Naji Jerf, il “mentore” della rivoluzione. Siriani anche loro

par SiriaLibano
venerdì 12 febbraio 2016

(di Omar Abbas* per al Araby. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio).

 

L’attivista siriano Naji Jerf era conosciuto da molti come al khal, “lo zio”, per il suo ruolo di mentore e guida di molti giovani del movimento rivoluzionario. Naji è stato assassinato lo scorso dicembre da quelli che si sospetta fossero uomini armati dell’Isis, a Gaziantep, in Turchia, mentre portava il pranzo alla sua famiglia.

C’è stata una discreta copertura della notizia della sua morte, ma il nocciolo del suo lavoro e della sua dedizione, nonché il suo contributo alla rivoluzione siriana, è stato spesso trascurato dai media in inglese.

Nato nel 1977 da una famiglia di sinistra, Naji Jerf è cresciuto a Salamiyya, città famosa per il ruolo giocato nella rivoluzione siriana. Si è laureato in filosofia all’università Tishrin e ha lavorato come produttore di documentari per al Jazeera a Damasco fino all’inizio della rivoluzione.

Quando in Siria sono scoppiate le proteste contro il regime, Naji è tornato nella sua città natale ed è diventato uno degli attivisti più importanti della città, attingendo alla sua formazione per essere utile al movimento.

Un leader locale

Naji è stato un membro fondatore dei Comitati di coordinamento locale e ha fondato anche il comitato di coordinamento di Salamiyya, fungendo da legame principale tra i due. Ha anche dato vita all’Ufficio stampa di Salamiyya che ha documentato e creato un archivio del movimento di protesta nella città e in diciotto villaggi vicini, allo scopo di diffondere resoconti sui più recenti avvenimenti nella città. Il suo documentario, Garofani bianchi per Salamiyya, si concentra sulla mobilitazione rivoluzionaria della città e sul movimento della società civile nel corso della rivoluzione.

Quando si è reso conto che c’era bisogno di una pubblicazione che informasse e creasse un archivio sulla rivoluzione, Naji ha fondato la rivista Hinta, che ruota attorno a temi come l’identità nazionale e il confessionalismo. La rivista ha raccontato anche notizie locali e storie mai raccontate prima, da Salamiyya e non solo. Verso la fine del 2011, durante le campagne militari del regime nelle vicine città di Hama e Homs, molti abitanti sono fuggiti a Salamiyya, dove gente del posto e gruppi della società civile li hanno accolti e mostrato loro una grande solidarietà.

Naji è stato parte attiva di questo sforzo, aiutando a raccogliere e a distribuire aiuti agli sfollati interni. Di nascosto, scendeva verso le città sulla sua moto, aiutando nella copertura mediatica e nelle operazioni di soccorso. Dall’inizio della rivoluzione Naji e altri attivisti ricercati dalle forze di sicurezza si spostavano di casa in casa da una città all’altra per evitare l’arresto, per poi tornare di nasconto in città per prendere parte alle proteste o fare visita alle proprie famiglie.

Dopo una ondata di arresti, Naji è fuggito a Homs, da dove ha continuato a contribuire alla causa. A Homs dormiva ogni notte in un posto diverso, formava gli attivisti, aiutava a mettere su uffici mediatici locali, procurava finanziamenti e portava aiuti nelle zone che ne avevano bisogno.

Mentre era a Homs, sua moglie, la poetessa Boshra Kashmar, ha dato alla luce la loro prima figlia che hanno chiamato Emesa, dall’antico nome greco della stessa Homs. In seguito, Naji si è reso conto che il regime gli era ancora una volta alle costole ed è fuggito di nuovo. Stavolta a Damasco.

In fuga

Lavorando in segreto in un ufficio di Jaramana, un sobborgo meridionale di Damasco, Naji ha documentato le proteste nella capitale e nei villaggi circostanti. Si è impegnato per mettere in contatto gli attivisti locali con i mezzi di informazione per offrire una copertura mediatica delle proteste e della repressione da parte del regime.

Ma Naji non ha trascorso molto tempo a Damasco e si è presto spostato a Daraa, dove ancora una volta ha formato degli attivisti. Tuttavia, a causa delle minacce del regime, se ne è andato in Giordania, da dove i servizi di sicurezza locali l’hanno deportato in Turchia. Bloccato lì, ha lavorato dalla città di confine Gaziantep per Basma, un gruppo della società civile che opera per una “progressiva transizione di liberazione per una nuova Siria”.

Alla fine è diventato il manager del gruppo ed è riuscito a finanziare iniziative della società civile e dell’ambito mediatico. Al contempo, ha formato oltre 700 giornalisti e mediattivisti con corsi di scrittura, fotografia, sicurezza delle informazioni e in altri ambiti essenziali per poter lavorare in Siria.

