Nadia Urbinati. Liberi critici in libero Stato

par Damiano Mazzotti
giovedì 1 settembre 2011

 

“Liberi e uguali. Contro l’ideologia individualista”, è un saggio gustoso e al dente, della politologa italoamericana Nadia Urbinati (www.laterza.it, 2011).

“In ogni persona ritrovo me stesso e il bene e il male che dico di me lo dico anche degli altri” (Walt Whitman, poeta americano).

Nadia Urbinati è di origini riminesi e in questo libro ha miscelato due ottimi ingredienti: il pragmatismo americano e quello romagnolo. Comunque la tesi principale e non originale è questa: i grandi poteri economici e la scarsa educazione civica minano le basi della democrazia rappresentativa e creano un potere oligarchico che condiziona e mantiene nell’ignoranza l’opinione pubblica (Bobbio). Del resto “il gioco politico è gioco retorico: consiste nel riuscire a convincere la massa affinché ciascuno si faccia da potenziale oppositore e critico a sostenitore, amico e propugnatore” (p.93). E fare i servi più o meno consapevoli è l’attività più diffusa in Italia.

Inoltre la politologa non è d’accordo con l’opinione oramai datata di Tocqueville: “non è tanto la società civile con le sue associazioni e i suoi gruppi – spesso tutt’altro che rispettosi dell’autonomia di giudizio dei suoi membri – bensì il sistema politico stesso, con le sue istituzioni rappresentative, i diritti, le norme impersonali, che educa e ispira una vita morale dignitosa in tutte le circostanze dell’agire , anche in quelle ordinarie e private” (p. 160). Lo Stato davvero liberale deve tutelare tutte le minoranze e tutte le libertà personali. Quindi l’Italia è l’esempio migliore che dimostra gli effetti deresponsabilizzanti della cattiva politica in un paese facente parte della civiltà europea.

Però la maturità civile e interculturale passa attraverso forme educative più socializzanti e creative. La nostra attuale tolleranza liberale deve ancora progredire: “Perché al dialogo si arrivi, occorre che non soltanto si “tollerino”, o si “ammettano” le altre visioni delle cose, ma che si avverta per esse una sincera curiosità… è appunto la coscienza morale a dirmi di non credere mai di aver ragione senz’altro, bensì di badare a quanto altri mi può insegnare, e di non pretendere che altri possano mai darmi ascolto, se anzitutto non sono capace di dare ascolto a loro” (Guido Calogero, “Logo e dialogo. Saggio sullo spirito critico e sulla libertà di coscienza”, 1950).

In generale “l’obbedienza a leggi approvate a maggioranza è la virtù politica di base del cittadino e l’esercizio del dissenso sulle opinioni relative alle credenze politiche e morali e ai comportamenti politici e alle leggi è una virtù di eguale importanza. Il dissenso difende le prerogative del giudizio individuale e quindi protegge le istituzioni democratiche dalla possibilità che hanno di chiudersi alla società facilitando una pratica di abuso e privilegio in chi le fa funzionare” (p. 167). Bisogna sempre ricordare che il dissenso è il primo produttore del progresso sociale e delle nuove conoscenze (Jean-Francois Lyotard, “La condizione post-moderna. Rapporto sul sapere”, 1981).

Quindi la sorveglianza del potere è “uno strumento che nasce nella società civile ed è peculiarmente moderno; espressione pubblica di un potere radicato nella dimensione “privata” e mentale del “giudica da te stesso”… in funzione antiautorità o come reazione al potere della maggioranza, ma anche in funzione dell’auto-cultura” (p. 170). Pierre Rosanvallon ha chiamato Contro-politica il potere “negativo”, limitativo e costruttivo di chi vigila, denuncia, manifesta e opera per difendere i diritti di tutti i cittadini.

Così, “mentre all’origine dell’azione negativa delle pratiche liberali c’è la sfiducia nella politica, all’origine della contro-politica c’è la sfiducia nella politica istituzionalizzata”. Ma anche in Europa “il cittadino non ha ancora ben compreso l’idea che ogni potere è cattivo se non è sorvegliato, mentre ogni potere è buono là dove sente una resistenza pacifica, chiaroveggente e ostinata” (Alain, 1926). O forse sarebbe meglio dire che quasi tutti i potenti sono costretti a diventare più buoni davanti a una massa infervorata, minacciosa e ostinata di cittadini mentalmente liberi.

D’altra parte Luigi Einaudi aveva ben compreso la causa economica della degenerazione sociale: “L’origine più profonda e vera dei mali sociali è il monopolio e noi nel testo costituzionale non diciamo niente, chiedo sia sancito il principio che la legge non deve creare il monopolio e quando i monopoli esistono devono essere controllati” (discussione parlamentare del 13 maggio 1947). Comunque per relativizzare questo scritto ai nostri giorni basta sostituire alla parola monopolio, duopolio e oligopolio, per capire gli attuali problemi dell’Italia. Poi c’è da dire che gli italiani che non sono in grado di controllare i propri desideri saranno sempre al servizio di uno o più padroni (la cultura edonistica e l’educazione familiare permissiva predispone gli italiani al servilismo).

Dopotutto il vero problema della cittadinanza è che “la perversità degli uomini non si sazia mai: e dapprima si contentano di due oboli soltanto, poi, quando questo è diventato norma consuetudinaria, vogliono sempre di più fino a superare ogni limite: senza limite, infatti, è la natura del desiderio per il cui soddisfacimento i più vivono” (Aristotele, Politica). Quindi non serve quasi a nulla cambiare le alleanze politiche e i simboli dei partiti, ma bisogna rinnovare e ringiovanire la maggioranza delle classi dirigenziali. A tale scopo segnalo un neonato laboratorio politico nato dai giovani italiani che studiano e lavorano all’estero: www.fonderia.org

Nadia Urbinati insegna Teoria politica alla Columbia University e ha pubblicato numerosi saggi.

Nota internazionale – Uno dei problemi fondamentali delle società liberali multiculturali è il seguente: “è possibile pensare che (persone di) culture diverse da quella occidentale, più tipicamente comunitarie accettino un’impostazione tutto sommato individualistica come quella tradizionale dei diritti umani?” (Sebastiano Maffettone, “La pensabilità del mondo. Filosofia e governanza globale”, il Saggiatore, 2006). Qui di seguito potete invece leggere cosa raccontano di noi all’estero: http://italiadallestero.info. Perché “Chi non si muove, non può rendersi conto delle proprie catene” (Rosa Luxemburg).


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