Mostri: chi li crea, chi li distrugge

par paolo federici
venerdì 19 novembre 2010

C'è un gusto perverso in ognuno di noi: siamo (nella maggioranza dei casi) sempre pronti a condannare al primo sospetto. Leggiamo "imputato" e pensiamo "colpevole". Ci dicono "denunciato" e capiamo "assassino". Guardiamo il "sospettato" e vediamo il "mostro".

E' questione di un attimo: il danno è fatto e non è più possibile tornare indietro. Ci convinciamo di aver ragione solo per una frase letta, una parola sentita, un'immagine vista. Se poi ci guardiamo indietro troviamo moltissimi casi per i quali abbiamo dovuto ricrederci.

Ma ormai la frittata è stata fatta: il dubbio, nel profondo del nostro animo, rimane. Il buon vecchio Tortora è ancora "colpevole" (almeno, per qualcuno). Una sentenza di assoluzione, arrivata dopo anni dal "fattaccio", non cambia più il giudizio della maggioranza colpevolista.

Fino a che succede qualcosa che ci tocca da vicino. Se siamo noi ad essere accusati "ingiustamente" ci meravigliamo di come il mondo ci si rivolti contro, i giornali ci "sbattano" come mostri in prima pagina, le sentenze siano subitaneamente emesse. "Ci sarà un giudice a Berlino" - sosteneva un contadino prussiano che intendeva lottare contro i soprusi dell' imperatore.

Ma se un giudice poteva arrivare a determinare da che parte stesse la colpa (anche in una diatriba tra due persone così diverse), la stessa cosa non può dirsi quando colpevolezza o innocenza vengono determinate sulla base di pregiudizi personali.

Proprio per affrontare la tematica relativa alla creazione del "mostro", anche l'arte scende in campo. E così, per la prima volta a Milano, possiamo vedere la mostra fotografica di Giordano Morganti dal titolo “Psichiatric Hospital Frankenstein”. Inaugurata lo scorso 27 ottobre, resterà aperta fino al 27 novembre.

L'ingresso è gratuito, il luogo è "Spazio Tadini" (via Jommelli 24, Milano) e l'orario dal martedì al sabato 15,30-19,00 (in occasione di eventi serali fino alle 22,30).

Questa stessa esposizione fece molto discutere, in occasione della sua prima presentazione, fino a rischiarne la chiusura, per il suo titolo evocativo di mostruosità frutto più dell’Uomo che della Natura.

Una mostra che pone spunti di riflessione sulla capacità della società di creare mostri, stereotipi, artifici per demonizzare l’imperfezione dell’essere umano. Un’occasione per osservare l’individuo attraverso la lente di un obiettivo fotografico che ci allontana dalla ricerca spasmodica della perfezione, del bello, dell’eterna giovinezza e della felicità e ci impone l’accettazione del limite, della follia, della malattia, la gestione del dolore con il conforto che può dare solo la bellezza della verità, della carne in sé, dell’osservare una Natura senza pensieri, espressione solo di cicli stagionali.

Giordano Morganti presenta un triplice percorso “mente, corpo e anima”. Un viaggio trasversale che va dai ritratti di malati psichiatrici, alla raffigurazione dettagliata di parti anatomiche per poi sfociare in uno scenario agreste dove gli alberi fanno da protagonisti tra terra e cielo. Una mostra di forte impatto emotivo raccontata, illustrata e commentata dai critici Daniele Astrologo, Flavio Caroli, Raffaele Bedarida, Ando Gilardi, Roberto Mutti, Walter Schonenberger in un libro di tre volumi della Silvana Editore.

Un’opportunità per l’associazione culturale Spazio Tadini per riflettere sulla relazione tra la società e l’individuo, in particolare su come viene costruito e stereotipato il singolo intrappolandolo in esistenze fittizie e funzionali all’esistenza e alla sopravvivenza del gruppo sociale.


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