Nicaso e Gratteri a Terracina per parlare di mafia
par Angela Iantosca
sabato 26 novembre 2011
Lo scrittore Antonio Nicaso e il Procuratore Nicola Gratteri parlano del loro libro ultimo "La mafia fa schifo" nato dalla raccolta di messaggi, email, testimonianze di ragazzi in età scolare: i falsi miti, la pena, le intercettazioni come strumento indispensabile per le indagine, l'anomalia italiana, lo studio e la conoscenza come mezzo di riscatto e di affermazione.
La mafia è l’inferno degli italiani”, scrive Francesco. “Si arrimina nella pancia come un animale inferocito”, aggiunge un compagno. “La mafia fa schifo”, dicono tutti in coro. E le loro sono le voci di centinaia di giovani, ancora in età scolare, che parlano di legalità, di connivenza, di esperienze locali, esprimono dubbi sul significato profondo di un termine che spesso viene sentito come troppo lontano.
Mentre la mafia ci cammina accanto, è il nostro vicino, è il negoziante che ci sorride, è il barista che ci prepara il caffè la mattina, o il ristoratore di fiducia ed anche il fruttivendolo e il ragazzo che ci pulisce i vetri al semaforo. E mafiosi siamo noi, se scegliamo di esserlo. Se scegliamo di girare la faccia dall’altra parte, di far finta di non vedere, di credere che tutto sia perfetto come appare, se cediamo ad azioni di forza, ai soprusi, se ci fermiamo dal vu cumprà per acquistare un cd che costi meno.
Diceva Giovanni Falcone “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro, né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”.
A Terracina, presso l’IPS A. Filosi, lo scorso 23 novembre Nicola Gratteri (Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria) e Antonio Nicaso (giornalista, scrittore e professore) hanno incontrato i ragazzi all’interno del progetto “Un giorno per la legalità”, appuntamento mensile organizzato nelle scuole di Terracina da Agostino Alla, che ha come obiettivo quello di far conoscere ai giovani chi lavora da sempre nella e per la legalità.
Come nasce il libro “La mafia fa schifo”, edito da Mondadori e pubblicato a novembre?
“Il libro nasce perché io e il Procuratore Gratteri abbiamo deciso di dare voce a tutte le lettere che ci hanno mandato i ragazzi. Da anni dedichiamo il nostro tempo libero a sensibilizzare i giovani e a promuovere la cultura della legalità perché le mafie uccidono le speranze, i vostri sogni, le vostre speranze. Non hanno mai creato benessere. Spesso i politici dicono che i giovani sono il futuro di questo paese. Noi invece diciamo che i giovani sono il presente ed hanno diritto di cittadinanza, di dialogo, di opinione. Noi abbiamo raccolto i pensieri di questi giovani. I ragazzi ci hanno coinvolto in un dialogo straordinario. E credo che questo dialogo sia stato possibile perché dipende tutto dal sapersi relazionare con i giovani. Noi non cerchiamo di insegnare, quando parliamo loro. Più che dare informazioni, offriamo testimonianze di vita, della mia via e di quella del Procuratore, di gente disposta al sacrificio, di dire no alle raccomandazioni, alle scorciatoie. L’unica arma di riscatto è lo studio, la consapevolezza delle proprie forze, delle proprie risorse. È questo il miglior modo per poter affrontare il problema e poter capire che cosa sia veramente necessario nella lotta contro le mafie”.
Il mafioso è ancora l’uomo con la coppola e la lupara?
