Morire a 17 anni, ancora una volta

par Giorgio Mennella
lunedì 24 novembre 2008

Ancora una volta. Senza alcuna reazione. Nel paese dei balocchi può succedere anche questo. Ti svegli una mattina e in TV intravedi l’ingresso di un liceo. Pensi ad un’occupazione, non ti meraviglia, come ogni fine novembre che si rispetti anche questa deve avere le sue occupazioni prenatalizie. Ma ancora una volta il nostro paese riesce a stupirti. Nessuna occupazione per ora al Darwin di Rivoli. Forse, una volta tolti i sigilli della polizia, i ragazzi ne faranno una. In Italia può accadere anche questo, che tubi di ghisa si stacchino dal soffitto e cadano per “una tragedia incomprensibile” sugli alunni seduti in classe. V. S. non ce l’ha fatta, a 17 anni, schiacciato tra i banchi.

Ti attacchi al computer cercando di capire come sia stato possibile. Gli esperti parlano di calcinacci, vento forte, cavi che si allentano e controsoffittature che cedono.

Ti brucia dentro.

Non lo sopporti, non sopporti che si possa morire a 17 anni a scuola perché nessun cazzo di funzionario si sia reso conto che un edificio così non lo puoi riempire di alunni. Dicono possa essere stato il vento.



Cos’è il Darwin la casa dei tre porcellini?

Per l’ennesima volta non credi i giornali, e non si tratta di politica ora. E’ qualcosa di intimo. Che taglino i fondi alla ricerca, che li taglino pure alla scuola pubblica e che ci impongano il maestro unico, ma non si può lasciar morire così un ragazzo. A scuola.

E ricordi il tuo di liceo, di quando non sapevi se a stringerti lo stomaco fosse la tensione per l’interrogazione o la ragazza della classe in fondo al corridoio, di quando tutto era importante, anche il più semplice bigliettino, purché lo avesse scritto lei. Serri i pugni.
Ti senti forte al liceo. Ti sentivi forte…


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