New Age? Fitness o Filosofia?

par ONEplusONE
sabato 13 giugno 2009

Cari lettori di Agora Vox, sfogliando le "pagine" virtuali di quel portale conosciuto da tutti voi sicuramente che è Facebook, mi è capitato di leggere una nota che vi riporto con molto interesse, sperando possa suscitarvi la stessa curiosità e nello stesso tempo attenzione su una disciplina molto antica, lo Yoga, che purtroppo viene spesso demistificata come fenomeno pseudo-magico, pseudo-sportivo o pseudo da circo, perdendo in ogni caso il suo connotato originale che è la ricerca dell’essere umano volta alla sua integrazione a tutti livelli.
Leggiamola insieme:

"Non fraintendetemi, accolgo l’idea di "New Age" come concetto.

Penso che sia una cosa positiva sperare in un nuovo periodo storico pieno di cambiamenti sociali, storici, spirituali, e politici. Provare a immaginare una nuova "età dell’oro" in ultima analisi può dare ispirazione, stimolare la creatività, prospettive di vita alternative, e dare tante altre spinte positive.

Ma c’è veramente qualcosa che non sopporto in questa cosiddetta cultura “New Age”, ed è l’ipocrisia imbarazzante di quelle persone che amano definirsi spiritualisti, yogis, filantropi, etc...In questi anni, ad essere sincero, ne ho incontrati parecchi...

Come quelle persone che pensano di aver ricevuto l’illuminazione solo perché hanno partecipato ad un workshop zen-cristiano sciamanico di un solo giorno super costoso.

Coloro che si definiscono vegan, ma che alla fine quando stanno con persone che offrono loro cibo con uova, latte, o carne, lo prendono senza problemi ..perchè hey..! sono vegan ma anche molto molto educati!

Quelli che sanno tutto di "prana", "chi", e così via. Sanno a perfezione gli esercizi “giusti” e li eseguono tutti i giorni affinché “l’energia possa scorrere in maniera più fluida” nei loro corpi, ma alla fine, fumano sigarette e bevono alcolici, perché dopo tutto, la loro energia è così bilanciata che l’alcol e il fumo non gli fanno più nessuno effetto!

O quelle persone che si definiscono “buddiste”, ma che poi credono agli pseudo angeli biblici che li salvano dai diavoli.

O ancora quelli che amano praticare meditazioni lunghissime, ma solo se sono veramente dinamiche e facciano perdere i chili di troppo.

Coloro che vogliono cambiare il mondo, ma l’importante sarà non cambiare le loro vite confortevoli di ogni giorno.

E specialmente, scusate...non posso proprio sopportare quelle persone che quando incontrano gli altri, sorridono come se fossero angeli illuminati, ma poi non perdono l’occasione per criticare tutto di quelle stesse persone, gettando discredito su quelli che pochi minuti prima hanno accolto in un profondo abbraccio "tantrico"...
Perché?
C’è un bellissimo concetto nella tradizione Yoga, chiamato Satya.


Satya significa essere onesti, combattere per la ricerca della verità, e non mentire.

Perché non provare allora ad essere meno "illuminati" e un pochino più sinceri e onesti (specialmente con se stessi)?

Essere onesti non significa offendere gli altri con rozzezza dicendo tutto ciò che passa per la mente. E’ possibile essere sinceri con rispetto, ma senza dubbio evitando le ipocrisie
."

Leggendo queste righe, al di là delle motivazioni personali che ci spingono verso la pratica di questa o quella disciplina, con il massimo rispetto verso le inclinazioni di ognuno senza dubbio, ciò che mi colpisce è come queste parole mettano bene in luce una “trappola” psicologica che viene spesso utilizzata dai bravi commercianti o businessman della salute (altrui), che non si preoccupano minimamente delle perdite in cui possono incorrere i malcapitati “adepti o discepoli”, che se consapevoli, ne faranno una moda esclusiva e superficiale, ma se inconsapevoli rischieranno qualcosa di più grande, che è il prendere una via di fuga in un mondo “alternativo”, che colloca lo spazio tempo in un “altrove”. E questo spostamento dell’identità dell’individuo può provocare inconsciamente lo slittamento in una dimensione altra, che tutto fa, tranne che sanarci o darci consapevolezza interiore.

Ciò che vorrei sottolineare, è che lo Yoga è una disciplina seria e come tale richiede sforzo, umiltà, e un impegno quotidiano, tutte qualità che un percorso che coinvolge la psiche e il fisico per il suo arricchimento comportano. E’ un po’ come il viaggio dantesco dall’inferno al paradiso, che viene costantemente illuminato da un maestro competente e saggio come Virgilio. E non penso che Dante potesse saltare o accelerare le tappe esistenziali con un disco volante saltando all’ultimo stadio di conoscenza.

Come ha affermato Terzani “tra due strade l’una in discesa e l’altra in salita, scegli sempre quella in salita”.

Non credo che la strada in salita, preveda lustrini e paiette che promettono benessere e felicità semplicemente attraverso l’appoggio di talismani esoterici sui punti nevralgici del nostro corpo. Così come non penso che chiudere gli occhi e “far finta” di meditare su un tappetino di pelle di drago possa risolvere all’istante tutti i dilemmi della nostra esistenza.

La consapevolezza è qualcosa di ben più grande e profondo, e richiede l’ascolto del respiro, del tempo, con le sue pause, i suoi silenzi, richiede il coraggio di accettare i propri limiti, e innanzitutto di scendere dal piedistallo dei supereroi o degli uomini di potere, che tutto fanno tanto che prendersi cura dell’individuo e dell’umanità. E sicuramente necessita di una guida competente e addetta ai lavori, perché come in tutte le discipline o branche nel loro genere, l’acquisizione di professionalità data dal tempo e dall’esperienza definisce le differenze tra questa o quella scuola di Yoga, tra questo o quell’approccio, e tra questo o quel maestro.


Anche se poi non c’è miglior maestro che non il nostro Sé.

Insomma, se si va in palestra…ben venga perdiamo chili di troppo e facciamo nuove amicizie.

Se si sceglie di essere vegetariani con consapevolezza si aiuterà l’ambiente e probabilmente anche tanto il nostro fisico.

E se si sceglierà di fare Yoga, sarà necessario ricordarci che è una ricerca.

E tutta la ricerca inizia dal qui…da quel concetto che Bert Hellinger definisce in tre semplici parole “Riconoscere ciò che è”.

Allora cercheremo la guarigione in senso lato, e non la cura “ai mali”, e gli strumenti per avvicinarci a ciò che siamo li troveremo dentro di noi, e non saranno cosi lontani o alternativi come potevamo immaginare.


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