“Ciò che si dice oggi, che la mafia non è più con la coppola e la lupara - spiega il Procuratore Gratteri - in realtà lo dicevamo tanto tempo fa e lo abbiamo dimostrato già negli anni Settanta. Abbiamo detto e scritto che a metà degli anni Settanta c’è stata una rivoluzione delle mafie, in particolare della ‘Ndrangheta dove i giovani si sono ribellati ai patriarca perché volevano avere contatti con la Pubblica Amministrazione. Per questo hanno costruito la Santa, che consentiva la doppia affiliazione. In questo modo il risultato è stato avere uno ‘ndranghetista che entrava in contatto con medici, avvocati… e questo è stato il salto di qualità. Già allora i figli dei capi mafia andavano a scuola, all’università e li facevano laureare. E non tutti erano preparati: alcuni si laureavano con regalie, corruttele, con la pistola sotto il tavolo e sopra il tavolo. E questi figli di capi mafia sono diventati ingegneri, avvocati, medici e dagli anni Ottanta hanno cominciato ad occupare i quadri della Pubblica Amministrazione. Hanno cominciato a lavorare negli ospedali. Lavoravano come medici, ma disponevano del reparto e dei posti letto come se fosse cosa loro, e lo stesso per l’amministrazione delle Asl. All’interno dei quadri delle province, delle regioni, dei comuni ci sono uomini di Cosa Nostra che si comportano come mafiosi, pur essendo impiegati. Questo è un grande problema che deve far riflettere quelli che ostentano ottimismo nel dire che le mafie stanno morendo e che proprio per questo mettono bombe. Spesso dico di star zitti, perché i mafiosi si stanno facendo grandi risate. La forza delle mafie non la si misura dal numero degli arrestati. Il grado di vivibilità di un territorio lo si misura parlando con i commercianti, chiedendo se pagano o non pagano mazzetta, se hanno la libertà di ampliare o aprire una attività commerciale senza chiedere permesso ad un mafioso. Questo bisogna fare".
La forza delle Mafie.
“La forza delle mafie - continua Gratteri - si conta dal numero dei morti ammazzati o dagli attentati. Quando ci sono morti a terra vuol dire che la struttura mafiosa è in crisi. Quando non si brucia neanche una macchina, vuol dire che nel territorio funziona tutto come un orologio svizzero. E questo è peggio perché, quando non succede nulla di visibile, i magistrati non si muovono. Sentono di non essere costretti a muoversi”.
E invece cosa stanno facendo le mafie?
“Invece la ‘Ndrangheta, la Camorra, Cosa Nostra cosa stanno facendo? Stanno comprando tutto ciò che è in vendita. Gli unici che hanno soldi in questo momento sono i mafiosi. Le banche stanno chiudendo. Non hanno liquidità. Non prestano più. Perché non ne hanno e perché hanno paura dell’insolvenza. Gli interessi sono aumentati. Il commerciante in difficoltà allora o si rivolge all’usuraio, che spesso è anche mafioso e il cui obiettivo non è tanto di arricchirsi con la percentuale di usura, ma di rilevare l’attività commerciale, per giustificare la sua ricchezza… Mi spiego: io ho 100mila euro ottenuti dalla vendita della cocaina, questi soldi non posso tenerli sotto il mattone e utilizzarli. Per utilizzarli, li devo giustificare attraverso false vendite, false fatturazioni e questo posso farlo se ad esempio ho più attività commerciali. In Europa ‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra stanno comprando tutto ciò che è in vendita. E questo succede da più di 20 anni. Abbiamo intercettazioni successive alla caduta del muro di Berlino in cui si dice proprio questo: di comprare! E a proposito di Germania, hanno chiuso orecchie, naso e gola hanno fatto finta di non capire che c’era il riciclaggio e io 10 anni fa gli ho detto di fare attenzione che dopo 10 anni si sarebbero ritrovati come noi. E così è stato. Loro pensavano di poter ristrutturare la Germania dell’est a costo zero. I mafiosi andavano lì e compravano palazzi antichi… In Europa le mafie italiane vendono cocaina e comprano immobili. Due reati che non si vedono. All’esterno, all’occhio di un cittadino non si vedono. Se la ‘Ndrangheta e la Camorra hanno comprato 3 palazzi, 4 ristoranti, in quella via non succederà nulla, perché lì non deve succedere nulla, perché altrimenti gli immobili su quella via si svalutano… allora tutti pensano che il problema mafie non ci sia”.
La zona grigia.
“Il grave problema è la cosiddetta zona grigia, anche se non parlerei più di colletti bianchi, ma di ‘ndranghetisti che fanno questo lavoro non con gli strumenti dei nonni, ma con penna, computer, interagendo con il resto del mondo”, conclude Gratteri.
Come spiegare le mafie agli stranieri?
