Morti di Informazione

par Emilia Urso Anfuso
martedì 13 ottobre 2009

Non hanno tempo. Sono presi da altre beghe. Non possono perder tempo con amenità tipo la sussistenza delle fasce deboli, o l’inclusione dei disabili o con l’economia in crisi che sta fagocitando milioni di famiglie e messo a terra milioni di lavoratori e piccole imprese.

 
Hanno altro da fare. Cose importanti. Così importanti da non lasciare spazio alcuno a tutto il resto. La loro attenzione è tutta completamente dedicata a fatti e persone che non hanno nulla a che vedere con le beghe della gente comune. Vivono in un’altro mondo. Loro.
 
Sono i personaggi politici del nostro Paese. Di Destra, Sinistra, pseudo Centro. E sono i professionisti della stampa nazionale. Direttori di quotidiani e telegiornali, redattori e collaboratori.
 
Non hanno tempo, né voglia né spazio per contribuire ad uno sviluppo dinamico e fattivo delle Comunicazioni di comune interesse. L’asse dell’impatto mediatico si è spostato. Non punta più alla gente, ma a quella gente che decide il bene ed il male del Paese. Giungendo a decidere che del Paese in realtà, non gliene importa un fico secco.
 
L’Informazione implode. Fa Informazione su se stessa. La Politica parallelamente, fa la stessa cosa. Forse da molto più tempo. Ecco quindi che, chi fa Comunicazione, tenta il sorpasso, non ammette di poter “stare dietro” a nessuno e di conseguenza corre le “primarie” del protagonismo.
 
Oggi aprire un giornale è diventato leggere innanzitutto le diatribe fra testate e giornalisti. Poi si trattano argomenti tesi all’espansione della divulgazione di cosa fa/dice il Premier nostrano. Per continuare con dibattiti e proclami su se stessi e sul mondo politico.
 
Le notizie? Possono attendere. Ed anche essere relegate – al massimo – a qualche trafiletto.
 
Conta di più l’emergere fra gli emergenti. Indorare la propria immagine. Perseguitare lettori e telespettatori con il presenzialismo. Scioccare con recriminazioni, battaglie, raccolte di firme, scandali e scandalose opinioni, il più delle volte assolutamente personali.
 
Le luci della ribalta inondano la passerella di chi dell’Informazione ha perso il senso della realtà e la stessa accezione. Oggi si informa una cittadinanza su come evolvono i feuilleton di questo o quel personaggio. Chi vuoi che se ne importi se la gente muore, se non si arriva a metà del mese, se il numero di precari sale vertiginosamente ogni giorno, se i disabili sono sempre abbandonati a se stessi, se l’integrazione multietnica viene svenduta dalle nuove leggi razziali?
 
Chi se ne importa se la gente sa o non sa come accedere a qualche sporadica agevolazione economica? A chi interessa sapere come presentare una richiesta per rientrare nei redditi minimi garantiti? Per carità, non scherziamo: ciò che è vero, importante ed assoluto è il mondo della Comunicazione versus mondo della politica e viceversa e trasversalmente.
 
Tutto il resto è minutaglia. Buona per riempire le pagine quando la diatriba per un attimo si spegne, magari per mancanza di energie.
 
Sembrano i tempi in cui le fotomodelle – erano gli anni ottanta – avevano superato in prestigio ed impatto mediatico gli stessi fashion designer. Fu un periodo particolare. Sulle passerelle non si guardavano più gli abiti di sartoria bensì e modelle più note, rese inarrivabili proprio per aver vestito le creazioni dei Vate della Moda.
 
Allo stesso modo, oggi il mondo del giornalismo appare in costante colluttazione col mondo politico. Smette di fare informazione di servizio. Vuole vestire i panni del potere e non più parlare e descrivere il Potere.
 
L’Informazione si occupa di se stessa. Così come ormai da decenni fa il mondo politico. Concentrati – ognuno nel suo settore – ad ottenere il massimo fra piccoli e grandi poteri ed ottimizzazione della propria immagine.
 
La competizione arriva a livelli incredibili ed il solo pensare al rischio di perdere immagine e consenso, terrorizza più della chiusura di una trasmissione televisiva.
 
Intanto, gli spettatori, i fruitori di questo bailamme, seguono con un interesse generato solo dagli stessi Media ora una diatriba ora un’altra, persino appassionandosi. L’attenzione sviata verso altre tematiche funziona, con buona pace di tutti.
 
Che importa se la nazione crolla, se la cittadinanza naufraga, se i più deboli arrancano? Carne da macello tutti e tutto, ecco cosa.
 
D’altra parte ormai il percorso dell’outing su ogni cosa, ha fatto si che persino il peggiore degli scandali non faccia più quasi effetto sull’opinione pubblica. Oggi si è abituati talmente tanto a delitti di ogni genere, da cercare in maniera sfrenata qualsiasi cosa che aguzzi l’interesse.
 
Fra un nuovo dibattito, una nuova propaganda ed una nuova speculazione sull’immagine di chi l’Informazione la crea, tutto il resto viene fagocitato nella caverna dei disperati. Le stesse silenziose vittime che ora si nutrono di qualcosa che non gli appartiene ma che sfavilla e brilla come il più grande dei diamanti: i garanti dell’esistenza altrui, che ormai non garantiscono altro se non una dubbia capacità di esser di utilità a chicchessia.

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