Morte di Lo Porto. Su Obama, i droni e quel problema chiamato “omicidi mirati“

par Andrea Intonti
sabato 25 aprile 2015

 


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35-40 parlamentari. A tanto ammonterebbe il numero di deputati presenti ieri in aula mentre il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferiva in merito all’omicidio di Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano ucciso in un attacco di droni americani nella valle dello Shawal, in Waziristan, area da sempre “calda“ al confine tra Pakistan ed Afghanistan.

Una presenza ben più ampia dei soli cinque membri del Congresso statunitense che nel 2013 hanno accolto Rafiq ur Rehman - insegnante di quella stessa regione - e i due figli, Zubair (12 anni) e Nabila (9), che al governo del Premio Nobel per la Pace Barack Obama - riporta un articolo di Ryan Devereaux su The Intercept - chiedevano risposte in merito all’omicidio di Momina Bibi, 68enne madre di Rafiq, uccisa come Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein in uno dei tanti raid “mirati“ con i droni che hanno colpito l’obiettivo sbagliato o hanno portato molti più danni collaterali che omicidi pienamente riusciti.

Il Presidente americano si è giustificato dicendo che nel compound dove erano detenuti i due cooperanti fossero presenti solo membri di alto livello di Al Quaeda (l’uso dei droni è infatti possibile solo se in presenza di alti vertici delle organizzazioni terroristiche, cosa che né Ahmed Farouq né Adam Gadahn erano, secondo la ricostruzione del giornale statunitense) e nessun civile, nonostante le «centinaia di ore di sorveglianza» sul compound. Sorveglianza di qualità evidentemente inferiore rispetto a quella utilizzata per il raid e il successivo omicidio di Osama Bin Laden nel 2011.

Questa vicenda porta ad almeno tre riflessioni:


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