No TAV | Un viaggio che non promettiamo breve: il libro sulla più grande Resistenza in Italia dopo il ’45
par Marco Barone
mercoledì 28 dicembre 2016
Un viaggio che non promettiamo breve è probabilmente il libro più difficile che ha scritto Wu Ming 1. Senza togliere nulla al passato, questo libro è diverso dalla sua importante produzione letteraria.
Perché non è un semplice libro, un semplice racconto, o saggio, o romanzo, ma è il libro, il primo in assoluto, che racconta e spiega come è nata, come si è formata, come continua, la più importante forma di resistenza in Italia dopo la fine della guerra di liberazione.
Non è un caso che sarà proprio in un luogo sacro per i Wu Ming, sconosciuto ai più, dove si riuscirà a trovare la giusta via per scrivere e comporre l'enorme articolato e complesso organico puzzle di quello che su Twitter è diventato uno degli hashtag più diffusi, #WM1ViaggioNoTav, di quello che ha attirato subito l'ira dei soliti poteri forti e di quello Stato che tramite le sue articolazioni ha manifestato la nudità dell'essenzialità della morte dello Stato di Diritto. Realizzare, giusta o non giusta che sia, il TAV è prima di tutto una questione di principio. Non si può cedere, non si deve cedere a chi dice no, a chi lotta per il no, a chi si oppone allo Stato. Ragionamenti tipici e propri del ventennio fascista. Metodi proprio del ventennio fascista. Ma che per semplicità ed opportunità vengono ricondotti a quella unità nazionale, nel nome del compromesso, che si affermò per combattere lo stragismo e terrorismo rosso in Italia, non quello nero, quello non deve mai essere citato, anche se è quello che ha procurato più vittime, più danni, più tutto in assoluto dopo la caduta del fascismo.
Reprimere l'idea, l'opinione, la partecipazione, la condivisione, colpire in via indiscriminata non uno per punirne cento, ma cento per punirne mille, senza limiti di età, in ogni luogo, in ogni circostanza. Assedio. Assedio che dura da oltre vent'anni. Che ha perso, che è stato sconfitto, perchè il Tav non si farà mai in quella già violentata zona d'Italia, ma lo Stato non si arrenderà.
Marco Barone