Niente quotidiani in edicola (neanche per i tablet): non c’è nulla di così anacronistico…

par Stampacadabra
martedì 13 dicembre 2011

Oggi l’edicola era stranamente a corto di quotidiani. Lo sciopero dei poligrafici proclamato ieri ed estesosi dalle originarie tre ore all’intero turno lavorativo, ha costretto i principali giornali di carta a disertare le edicole. Il Corriere Della Sera, La Repubblica, La Gazzetta Dello Sport, Il Sole 24 Ore, L’Unità, Il Messaggero, La Stampa ed Il Fatto Quotidiano, tra le testate di punta, non sono dunque uscite, né in cartaceo, né in digitale, com’è successo mille altre volte prima, suscitando la medesima domanda: ma perché il quotidiano non è uscito in digitale? Stamattina se l’è posta Piero Vietti, dal suo blog sul sito del Foglio, uno dei quotidiani regolarmente usciti oggi.

Quando il giornalismo riuscirà a liberarsi di schemi vecchi? Si fa di tutto per catturare nuovi lettori, per avvicinare i giovani alla lettura dei quotidiani, e basta uno sciopero di chi stampa la carta per bloccare tutto?si chiede Vietti, compiendo un ragionamento condivisibile nell’età moderna, peccato che sul ruolo dei poligrafici giaccia un’imbarazzante ignoranza, che Ciro Pellegrino, dal blog su Linkiesta, prova a risolvere.

Cosa fanno i poligrafici? Un lavoro determinante: disegnano le pagine, inseriscono le infografiche (le foto nei sistemi editoriali ormai le "mettono" i giornalisti, cosa che qualche anno fa fece gridare allo scandalo) e si occupano dell’impaginazione. Si dice spesso che se scioperano i giornalisti si può sopperire, se lo fanno i grafici, no. Non è una bugia: nel caso di astensione dei giornalisti spesso alcuni quotidiani escono ugualmente. Non ne farei però una questione politica: due contratti differenti, differenti esigenze sindacali.

Come può uscire un quotidiano senza che sia graficamente organizzato? Certo, i giornalisti hanno qualche rudimento in materia, ma in questo caso la FNSI, spiega Pellegrino, li ha invitati “«a essere massimamente rispettosi dello sciopero dei lavoratori poligrafici» ad attenerci «scrupolosamente alle regole contrattuali evitando commistione di funzioni e rifiutando qualsiasi prestazione che non abbia esclusivo carattere giornalistico, ove fosse richiesta»”. E poi, dettaglio comunemente ignorato, i giornali in digitale sono l’esatta replica di quelli cartacei: se i secondi non vengono “realizzati”, lo sono anche i primi, molto semplice, finché quelli in digitale non avranno una propria fisionomia (ma siccome investire sui tablet costa, la replica al momento appare un buon compromesso tra colonizzazione e portafoglio).

Il lavoro dei poligrafici, dunque, appare insostituibile e capace non soltanto di paralizzare le mere tipografie, ma lo stesso lavoro di composizione del giornale, non facilmente appaltabile in emergenza ai giornalisti, già impegnati a scrivere. Con buona pace di Franco Bechis, che su Twitter ironizzava sul fatto che “i giornalisti li hanno pagati lo stesso per non fare il quotidiano, incredibile”. Uno sciopero congiunto di giornalisti e poligrafici sarebbe stato senza dubbio meno “incredibile” e più credibile.

Tutto questo può suonare terribilmente arcaico nell’epoca moderna dominata da tecnologia e digitale, che uno sciopero paralizzi tipografie e contemporaneamente renda vano il piano B di bypassare le edicole offrendo comunque un servizio. Già, proprio le edicole, come al solito ignorate, e per forza di cose avvertite fuori tempo, si vedono ridurre l’appeal distributivo e ovviamente i ricavi, con i clienti indecisi se rinunciare al proprio quotidiano preferito o ripiegare sulle seconde scelte. Il Giornale, Libero, Italia Oggi, il già citato Foglio, Il Tempo sono tranquillamente usciti, dimostrando disonorevoli spaccature nel corpo lavorativo e sfuggendo al silenzio con qualche escamotage. Come Europa, che ha chiuso il numero di oggi alle 19.30 di ieri anticipando il via delle braccia incrociate, e – incredibilmente – Il Manifesto, che con l’editoriale di Valentino Parlato istituisce il concetto di “protesta lavorativa”, resasi necessaria per non affondare definitivamente.


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