Monti vuole tassare i consumi anziché i redditi

par alessandro marmiroli
venerdì 16 marzo 2012

Monti vuole spostare l'asse fiscale verso le imposte sui consumi. Una scelta da valutare con attenzione a causa della situazione che ciò creerebbe per i redditi più bassi.

Il Governo tecnico ha dichiarato la propria intenzione di spostare l’asse dell’imposizione fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta, ossia di colpire maggiormente i consumi anziché i redditi. Si tratta forse di una rivoluzione nel nostro sistema fiscale e le conseguenze possono essere molto varie, da valutare perciò con attenzione. Sul passaggio ad un sistema più sbilanciato verso le imposte indirette vi sono diversi argomenti pro e contro che potrebbero essere riassunti, almeno in parte, nei seguenti.

Tassare i beni in commercio provoca un aumento dei prezzi che rende i consumi più costosi, il che, se può deprimere questi ultimi, automaticamente premia il risparmio. Un possibile effetto positivo della proposta del Governo potrebbe quindi essere quello di stimolare il risparmio delle famiglie e risparmio, è noto, significa investimento. Se è chiaro che si tratta di distorsioni nelle scelte, più difficile è però prevedere se il beneficio del maggior risparmio possa essere superiore al “danno” del minor consumo.

Tassare di più i consumi potrebbe poi rendere meno pressante il problema dei redditi non dichiarati al fisco in quanto i guadagni, leciti o meno che siano, sarebbero comunque colpiti nel momento in cui vengono spesi (il che, certo, non significa libertà di abbassare la guardia sull’evasione fiscale).

La principale conseguenza negativa riguarda invece la diminuzione dell’equità del sistema fiscale. Le imposte indirette, delle quali l’Iva rappresenta la più importante, sono regressive. Infatti, nonostante oggi in Italia questa imposta sia applicata tramite tre aliquote (al 4%, 10% e 21%) con le due minori gravanti sui beni di largo consumo che assorbono la maggior parte della spesa delle fasce più deboli, la quota di reddito di una famiglia povera prelevata dall’Iva è relativamente maggiore di quella prelevata sul reddito di una famiglia ricca.

Ancora non è noto come il Governo intenda dar attuazione al suo annuncio, per il momento è solo previsto l’aumento delle ultime due aliquote Iva al 12% e 23%. Una possibile via alternativa che potrebbe essere presa in considerazione e che avrebbe anche il merito di semplificare la gestione dell’imposta, potrebbe essere quella di passare dalle tre attuali aliquote ad una sola, ad esempio compresa tra il 15% e il 20% del prezzo di ogni bene e servizio in commercio. Questo certamente renderebbe l’imposta ancora più regressiva, poiché colpirebbe i generi di largo consumo, alimentari in primis, ma avrebbe il merito di aumentare il gettito e creare cosi nuove risorse da redistribuire. A quel punto si potrebbe intervenire sulle imposte dirette (più efficaci nel perseguire obiettivi equitativi) come l’Irpef, con interventi a favore dei redditi più bassi per restituire equità al sistema.


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