“È difficile spiegare il mafioso e le mafie agli americani - spiega Nicaso -, perché ormai nell’immaginario collettivo si è creato lo stereotipo del mafioso romantico descritto da Mario Puzo, quello del Padrino. Secondo quell’immaginario, in un mondo senza regole, il mafioso è una persona che ha il senso della famiglia… è difficile far capire che non è mai esistita una mafia buona che rispettava donne e bambini. È sempre stata una organizzazione criminale che ha come obiettivo il potere. Ed è una organizzazione che ha sempre ucciso donne e bambini. E bisogna anche capire che nel Lazio c’è stato un forte radicamento. Quando c’è stata la guerra di mafia in Sicilia gli scappati sono andati a vivere negli Usa. Invece, le famiglie perdenti della ‘Ndrangheta nella prima guerra di mafia, quella degli anni Settanta, sono venuti in questa zona, nel basso Lazio, cercando di ricostruire la ‘Ndrangheta, creando nuclei potenti. In questa zona hanno investito pesantemente. Oggi viviamo una situazione un po’ allarmante, visto che si comincia anche a sparare e a combattere per il controllo del territorio. Perché tutte le mafie hanno il desiderio di stare accanto al potere politico. Se prima c’era solo Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta, la Camorra, oggi scopriamo sempre più, da intercettazioni telefoniche fatte in altri paesi del mondo, che questa regione è diventata domicilio per mafiosi russi, cinesi. Abbiamo esponenti della Triade e teste di ponte della Yakuza. Perché hanno capito che si può investire e si può beneficiare di determinati rapporti, quelli con certo potere politico… anche se non dobbiamo mai generalizzare. L’antipolitica ha sempre creato danni e bisogna avere fiducia in chi interpreta nel modo giusto la politica”.
Quando è pericolosa la mafia?
“La mafia è più pericolosa quando non spara, ma noi in Italia l’abbiamo sempre combattuta sul paino dell’emergenza. Se è vero che è nata dopo l’Unità d’Italia e se è vero che ci sono voluti decenni per introdurre il 416 bis che colpisce le associazioni mafiose – continua Nicaso -, ci sono voluti comunque l’omicidio di Pino La Torre che combatteva la mafia in Sicilia e quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa e le stragi per far qualcosa. Se è vero che voi la percepite quando c’è sangue per strada, non siete i soli, anche la classe politica agisce solo in presenza di fatti eclatanti. Ma quando c’è sangue nelle strade vuol dire che gli equilibri sono saltati. Quando le mafie riescono a gestire un territorio e a spartirselo assegnando a tutti un compito preciso, non succede nulla, perché gli investimenti devono essere tutelati. Se uno investe a Roma, come stanno facendo gli ‘ndranghetisti, non c’è bisogno di allarmi sociali. Anni fa quando la ‘Ndrangheta acquistava anche locali simbolo della Dolce Vita, nessuno parlava, nessuno si lamentava perché questi investimenti producevano ricchezza, ma è una ricchezza effimera che nega il diritto di impresa. Perché se io apro un supermercato a Terracina con soldi sporchi, questo farà di tutto per mettere fuori mercato gli altri supermercati perché il supermercato gestito dalle cosche deve solo giustificare i suoi soldi, non vuole produrre ricchezza. Le mafie hanno grande liquidità e investono; ecco perché bisogna alzare il livello di guardia e capire che anche alla vostra età l’arma più importante è la conoscenza. Sapendo si capisce e capendo si sceglie da che parte stare”.
Le intercettazioni e i pericoli corsi.
“Oggi il governo ha ben altro a cui pensare rispetto alle intercettazioni – continua Gratteri -. Non è più una emergenza. Il problema del governo è riuscire a risolvere soprattutto il problema delle speculazioni internazionali da parte di gente di poteri sovranazionali che hanno avuto la possibilità di deflazionare il potere economico italiano. Ma per quanto riguarda il problema delle intercettazioni e di altre modifiche normative delle quali si è parlato da due anni e mezzo a questa parte, si è capito da un anno che non ci sarebbero stati i numeri per fare certe modifiche. Le modifiche che si volevano fare e che gli addetti ai lavori assicuravano non avrebbero intaccato la possibilità di fare indagini sui mafiosi, in realtà avrebbero rappresentato un problema. Perché le indagini più importanti si fanno partendo dai soggetti border line. Mai un capo mafia parlerà al telefono. Anche se dal punto di vista normativo fosse rimasta la possibilità di intercettare un capo mafia per droga o altro e la possibilità di successo sarebbe stata minima. Per esempio una operazione è nata da una mia indagine relativa al cavallo di ritorno, cioè dal soggetto che chiedeva 800 euro per restituire l’auto rubata. Con questa modifica normativa eventuale della quale si è parlato in Commissione Giustizia sicuramente quella indagine non sarebbe partita”.
