Mubarak: si ferma il cuore del raìs senza cuore
par Enrico Campofreda
mercoledì 20 giugno 2012
Dicono sia morto ma tenuto in vita dalle macchine che compiono ciò che neppure il defibrillatore è riuscito a fare: ridare vita al suo cuore. Un amico egiziano chiosa “Il cuore di Mubarak non batteva da troppo tempo, lui non viveva per il popolo ma per il potere e la vanagloria”. Non si riferisce a quel che è accaduto dal 25 gennaio 2011, l’amico Tariq parla di molto tempo prima, nonostante proprio la rivolta simbolo abbia iniziato a cantarne il “de profundis”. Ora se la vecchia Atropo ha reciso il filo ma i medici per ordini governativi tengono aperti quelli del respiratore artificiale il trapasso verrà spostato solo di ore, facendolo magari coincidere con l’ufficializzazione del nuovo Presidente eletto.
Ascoltare il nome dell’islamista Mursi con un Mubarak non ancora nella tomba potrebbe servire di conforto ai mubarakiani di Shafiq. Oppure no. Comunque lo psicodramma del potere egiziano che fu segna le ultime battute. La già precaria salute dell’ex Capo di Stato si era aggravata proprio in occasione del pronunciamento della recente sentenza del 2 giugno che lo graziava dell’onta della condanna per impiccagione. E soprattutto graziava i due figli che vedevano prescritta l’accusa per arricchimento illecito e operazioni truffaldine coi denari dello Stato. Doveva essere una festa eppure non è servito. L’elevata tensione e l’altissimo rischio di una sentenza estrema devono avere stressato l’apparato circolatorio dell’ottantaquatrenne già malato.
Strette in ogni modo, con giri di valzer e servilismi come quello verso Stati Uniti e Israele, torture, persecuzioni e condanne a morte degli oppositori. In queste ore il contrappasso sta mettendo sul suo scranno un rappresentante dell’odiata Fratellanza, sebbene dai cieli di Allah il raìs potrebbe osservare un futuro Egitto non diverso dal sistema che anche il proprio regno ha contribuito a costruire.