Mps: il dramma di una Banca

par GAETANO EMANUELE
venerdì 1 febbraio 2013

Dall’acquisizione di Antonveneta all’operazione Derivati, quali sono i lati oscuri che hanno travolto il gruppo Senese.

Da dove si sia partito e dove si arriverà, è difficile stabilirlo, è non aiuta neanche il susseguirsi di presunti coinvolgimenti di personalità rilevanti, e nonostante il top secret della magistratura, l’unica cosa certa che non stupisce più nessuno è il pieno controllo del potere politico sulla finanza speculativa.

Il punto intermedio di partenza per Mps, inizia nel novembre 2007, con l’acquisizione di Banca Antonveneta dalla spagnola Santander per la cifra di 9 miliardi di euro, ritoccata di 1,3 imputabili a presunti oneri da pagare in seno all’operazione, all’epoca dei fatti la fondazione del gruppo senese con a capo Giuseppe Mussari per finanziare l’operazione vara un aumento di capitale di 9,5 miliardi, di cui 6 a carico degli azionisti, 2,5 dalla stessa Fondazione e 1 con l’emissione di obbligazioni.

L’esborso per Monte dei Paschi oltre a essere oneroso mette a serio rischio lo stato patrimoniale dell’istituto bancario, e onde evitare un futuro crac, Banca d’Italia si rivolge ad alcuni colossi mondiali, come: Merrill Lynch, Goldman Sachs, JP Morgan, Credi Suisse e Mediobanca. L’insieme dell’operazione è valutata in linea con il mercato per ciò che riguarda la valorizzazione degli sportelli, mentre il vero valore della banca in termini di solidità, è notevolmente inferiore rispetto al prezzo concorrenziale, tesi rafforzata dall’avvicendamento dei Sub-Prime e dalla bolla del debito sovrano.

Per ripianare l’enorme buco di bilancio, il gruppo Mps nel primo semestre 2009 decide di sottoscrivere 2 miliardi di euro in obbligazioni convertibili, i cosiddetti Tremonti-bond, cioè titoli emessi dalla banca ma sottoscritti dal tesoro, così da entrare quest’ultimo nella quota capitale del gruppo in caso d’inadempienza, ma il salvataggio è solo apparente. Dopo l’acquisizione di Antonveneta un’altra tegola inaspettata cade sui senesi, cioè il fallimento di Lehman Brothers, con un’ulteriore riduzione dello stato patrimoniale da 12 miliardi di euro nel 2007, a 2,7 miliardi nel 2011. In parole povere la banca è sull’orlo del baratro.

È per dare l’illusione che il bilancio sia in positivo, Mussari avrebbe nascosto le perdite con l’acquisto dei derivati, cioè: titoli azionari, tassi di cambio, obbligazioni, indici di borsa, oro o petrolio, che consentono al contraente di acquistare le attività citate è di prenderne possesso a una determinata scadenza. Attraverso questo meccanismo l'investitore si espone al rischio di ampi margini di oscillazione, poiché la remunerazione futura del capitale è legata all'andamento del mercato, da considerarsi un investimento ad alto tasso di perdita, che potrebbero tramutarsi in operazioni altamente tossiche.

Così è stato: l’acquisizione dei derivati, contenuti nel dossier (Alexandria e Santorini) ammonterebbe a circa 35 miliardi, con perdite ingenti che la banca potrebbe subire, il tutto per coprire il buco di bilancio. Infine in attesa che la magistratura si pronunci, spuntano fuori altri 2,62 miliardi di euro di presunte tangenti transitati attraverso conti londinesi e rientrati in Italia attraverso lo scudo fiscale, in tutto circa 19 miliardi per l’operazione Antonveneta, senza contare i cosiddetti i derivati naturalmente pericolosi.


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