Napolitano, il messaggio di fine anno e la rivolta ungherese. Un paese dalla memoria corta

par Pere Duchesne
lunedì 3 gennaio 2011

Non ho ascoltato il messaggio del Presidente della Repubblica

Anche quest’anno non ho né visto né ascoltato il messaggio di fine anno del Presidente. L’essere vecchi ha molti svantaggi, tra i quali quello di ricordare, mentre ai giovani tutto può sembrare nuovo e valido. Ricordo cosa diceva il Presidente Napolitano nel 1956 e negli anni successivi. Ricordo che quando manifestavo a Milano con molti studenti per l’Ungheria, molti operai comunisti con i quali si discuteva sbandieravano l’Unità che definiva fascista la rivolta ungherese, e ci credevano. Certamente non ci credevano quelli che scrivevano quelle cose sull’Unità, ma andava bene lasciarlo credere. 

Il signor Napolitano ha chiesto scusa qualche anno fa per quanto detto sulla rivolta ungherese, ma è troppo comodo chiedere scusa senza trarre le debite conseguenze: se ho detto falsità, sapendo di dirle, e mi rendo conto dell’errore, allora chiedo scusa e mi ritiro dalla vita pubblica (tanto problemi economici non ce ne sono, i vitalizi statali sono generosi). L’ex dirigenza del PCI tutto può dire tranne che non sapeva quale fosse la realtà dell’URSS e dei paesi satelliti, perché l’alternativa sarebbe solo che erano stupidi, e tutto si può dire di questa ex dirigenza, ma non che fosse costituita da stupidi.

Solo in un paese dalla memoria cortissima come il nostro la classe politica si ripresenta di volta in volta con la faccia ripulita, con una bandiera diversa, senza che la gente almeno si chieda se adesso è sincera, visto che non lo è stata prima. Solo in un paese che vive alla giornata e che non ha speranze per il futuro può prosperare una classe politica fatta di ex, che vive nel privilegio e che compie continui giri di valzer per rimanere sempre sulla pista da ballo, e può prosperare proprio perché nessuno ricorda o vuole ricordare. In fondo alla maggior parte della gente va bene così, l’importante è essere clientes di qualcuno.

I giovani che protestano forse non sanno nemmeno bene perché, si aggrappano a pretesti come la riforma della scuola per protestare per un disagio che intuiscono e sentono crescere in loro e intorno a loro. Dovrebbero intanto cominciare a studiare un poco di più la storia o almeno informarsi sulle persone che a parole offrono il loro sostegno: non vorrei mai che protestassero perché ancora non sono clientes di alcuno.      

 


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