I'intercettazione mezzo sicuro ed economico.
“L’intercettazione è il mezzo più economico che possa esistere. Mettiamo il caso in cui una persona deve portare da Reggio Calabria 5 kg di cocaina a Terracina. O gli faccio un pedinamento con 4 macchine della polizia o metto sottocontrollo il telefono. Ma il pedinamento costerà 2mila euro. Poi arrivo a Terracina e posso perdere chi sto pedinadno, tanto più se questa persona va a Roma. Con l’ntercettazione so quando si ferma, se è in bagno a far la pipì o al bar a prendere un caffè. Perché l’intercettazione sul cellulare ha un errore di un metro circa. E tutto questo al costo di 10 euro + iva. Ed è anche il mezzo più garantista. Perché la prova è la voce degli indagati. Diverso se è un collaboratore di giustizia a parlare che è un soggetto che ha commesso dei reati, è un essere umano - più delinquente è stato meglio è perché ha più cose da raccontare -, ma comunque è meno affidabile di una registrazione. Quindi sempre meglio privilegiare l’operazione tecnica. In questi anni hanno cercato di spaventarci dicendo che siamo tutti intercettati. Il dato dei 7 milioni di intercettati è falso. Per farlo avremmo avuto bisogno di 250mila persone che ascoltano con le cuffie e queste non esistono".
E allora come calcolare il numero di intercettati?
"Per intercettare Gratteri, per esempio, bisogna mettergli sotto controllo almeno 6 numeri: 2 telefoni cellulari, casa, ufficio, microspia in ufficio e in macchina. Se devo intercettare un trafficante di cocaina, bisogna calcolare che ogni 2 giorni cambia scheda. Se sono persona onesta, dico che in due anni sono stati intercettati 40 trafficanti che hanno usato in tutto 10mila schede telefoniche, se sono in malafede dico che sono state intercettati più di 10 mila telefoni. L’uomo medio pensa a più di 10mila persone intercettate, mentre erano 40. Ma tutto questo serve ad impressionare la gente. La cosa vera sulla quale la politica ha ragione è l’uso strumentale da parte della stampa sulle intercettazioni. Faccio un esempio pratico: io e Nicaso siamo due trafficanti di cocaina e siamo a Piazza di Spagna. Passa una signora che ha dimenticato il telefono. Ci chiede il telefono e questa signora ha un appuntamento importante con un personaggio famoso. Finita l’indagine e la nostra intercettazione, sul giornale non andrà la notizia che io e Nicaso abbiamo portato la cocaina o abbiamo chiesto una estorsione, andrà il gossip della relazione tra la signora e l’uomo importante. Questo ritengo che non sia informazione. Cosa diversa è la vita privata di chi ci rappresenta. Fare politica, fare il parlamentare non l’ha ordinato il medico. È una scelta. Chi vota questo soggetto deve sapere perfettamente chi è questa persona. Vanno pubblicate le intercettazioni. Ma se riguarda la vita privata, no. Si deve discutere solo su questo punto, solo su questo punto ha ragione la politica e il legislatore. Il resto sono sciocchezze".
Il costo delle intercettazioni è un investimento?
