Neapolis 2010: un sogno tra probabilità e realtà
par Blog_NokiaPlay
sabato 24 luglio 2010
Yann Tiersen tiepido, Jamiroquai da brivido, bollenti i 24 Grana: scopri la temperatura del Festival più hot del sud Italia, con il racconto di una Nplayer made in Naples
E’ una Napoli anni 90 quella che ha riempito la grande ‘vasca’ della Fiera d’Oltremare per la due giorni del Neapolis Festival edizione 2010. Una Partenope che sembra essersi, in fondo, fermata proprio in quegli anni di ‘rinascimento’ a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, un periodo che terminò con i sogni di tanti che si andavano ad infrangere all’alba del 2000, conservando come un tesoro nascosto nella memoria l’unico elemento di successo di un tentativo di rinascita politica e sociale: il ritmo di una musica che aveva caratterizzato i momenti di condivisione e aggregazione maggiore per un’intera generazione, senza distinzioni sociali per migliaia di giovani che sognavano una Napoli diversa, dalle discoteche del centro fino ai centri sociali della periferia.
E’ forse proprio questo ciò che il secondo giorno del Neapolis ha offerto: un incontro di stili diversi che avevano catalizzato l’attenzione dei ventenni di dieci, quindici anni fa, quelli che andavano a Officina 99 a sentire i 24 Grana e quelli che si ritrovavano nei locali di Posillipo o nelle discoteche sul mare a ballare al suono di ‘Space Cowboy’ dei Jamiroquai.
I due gruppi, separati quasi come se fosse stata una barriera temporale di innovazione e sperimentazione, dalla performance di Yann Tirsen (che non ha particolarmente brillato in termini di esaltazione dell’affollata platea), si sono dati il cambio sul palcoscenico di Fuorigrotta, location che fa venire una stretta al cuore a chi ha attraversato tutte le edizioni precedenti dell’happening napoletano nell’area dell’ex Italsider e che ora deve ‘accontentarsi’ dello spazio della Mostra.
I 24 Grana sono accolti, ogni volta, in ‘terra madre’ con il tributo che si merita chi rappresenta l’ultimo baluardo di quella musica underground napoletana che non ha mai tradito le sue radici. E anche questa volta la band che prende il nome da un’antica moneta del Regno di Napoli si è mostrata sempre coerente alla sua storia ma ancora più pulita nel suono e nella voce di Francesco Di Bella, sempre più simbolo di un Paese intero, non solo di una città. Il gruppo ha suonato per un’ora facendo un excursus da ‘Loop’ a ‘Ghostwriters’ e il pubblico non ha mancato una nota, una parola: le dolci ma non per questo meno profonde e dolorose denunce al potere, all’ingiustizia, a una forma mentis bieca e parassitaria che fa parte di questa Italia cantate da Di Bella ( da ‘Stai mai ‘ca’ a ‘Vesto sempre uguale fino a ‘Carcere‘) sono state le parole delle migliaia di persone che sotto palco hanno cantato, ballato, pogato.
Dopo la ‘fredda’ parentesi di Tiersen, il popolo di Jay Kay e soci si è lasciato scorrere addosso il fusion jazz tipico della band britannica e l’effetto anni 90 è stato ancora più forte. Sarà stato anche per una coreografia veramente ‘vecchia’, per quel monitor alle spalle della band che rimandava video del gruppo o immagini e colori da concerto datato, il tuffo nel passato è stato completo.
I Jamiroquai sono stati comunque impeccabili: un lungo concerto che ha offerto ai fan più accaniti e a chi è andato al Neapolis giusto per approfittare di uno dei pochissimi festival che ci sono al Sud (l’unico con questa risonanza nazionale?) un paio d’ore di musica, spettacolo e il brivido, in una caldissima notte meridionale, che se un tempo la speranza di un cambiamento sembrava realtà, forse c’è ancora una possibilità.
Magari se il Neapolis ritornasse di fronte al mare di Bagnoli, tra le carcasse di ferro e ruggine dell’Italsider diventate opere di archeologia industriale, e quell’area si trasformasse realmente in quello che può essere, un porto turistico posizionato in uno dei luoghi naturali più belli che abbiamo nel nostro Paese, qualcuno ancora potrebbe credere che quel sogno non è semplicemente, ancora, una probabilità, ma una realtà.
Credits Foto: Lucio Carbonelli