Nella bozza del decreto sviluppo, le norme sulle armi. Perché?

par Marco Barone
mercoledì 2 novembre 2011

Eccomi qui. Mi ero ripromesso di "staccare" la spina per qualche giorno. Giorni conquistati da eventi e notizie devastanti e bestiali. Nel senso che è emerso il carattere bestiale dell'essere umano. Siamo bestie non umani.

Ho ancora impresse in mente le immagini di Vespa con la sua bacchetta che da improvvisato dottor House mostra il foro con cui il prigioniero Gheddafi è stato ucciso.
 
Tutta la stampa, sia italiana che internazionale, per giorni non ha mostrato altro. L'uccisione del prigioniero Gheddafi. Preciso prigioniero perché una cosa è morire durante un combattimento altra è essere uccisi da prigionieri.
 
E poi tutti a lavarsi la bocca con la contrarietà alle torture umane, al divieto della pena di morte al rispetto della vita umana.Non siamo umani, siamo bestie. Siamo belve assetate di sangue. Siamo belve assetate di spettacolo tetro e schifoso.
 
La curiosità di vedere Gheddafi morto, la spettacolarizzazione della sua uccisione è per l'ennesima volta la conferma di quanto siamo lontani dall'essere umani.
 
Penso alle parole di Vittorio Arrigoni: "restiamo umani". Forse in altro tempo, in altra vita. In questo tempo non si può restare umani, semplicemente perché non siamo più umani.
 
Però esiste una parte di popolo, di persone che provano a resistere in tale vile turbamento. Una parte di persone che si battono per la dignità umana. Non si uccidono i prigionieri. Non si spettacolarizza la morte anche del peggior criminale. Non si denigra la vita dell'uomo in quel modo. Ma ripeto, non è questo il tempo dell'umanità.
 
Anche la Chiesa, con le parole del Vescovo di Tripoli, tutto esaltato e contento per la morte di Gheddafi, ha dimostrato l'incoerenza rispetto la sua dottrina. Avesse detto una sola parola per quella uccisione meschina. Non che io sia sostenitore di Gheddafi: io sono sostenitore dei diritti umani. Non è morto in combattimento: è stato ucciso da prigioniero.
 
E la stampa, tutta, i media, tutti, devono vergognarsi. Fate schifo.
 
Premesso questo sfogo, veniamo al dunque di una vicenda, che non è stata affrontata da nessuno.
 
Leggendo il testo della bozza del decreto sviluppo, ho notato una cosa strana. Forse poi non tanto strana, visto e rilevato il mondo e la società in cui viviamo. L'articolo 113 comma 1, lettera c, sopprime un periodo della legge 110 del 18 aprile 1975, (GU n. 105 del 21/04/1975) norme integrative della disciplina vigente per il contollo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, ovvero: 
Sono altresì armi comuni da sparo i fucili e le carabine che, pur potendosi prestare all'utilizzazione del munizionamento da guerra, presentino specifiche caratteristiche per l'effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiamo limitato volume di fuoco e siano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari.

Quindi, i fucili e le carabine, come indicate in questo periodo, non verranno, se tale decreto verrà approvato, più considerate armi comuni da sparo.
 
Il Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 "Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" al CAPO IV ,DELLE ARMI , Art. 30 afferma che:
Agli effetti di questo testo unico, per armi si intendono:
 
1) le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;

2) le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti.

Quindi, non verranno più intese come armi.

Ma non finisce qui. In tale decreto sviluppo viene abrogato, all'articolo 113 lettera e, l'articolo 7 della legge 18 aprile 1975. ovvero: ART.7. catalogo nazionale delle armi comuni da sparo.
È istituito, presso il Minisero dell'Interno, il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo delle quali è ammessa la produzione o la importazione definitiva.
Quindi, sparirà la catalogazione delle armi. Dal punto di vista giuridico e penalistico il principale effetto e scopo della “catalogazione”, ovvero dell’inserimento di un determinato tipo di arma nel Catalogo, è quello previsto dal terzo comma dell’art. 7 della citata legge n. 110/1975:
L’iscrizione dell’arma nel catalogo costituisce accertamento definitivo della qualità di arma comune da sparo posseduta dal prototipo. 
Ora, tale norma verrà abrogata. L’accertamento è vincolante per tutti, anche per l'autorità giudiziaria.
 
Domanda: quale è il nesso tra il concetto di decreto sviluppo e l'abrogazione di tali norme?
 
Altre domande: in quale parte d'Italia è maggiormente diffuso l'utilizzo di quelle armi in sostanza da caccia? Quale forza politica è da tempo che sostiene che marceranno per le vie di Roma anche con le armi?
 
Io denuncio quanto scritto in un testo di legge. Norma sfuggita praticamente a tutti. Forse saranno solo mie errate valutazioni. Ma in ogni caso meglio errare che chiudersi nel silenzio della indifferenza.

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