"Dire che le intercettazioni costano tanto non è vero. Se dovessimo ragionare come degli imprenditori, direi che le intercettazioni sono un investimento. Se pensiamo al Ministero della Giustizia come impresa io dico che il Ministero con le intercettazioni ci guadagna. Si parla spesso di confische di beni. Ma nessuno dice quanto si spende per le intercettazioni e quanto si guadagna dal sequestro e dalla confisca del bene. Si sequestra un palazzo perché si è scoperto tramite intercettazioni che è un palazzo frutto di soldi sporchi. Sono soldi che si recuperano quelli spesi con le intercettazioni. Nella sostanza è stato fatto uno studio. Vi assicuro che le spese secondo questo calcolo delle intercettazioni sono meno del 10% rispetto al valore che poi si riesce a confiscare. La confisca si ha quando il provvedimento è definitivo e il bene rientra nell’utilizzo di enti e associazioni. Il problema delle intercettazioni come era stato posto era un falso problema. Il problema è passato ora, ma avrebbe rappresentato la fine del lavoro di inchiesta, perché non ci sono soldi per la benzina, non ci sono per i mezzi di indagini. È il metodo più garantista per l’acquisizione della prova”, conclude Gratteri.
I mafiosi peggio dei cani.
“I mafiosi sono peggio dei cani – continua Nicaso -, perché i cani non sporcano la cuccia in cui dormono, mentre i mafiosi non rispettano l’ambiente. Lo vediamo ovunque. Lo vediamo in certi industriali del nord che piuttosto che pagare pienamente la tariffa per uno smaltimento sano dei rifiuti, ricorrono alle scorciatoie che le mafie riescono a garantire come quello di interrare i rifiuti nelle cave, in posti che sono apparentemente isolati e tranquilli senza ricordare che quei rifiuti vanno ad inquinare i terreni brucati dagli animali, ad inquinare le falde acquifere e questo lo si vede dall’incidenza dei tumori in certi territori. Per soldi i mafiosi, che sono i nuovi barbari, distruggono tutto ciò che li circonda. Agli studenti americani anche lo dico… bisogna un po’ fare la guerra ai miti creati dalle mafie. Le mafie si sono create questo mito romantico degli uomini d’onore, di rispetto, d’ordine. Ma se noi andiamo ad analizzarli scopriamo che sono vigliacchi, perché sparano alle spalle, in agguati, non rispettano l’ambiente, né donne, né bambini. Sono uomini senza scrupoli che non hanno altri obiettivi che l’arricchimento che poi diventa funzionale al potere. Bisogna inquadrarli in questa ottica. Bisogna capire che uccidono la speranza. Cosa sarebbe il mezzogiorno se non ci fossero le mafie? Pensate a quanti meridionali hanno lasciato il meridione e hanno avuto successo all’estero. Pensate se tornassero, aprissero aziende: oggi il sud sarebbe una terra straordinaria viste le potenzialità, la cultura e invece abbiamo problemi di sicurezza. Nessuno penserebbe di tornare giù. Ma se arrivano sempre notizie di estorsioni, saccheggi, gli italiani espatriati vanno ad investire altrove! Allora si deve pensare alle mafie come ad una zavorra perché frenano lo sviluppo. Se pensiamo all’Italia precedente al 1861, vediamo che la questione meridionale è nata con l’Unità e allora un leggero margine in positivo degli operai c’era al sud e non al nord! Ma poi l’Unità è avvenuta tramite l’accordo tra gli agrari del sud e gli industriali del nord e le mafie hanno approfittato di questa situazione. E loro sono sempre state dalla parte di chi ha gestito il potere. Queste sono le cose che bisogna ricordare quando si parla di mafia. La mafia nega il diritto di impresa. Se apro una attività a Terracina e questa entra in conflitto con l’attività di un mafioso o un prestanome mi renderanno la vita difficile e alla fine mi faranno chiudere. Siamo tutti coinvolti in questa situazione. Perché, per pagare il pizzo, un commerciante aumenterà il prezzo dei suoi prodotti… e quindi noi andremo a pagare il pizzo! Siamo tutti vittime di questa presenza violenta. Dobbiamo crescere con questa consapevolezza. Non possiamo pensare alle mafie come qualcosa lontano da noi. Le mafie sono ovunque. Non ci sono regioni immuni. Se prima erano solo in Sicilia, Calabria, Campania ora sono ovunque! Le vittime siamo noi di questo fenomeno!”.
Io, nato in provincia di Reggio Calabria.
