Napolitano, Grillo, i saggi e la Costituzione: questa crisi è grave ma non è seria

par Aldo Giannuli
martedì 2 aprile 2013

Grillo ha proposto di iniziare a far lavorare il Parlamento, “congelando” in qualche modo la crisi di governo e l’esempio citato è quello del Belgio che è da due anni “senza governo” e tira avanti lo stesso. Quasi tutti i costituzionalisti, a parte Cheli, hanno bocciato la proposta ritenendola costituzionalmente impraticabile. Nello stesso tempo, il Presidente della Repubblica ha fatto una proposta in qualche modo convergente: intanto lasciamo il governo Monti che è “pienamente operativo” (si badi all’aggettivo) e facciamo un comitato di saggi che spiani la strada ad un governo di larghe intese, mettendoci dentro alcuni economisti e costituzionalisti di chiara fama, insieme ad un esponente di ciascun partito (meno il M5s), in modo che trovino una intesa sul programma. Poi, aggiunge, ”io non mi dimetto sino alla fine del mandato” cioè il 15 maggio, il che, in soldoni, significa che prima di settembre non si vota. Dunque questa situazione di “sospensione” potrebbe durare anche altri 5-6 mesi, durante i quali, il governo c’è: Monti.

La cosa più divertente è che, mentre Pd e Pdl non ne vogliono sentir parlare, a fare da paciere si è messo il M5s (cioè l’unico escluso dal comitato dei “saggi” e che è destinato a restare fuori dalle larghe intese) che apprezza la proposta del Presidente e dice “intanto insediamo le Commissioni parlamentari, poi si vede”.

Ragioniamo un attimo sulla questione dal punto di vista dell’esame alla lettera della Costituzione.

Partiamo da una considerazione: per il principio di autoconservazione dello Stato, non è ammessa vacanza per gli organi costituzionali, che sono sempre in carica sino a quando non subentra il successore. Pertanto, ha ragione Napolitano a ricordare che un governo c’è e cesserà solo quando il successivo avrà giurato (però, attenzione: prima del voto di fiducia delle Camere).

Però, nel frattempo è cambiato il Parlamento e sia logica che prassi vogliono che si riparta con la formazione di un nuovo governo che cerchi di avere la fiducia da esso. Secondo prassi, il governo Monti è in carica per l’“ordinaria amministrazione”, dunque, non nella pienezza dei suoi poteri, ma qui iniziano i problemi: la dizione “in carica per l’ordinaria amministrazione” o - se preferite - “per il disbrigo degli affari correnti” - nella Costituzione non esiste, è solo la formula rituale con la quale il Presidente della Repubblica accoglie le dimissioni del governo, invitandolo a “restare in carica per…”.

La Costituzione non pone alcun limite esplicito ai poteri di un governo dimissionario o sfiduciato. La prassi, ispirata a criteri di correttezza vuole che il governo caduto si limiti a puri atti amministrativi, astenendosi da quelli che investono l’indirizzo politico. In teoria, se un governo in prorogatio eccedesse i limiti degli “affari correnti”, il presidente di una commissione parlamentare o un presidente di regione, che vedessero toccate le materie di propria competenza, potrebbero sollevare il conflitto di poteri davanti alla Corte Costituzionale, ma non ci sono precedenti e non sappiamo come potrebbe andare.

Ma la dizione “affari correnti” oppure “ordinaria amministrazione” – oltre a non comparire nel testo costituzionale - non sono per nulla chiare. Quale è il limite fra “ordinaria amministrazione” ed indirizzo politico? Ad esempio, l’art 81 stabilisce che “Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo del governo”. Quindi presentare i bilanci è atto riservato al governo che lo fa, normalmente, con la legge finanziaria. Vero è che il Parlamento può autorizzare l’esercizio provvisorio del bilancio, ma solo per quattro mesi. Ed allora, nel caso, si sia in scadenza e la crisi si protragga, il governo dimissionario può assolvere a questo compito? Sembra, più che altro, che debba farlo.

