Morire a 14 anni

par Francesco Piccinini
sabato 20 settembre 2008


E’ come un macigno che non mando giù da anni. Mi si è messo di traverso e mi provoca conati di vomito e rigetto verso la mia città a intervali regolari. Io non riesco ad accettare che si possa morire a 14 anni, uccisi da un far west metropolitano. Un far west che se non fosse morta, Annalisa, sarebbe stato un altro classico muro di omertà. Non me ne riesco a fare una ragione. Non capisco neanche bene quello che è successo dopo, perchè sa di piombo e come il piombo è amaro. Ero in una sala di montaggio della Rai a chiaccherare con Luigi Necco, quando gli squilla il cellulare: annuisce, è silenzioso, qualcosa non va. Chiude il telefono. In quel momento ho visto un signore di 70 anni (era il 2004) e cento chili accasciarsi come un bambino. Ho visto un giornalista di 70 anni, gamibizzato dalla camorra, avere ancora la forza di indignarsi e commuoversi. Aveva gli occhi lucidi, mi ha guardato e mi ha chiesto: "ma in che città di merda viviamo?". Non so chi fosse dall’altra parte del telefono, so solo che gli avevano appena raccontato l’ennesima storia di questa città. Ad un padre a cui avevano ucciso la figlia veniva inflitta un’altra pena, a Napoli non si soffe mai troppo. Il papà di Annalisa stava cercando testimoni, entrava nei negozi, si presentava, chiedeva, salutava. Appena usciva due ragazzi vestiti Paciotti entravano, anche loro si presentavano, imponevano e non salutavano: "non avete visto nulla".

Cronache napoletane...

 


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