Nucleare. Una fatica inutile

par Gianluca Ricupati
lunedì 30 marzo 2009

L’Italia riapre ufficialmente la strada al nucleare 22 anni dopo il referendum popolare che si era schierato contro l’energia atomica a poco tempo dalla tragedia di Chernobyl.

Lo fa attraverso un accordo casalingo tra Berlusconi e Sarkozy: un’intesa che vedrebbe l’Italia mettere sul tavolo i soldi e la Francia non si capisce precisamente cosa.

La notizia ha dato il via ad un dovuto dibattito internazionale, aperto su più fronti: scientifico, ideologico ed economico. Non v’è dubbio che si tratti di una rischiosa avventura, che non dà ancora alcuna garanzia in termini di sicurezza, costi e potenzialità energetiche, né soluzioni riguardo la sostenibilità ambientale di fronte ad un “clima impazzito” che urge di limitazioni all’azione smisuratamente distruttiva dell’uomo.

Qualche dato è d’obbligo. L’uranio, alla base del processo nucleare, secondo le stime di vari istituti mondiali, è destinato a finire in un tempo compreso tra i 35-50 anni. Ma al di là di ciò, l’energia atomica può costituire un reale deterrente contro l’effetto serra?

Per gli esperti il problema è un altro: a fronte della disastrosa situazione ambientale dell’intero globo terrestre, diverse nazioni, che già dal 1997 a Kyoto si erano impegnati a ridurre le emissioni di CO2, progettarono il futuro scenario europeo fino al 2020 prevedendo il 30% di riduzione delle emissioni (con il 20% di produzione energetica da fonti rinnovabili).



Si è sicuri nel dire che per raggiungere tale obiettivo occorrerebbero almeno 72 centrali da costruire prima del 2012: manca dunque il tempo necessario poiché prima che un impianto nucleare venga alla luce non passano meno di 10 anni.

E i costi? Di quelli ancora non si parla: miliardi di euro, almeno una dozzina, guardando ai costi di realizzazione nei paesi limitrofi, non “strani” quanto l’Italia, dove le spese delle opere lievitano giorno dopo giorno e i tempi si allungano a dismisura. Più i costi degli impianti di produzione del combustibile e dei depositi per lo smaltimento delle scorie.

Qualcosa di importantissimo dunque, giacché non si è ancora trovata una giusta e sicura collocazione per i rifiuti radioattivi presenti in Italia, che erano stati occultati alla fine del 2003 in Basilicata, a Scanzano Ionico, quella che fu purtroppo la pattumiera radioattiva nazionale del vecchio governo Berlusconi.

Cifre che pagheranno in larga parte i contribuenti, oltre a bollette sulla cui entità non vi sono garanzie di riduzione: anzi, secondo la recentissima stima del Dipartimento dell’energia degli USA, l’elettricità da nucleare presenta i costi più elevati.

L’Italia si trova dinanzi ad una scelta cruciale. A decidere sarà però una maggioranza schiacciante, priva di qualunque opposizione. E lo farà per di più spesso senza neppure aver preso visione di pareri rigorosamente scientifici e apartitici.

Difendiamo l’ambiente o alimentiamo la logica del profitto dell’economia, chiudendo gli occhi di fronte alla realtà delle cose?


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