Noi, il quarto mondo

par Factotum
martedì 30 giugno 2009

Quelli del cosiddetto Terzo mondo che vengono da noi ci gratificano come “Primo mondo”, ma per molti versi l’Italia appartiene non al Terzo, ma al Quarto mondo! Non per niente abbiamo come capo del governo un campione di pubblica e privata moralità (si fa per dire) che si vanta, ed a ragione, dell’apprezzamento degli italiani, i quali infatti hanno persino dimenticato il significato della parola “etica” e dunque possono ben riconoscersi in un simile soggetto. 

Ma il quarto mondo che è da noi si manifesta in tanti altri modi.

Nello stato penoso della scuola (che si può esemplificare con un solo dato, riferito all’anno scolastico 2008-2009: ben il 72 per cento degli studenti delle superiori ha un’insufficienza in almeno una materia) e dell’università (nessun ateneo italiano tra i primi 190: quello di Bologna è 192esimo in classifica).

Nel trattamento infame dei lavoratori (13.000 euro netti di stipendio annuo contro i 17.000 della media europea: peggio di noi solo portoghesi e cechi, mentre solo lo 0,5 per cento dei contribuenti dichiara oltre 120.000 euro l’anno, contro una platea effettiva calcolata sui consumi di lusso di circa il 5 per cento, cioè dieci volte tanto).

In uno stato sociale gravemente lacunoso e inefficiente (tutti gli altri paesi europei hanno il “reddito minimo garantito”, per cui a chi scende sotto questa soglia lo Stato versa la differenza; di converso, un buon 90 per cento di chi prende la pensione d’invalidità è fasullo).



Nella quasi totale dipendenza energetica dall’estero (per l’85 per cento), frutto di malaugurate scelte del passato e dei conflitti di competenza che bloccano la ricerca delle fonti .

Nei ritardi accumulati nell’implementamento ed ammodernamento delle infrastrutture, comprese le strade le cui pessime condizioni sono la concausa del 40 per cento degli incidenti: la Francia ad es. spende dodici volte di più per la manutenzione del manto stradale.

L’elenco potrebbe continuare ad libitum, ma voglio a questo punto indicare un altro nostro primato negativo, che può apparire secondario ma non lo è per la non minuscola schiera di amanti degli animali: il trattamento che, anche nella “civilissima” Parma viene riservato, in particolare, ai cani nei luoghi pubblici, cui si vieta l’accesso agli esercizi commerciali, anche quelli non alimentari (con qualche eccezione come la benemerita IKEA), senza che ci sia uno straccio di regolamento statale o locale a giustificarlo (a volte, par di capire, questo accade anche per l’eccesso di zelo e l’ignoranza , quando non la malafede, dei signori preposti ai controlli, compresi i vigili urbani, se è vera la giustificazione addotta in molti casi di presunte “multe” in agguato).

Hanno provato anche quelli di Trenitalia, a vietare l’accesso ai nostri amici cani (che soffrono la nostra lontananza senz’altro più di quanto anche i più affezionati padroni soffrano la loro), ma sono stati costretti a fare precipitosamente marcia indietro a furor di popolo, per cui il cane fino a dieci chili sale gratis in carrozza, ma in gabbia, mentre quello di media e grossa taglia paga il biglietto scontato del 50 per cento e deve portare museruola e guinzaglio. Non altrettanto dicasi purtroppo per l’aereo, dove si pretenderebbe di mettere i poveri cani nella stiva: ma ci vadano quelli dell’Alitalia o come cavolo si chiama, nella stiva a morir di freddo! 

Tutto questo mentre altrove, segnatamente in Francia, Germania ed Inghilterra, io posso portare il mio cane di grossa taglia anche, per dire, in un ristorante a cinque stelle, dove anzi Fido troverà sotto il tavolo una scodella già bell’e pronta: roba da marziani, per chi abita purtroppo in questo spicchio decentrato di quarto mondo. 


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