 2019

Per molti, per tanti, per troppi anche di sinistra, i fatti di razzismo, che quotidianamente si succedono nel nostro Paese, sono stati e sono considerati singoli episodi, non ascrivibili ad un sistema di potere razzista.

E così anche per Grillo, il razzismo è un falso problema, un fenomeno «esclusivamente mediatico». È vero non c’è razzismo ideologico, ma il razzismo “mediatico”, figlio della propaganda, più che della convinzione.

E tuttavia questo particolare e nuovo razzismo, si porta dietro le scorie peggiori del vecchio, e quindi anche un nucleo di violenza che ieri si è espresso con i forni crematori, l'olio di ricino, le torture, oggi si esprime con i raid, le aggressioni con le manganellate mediatiche, con le minacce, con il disprezzo di tutto ciò che umanità ed antirazzismo.

In una società mediatica e globale, non si può riprodurre il razzismo di 50 anni fa, ma si può riprodurre, ed è stato riprodotto, un clima di odio che genera violenza sociale ed istituzionale, oggi contro i migranti domani, domani contro gli ebrei, contro i gay contro la gente di sinistra.

Ma quando razzismo diventa violenza istituzionale, con il finanziamento e la promozione dei lager libici, con la norma, nella disciplina del reddito di cittadinanza, che sostanzialmente lo preclude ai migranti, con la ordinanza di Lodi che caccia i loro figli dalle mense scolastiche.

Quando il razzismo diventa violenza della società, con con le persone che non si fanno visitare dai neri, ma li prendono a fucilate, li minacciano, come a Melegnano, o li aggrediscono, come il ragazzo egiziano a Roma, ecc..ecc... .

Quando il razzismo diventa un fatto ”culturale“ con lo slogan “prima gli italiani”, è la base teorica ed ideologica della superiorità razziale .

Quando succede tutto questo, il razzismo diventa un problema reale e non esclusivamente mediatico, ma sociale, istituzionale culturale .

 

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