“Io sono nato in provincia di Reggio Calabria – spiega Gratteri -, in un posto con altissima densità mafiosa. Di questi conosco volti, albero genealogico. Nella mia scuola, al liceo, tutti i figli di capi mafia sono stati miei compagni. Ho fatto arrestare e condannare decine di persone che conoscevo e frequentavo quando ero uno studente. Oggi so esattamente quante decine di migliaia di ‘ndranghetisti delinquono, trafficano cocaina e gestiscono la cosa pubblica e praticano l’usura. Se io so che tizio è trafficante di droga o so che tizio è capomafia del paese, non lo posso arrestare. Ho bisogno delle prove. Devo dimostrarlo da un punto di vista tecnico e giuridico ed è giusto che sia così! Io sono contrario al giustizialismo. Sono contrario ad ogni forma di sistema giudiziario sbrigativo per poi buttare la chiave. Scenderemmo sul terreno del mafioso. Ci comporteremmo come loro: loro con la pistola e noi con la penna. Sono contrario ad ogni forma di violenza in caserma e in carcere. Dobbiamo essere calmi, asettici. Quando ci si agita davanti ad un mafioso, noi stiamo perdendo in quel momento. Il problema non è nostro, ma suo, dopo l’arresto. Noi siamo dei tecnici, non siamo vendicatori della notte. Noi dobbiamo dimostrare con le indagini che tizio è mafioso. Portarlo in udienza e fare un processo a porte aperte con il pubblico e dare al mafioso tutte le garanzie del mondo nella fase del processo. Una volta dimostrato che tizio è capomafia del paese, dobbiamo finirla di scimmiottare. Sono convinto, per la mia esperienza, che il mafioso non si ravvede mai. Se sono il capomafia del paese vuol dire che decido chi deve vivere e chi deve morire, chi apre una attività commerciale. Se non fossi il capomafia sarei un muratore, un medico… ma non avrei il potere che ho come mafioso. Noi ipocritamente diciamo che la pene serve alla rieducazone del condannato. Ma non è così, perché la ricetta nel sistema detentivo è uguale per tutti: per il capomafia e per il delinquente da strada. Nel nostro sistema penitenziario, se mi comporto bene, ogni anno mi fanno uno sconto di 3 mesi. E allora se un capomafia vuole dare uno schiaffo ad uno della polizia penitenziaria, lo fa fare ad un marocchino. Questo perde il beneficio dei tre mesi e il capomafia risulterà come il libro cuore”.
Quale pena?
“Il mafioso condannato deve lavorare per pagarsi vitto e alloggio, perché quel mafioso, quando era fuori, ci è costato in termini economici, di immagine come sistema paese c’è costato troppo. Se noi oggi siamo l’Africa del nord è colpa anche e soprattutto delle mafie. Mafie in senso lato: chi ha potere istituzionale, di amministrare e che si comporta allo stesso modo del mafioso! Il soggetto, una volta dimostrato che è mafioso, deve andare in un campo di lavoro e lavorare per mangiare e dormire. Perché ci sono mafiosi che hanno 50 anni e non hanno mai lavorato nella vita e una volta in carcere staranno 10 ore davanti al televisore e poi durante la loro ora d’aria si metteranno d’accordo con altri per fare affari durante la detenzione e all’uscita dal carcere. Così non si va da nessuna parte. Si devono cambiare le regole per creare un sistema giudiziario garantista ma in cui il risultato sia che delinquere non conviene”.
Cosa fare perché domani ci sia più sole, Nicaso?
“Bisogna cominciare a ragionare da cittadini. Bisogna cominciare dagli atteggiamenti quotidiani, evitare di fare i prepotenti, rispettare le regole. Per rispondere a questa domanda leggo una lettera di un giovane.
“Ho letto una poesia di Octavio Paz. Dice:
Dobbiamo oggi ancora una volta
imparare l’antica parola
inizio della letteratura moderna:
il monosillabo “No!”.
Lo so che la poesia , anche quando germoglia
Dall’orrore o nel disastro, ha come proprio ideale
L’esaltazione dell’uomo.
E so che la missione più alta della parola
È l’elogio dell’essere.
Ma oggi, ancora una volta, dobbiamo reimparare a dire “No!”.