Naji ha continuato però a essere coinvolto nelle attività di Salamiyya: rappresentava la sua città nelle iniziative rivoluzionarie e nei negoziati. Ad esempio, è stato membro fondatore del Gruppo di azione per Salamiyya, un gruppo di attivisti che si incontra con regolarità per discutere di sviluppi, copertura mediatica e piani per il futuro. Naji ha anche giocato un ruolo cruciale nei negoziati per liberare i lavoratori di Adra, molti dei quali originari di Salamiyya, che erano stati rapiti dal gruppo ribelle Jaish al Islam nei sobborghi di Damasco.

Naji ha ingrandito la rivista Hinta, ampliandone la difussione e continuando a pubblicare articoli sui detenuti, i morti, i rifugiati, i curdi, la Palestina, l’Esercito siriano libero (Esl), l’Isis, e su tutte le questioni più ampie riguardanti la Siria e la rivoluzione. Sotto la sua guida sono stati pubblicati 27 numeri della rivista e ha anche fondato Hentawi, una sua versione rivolta ai ragazzi tra i 9 e i 15 anni.

Battersi contro l’estremismo

Dopo l’ascesa dell’Isis, Naji e altri attivisti della rivoluzione, si sono adoperati per dare copertura mediatica agli avvenimenti nelle zone occupate dal gruppo estremista e rendere noti i suoi crimini.

Molti degli attivisti che lavorano nel gruppo anti-Isis Raqqa viene massacrata in silenzio sono stati formati proprio da Naji Jerf presso Basma. Naji ha lavorato come consulente per l’iniziativa, sviluppandone la copertura e le strategie mediatiche. Prima della sua morte, stava lavorando col gruppo su una produzione per promuovere la loro campagna.

Uno degli ultimi lavori di Naji è stato L’Isis ad Aleppo, un documentario che racconta il ruolo che il gruppo estremista svolge nei rapimenti, le torture e gli assassini di molti attivisti e civili della città. Inoltre mostra come fazioni dell’Esl siano riuscite a espellere per un certo tempo l’Isis da Aleppo.

Naji immaginava una Siria libera e sovrana e ha sempre lavorato per uno stato democratico, laico, costruito sui princìpi della rivoluzione.

Era famoso per il suo rispetto dei martiri, insistendo durante il suo lavoro nel ricordare alla gente i compagni caduti. Per esempio, l’ultimo numero prima della sua morte della rivista Hinta è dedicato al prigioniero siro-palestinese Ali Shihabi.

Molti artisti e scrittori palestinesi hanno espresso cordoglio per Naji, chiamandolo il martire e il figlio di entrambe le cause, per la sua incrollabile dedizione alla causa palestinese, pari solo alla sua dedizione alla rivoluzione siriana. Naji conosceva bene la cultura palestinese e aveva buoni rapporti con molti esponenti delle fazioni palestinesi in Siria.

Era noto per la sua etica di lavoro e per le lunghe ore trascorse a svolgerlo, frutto della sua dedizione alla rivoluzione. Lavorara ore e ore e spesso per una paga misera o gratis, soprattutto negli ultimi tempi. Ha serbato nel suo cuore la speranza per il futuro della Siria, rigettando la disperazione e perseguendo la visione del Paese libero che aveva sempre immaginato.

Ha sempre sostenuto che i siriani non potessero perdere la loro battaglia contro il regime e l’Isis. Nel corso di una intervista, Naji ha ricordato ai siriani che la modernizzazione è una inesorabilità storica.

È importante raccontare la storia di Naji e di quelli come lui che rappresentano un’alternativa siriana spesso lasciata a se stessa e ignorata. L’assassinio di Naji ha scosso la comunità nel profondo, in gran parte per il suo ruolo di mentore tra gli attivisti e i giornalisti, ma soprattutto per ciò che ha rappresentato. Il contingente rivoluzionario di attivisti, consigli e combattenti sparsi in Siria e all’estero continua la battaglia per la rivoluzione e i diritti.

Naji Jerf può anche non esserci più, ma la causa per cui ha lottato sarà portata avanti da coloro a cui ha insegnato e fatto da mentore.

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(L’autore ringrazia Umran Hallak, Mahir Isbir, Nidal Bitari, Aziz As’ad, Hussam Issa di Raqqa viene massacrata in silenzio, Joseph Mardelli e Budur Hassan per il contributo dato a questo articolo).

*Omar Abbas studiava medicina a Damasco dov’era anche attivista. Oggi vive in California.


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