Mourinho: perché se ne va

par Dave
giovedì 20 maggio 2010

Che Mourinho sia speciale lo si capisce da come ha pianificato nei dettagli la sua exit strategy, così da non sembrare il solito ambizioso affamato di soldi. Prima provoca come un folle, e loro lo multano. Allora fa l’offeso, mette il broncio, dice che si trova male. Poi le cose si mettono super-bene, e le sue quotazioni schizzano alle stelle.
 
A quel punto capisce che ha lasciato il segno, e che rimanere significherebbe diluire il credito guadagnato, per cui si produce in furbate del tipo "se l’Inter non vince la Coppa quest’anno tanto la vince l’anno prossimo (ma senza di me)", "La mentalità è cambiata (grazie a me)".
 
Infine aspetta la finale di Coppa sapendo che a) se la perde può comunque andarsene con la coscienza pulita, b) se la vince può andarsene da vincente. Ma che se ne vada è ovvio: non certo dalle ultime dichiarazioni, ma da come il tutto è stato gestito, a livello comunicativo, già da sette-otto mesi a questa parte.
 
L’unico dubbio residuo riguarda la Coppa Intercontinentale, ma ci credo poco.
 
Mourinho è venuto all’Inter con l’atteggiamento di Mary Poppins (o di Tata Lucia, se vogliamo): vengo, cambio la situazione e appena cambia il vento me ne vado, senza coinvolgimenti emotivi.

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