Solamente così potremmo essere degni,
domani,
di pronunciare il grande “Sì!”
col quale la terra saluta,
quotidianamente,
il sole che nasce.Ho pensato molto a queste parole, quando ho dovuto riflettere su che cosa bisognerebbe fare per sconfiggere le mafie. Forse bisognerebbe imparare nuovamente a dire no. No ai tanti compromessi che la vita ti propone, no alle tante scorciatoie che il mondo ti offre. No ai tanti mangiafuoco che vendono fumo, no ai tanti ciarlatani che si spacciano per profeti. Sì allo studio e ai sacrifici, proprio come ci hanno detto oggi in classe lo scrittore e il giudice che sono venuti a trovarci” (Silvano, 18 anni).
Quando abbiamo cominciato questo viaggio nelle scuole non pensavamo di ricevere così tante lettere. Queste lettere che sono arrivate nell’ordine delle migliaia ci hanno fatto riflettere e capire come oggi ci sia bisogno di modelli positivi. Noi siamo entrambi originari di una terra e siamo figli di una società molto modesta, i nostri genitori non ci hanno dato nulla se non valori che sono grandi ricchezze. Non veniamo da famiglie ricche, ma siamo nati in famiglie oneste. Questo patrimonio ci ha portato ad essere credibili nei nostri incontri. Non veniamo a pontificare o a insegnarvi qualcosa. Veniamo con lo spirito della testimonianza. Se noi ce l’abbiamo fatta tra mille difficoltà, ce la potete fare anche voi. Dovete impegnarvi nello studio, nella consapevolezza che solo i sacrifici rendono liberi. È facile ottenere qualcosa tramite una scorciatoia. E ve lo dice uno che a 26 anni se n’è andato dall’Italia perché non c’era nessuna possibilità allora di fare il giornalista in Calabria e ho ricominciato tutto. E oggi che tante cose sono cambiate, oggi che insegno e scrivo e mi pubblicano, riesco a guardarmi allo specchio e ogni volta non ho nulla da rimproverarci, perché tutto ciò che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto con le nostre forze senza ricorrere a nessuno. Crescete liberi, perché solo se siete liberi, se riuscite a mettere a frutto i vostri sacrifici, alla fine di questo percorso potrete dire ce l’ho fatta da solo e non devo ringraziare nessuno!".
“Le mafie non sono né di destra né di sinistra – conclude Gratteri -. Loro cercano solo di individuare il cavallo vincente. È un discorso di convenienza, non ideologico. Sinora abbiamo avuto, negli ultimi 20 anni, governi alterni. La storia degli ultimi 20 anni della Seconda Repubblica ci ha insegnato che chiunque è stato al potere non ha voluto un sistema giudiziario forte tale da consentire non dico la sconfitta ma almeno la riduzione drastica della forza del potere delle mafie. Come chi sta al potere non vuole una scuola che funzioni. Perché questo significherebbe creare adulti pensanti. Un popolo colto si ribella e non ride di fronte alle barzellette. Un popolo colto non controlla a che ora c’è il tronista o il Grande Fratello, ma pensa a cerca di capire e legge. Chiunque è al potere non vuole un sistema giudiziario forte che lo controlli, una scuola che funzioni, perché se uno studia si pone delle domande e non si tranquillizza. Nel Sud America mandano 24 ore al giorno le telenovelas e la gente guarda e piange. E in Italia è la stessa cosa. L’unica possibilità per i giovani è studiare per capire il mondo degli adulti per non essere fregati dagli adulti. Diffidate dagli adulti che vi regalano delle cose. Nella vita non esiste il concetto di gratis. Ogni cosa che apparentemente vi viene concessa gratis, vi costerà tre volte. Gli unici di cui vi potete fidare sono i genitori. Ora siete in una fase di contestazione e considerate i genitori come uno ostacolo alla vostra libertà e qualsiasi gradino tra voi e l’esterno è uno ostacolo. Ma tra 20 anni questo vostro odio verso i genitori vi farà pentire 10mila volte. Dubitate di tutti, ma mai dei genitori che non vi tradiranno mai. E a scuola intercettate gli insegnanti che si emozionano ancora nell’insegnare. Di solito sono coloro che vi caricano di compiti. La scuola è in grande difficoltà in questo momento. Gli insegnanti sono demotivati, sono i peggio pagati dopo greci e portoghesi in Europa. Momento difficile. Ma voi non dovete mollare.”