Ancora, un governo prorogato può ricorrere al decreto legge? Per definizione, il decreto presuppone che si sia in un caso di “necessità ed urgenza” (anche se poi se né è fatto largo abuso), dunque se necessario ed urgente esso può - ed, in un certo senso, deve - essere assunto da chi abbia responsabilità di governo in quel momento. Certo, poi le Camere debbono confermare che c’è stata necessità ed urgenza, ma questo, di solito, accade dopo diverse settimane, mentre il decreto ha efficacia immediata. E in sede di politica estera, se c’è una crisi improvvisa come quella libica, ed occorre assumere una posizione negli organismi internazionali o decidere se concedere le basi o meno, che si fa?

E qui veniamo ad un altro punto molto delicato: noi ormai agiamo in un quadro di compatibilità e di limitazioni di sovranità sancito anche da una giurisprudenza costante della Corte Costituzionale (232/1989, 389/1989, 168/1991, 384/1994, 94/1995, 536/1995 ord.) che colloca le norme comunitarie al di sopra delle norme interne anche di rango costituzionale. E allora, per venire, ai nostri giorni, che succede in caso di vertice europeo a seguito di crisi come quella cipriota (e già si profila quella slovena)?

Immaginiamo che si rendano necessarie determinate misure, o che l’allargarsi dello spread fra titoli italiani e titoli tedeschi induca Ue e Bce a chiedere al governo italiano decisioni immediate, si può rimandare tutto a quando la crisi sarà risolta? È evidente che un governo in regime di prorogatio da un lato sarebbe più debole nei confronti della Ue e della Bce, dall’altro, avrebbe un ottimo alibi per fare quel che gli pare giustificandosi con l’eccezionalità della situazione.

E, con un governo come quello di Monti, non ci sarebbero dubbi su cosa farebbe. E qui superiamo la lettera della Costituzione ed affrontiamo il problema dal punto di vista della legittimazione costituzionale sostanziale. Al di là della lettera, infatti, esiste uno spirito della Costituzione che deve guidare nella sua lettura.

Il governo Monti è già stato uno strappo in questo senso: composto da tecnici privi di qualsiasi investitura popolare, ha ricevuto una (traballante) legittimazione indiretta dal voto delle maggiori forze politiche presenti in Parlamento ed è stato poi sostanzialmente sfiduciato da una di esse (qui Napolitano bara quando dice che questo governo non è mai stato sfiduciato, perché il governo si è dimesso prima di un voto formale, ma la sfiducia era nei fatti). Dopo, questo governo si è tradotto in una lista con l’esplicito programma di proseguire in quella linea politica e questa lista è stata letteralmente pestata dagli elettori che gli hanno dato un misero 10%, mentre hanno premiato quelli che si ponevano in discontinuità con quella esperienza. In particolare il M5s, che si presentava come il più acerrimo avversario di Monti e che ha avuto il 25% (ricordate il Rigor Montis?).

Quindi, abbiamo un governo di dubbia costituzionalità, con un Parlamento cambiato ed esplicitamente sfiduciato dell’elettorato, che dovrebbe restare in carica, magari per andare a nuove elezioni, scavalcando questo Parlamento, come se non ci fosse mai stato. Ed il maggiore oppositore di questo Governo sorride compiaciuto e dice che gli sta bene: riuscite ad immaginare un pateracchio più indecente di questo?

Napolitano ha sempre avuto una sua interpretazione troppo personale della Costituzione - lo sappiamo - ma questa volta sta esagerando: correttezza costituzionale vorrebbe che egli desse il pieno incarico a Bersani, come capo della coalizione che ha avuto il maggior numero di voti ed ha la maggioranza della Camera, che Bersani faccia il suo governo e si presenti alle Camere; nel caso non ottenesse la fiducia e non ci fosse alcuna alternativa praticabile, si andrebbe a nuove elezioni con un governo minoritario, ma pur sempre espresso da questo Parlamento. Gestire un nuovo turno elettorale con un governo espresso dalla precedente legislatura sarebbe una cosa ai limiti della rottura costituzionale.

Ma c’è da rifare la legge elettorale, mi direte. Certo e lo si potrebbe fare nei mesi che ci separano dal voto, ma, mi spiegate perché questo non si possa fare con un governo Bersani? Come mai Grillo trova più accettabile Monti di Bersani?


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