Monti: la faccia rispettabile del berlusconismo

par Camillo Pignata
giovedì 23 febbraio 2012

Questa la situazione di alcuni mesi fa. I dati Istat indicavano la disoccupazione al 27,9%, mentre l’OCSE e Confindustria rivedevano al ribasso le stime per la crescita economica: Pil del 20011 allo 0,7% (dati OCSE), Tremonti aveva previsto l’ 1,1%; per il 2012 la Confindustria prevedeva un PIL allo 0,2% mentre lo spread con i titoli tedeschi si attestava tra 500/550 punti.

E il Governo pensava a portare i ministeri al nord. Gli enti locali protestavano contro il Governo, la Confindustria e i sindacati criticavano severamente la manovra, e il Governo pensava alle Intercettazioni. Nelle sedi internazionali ridevano di noi. E il governo pensava a salvare Milanesi e Romano.

Domande piene di angoscia si accavallavano nella mente. Le intercettazioni, la secessione, Milanesi, e poi il Ministro Romano, erano più importanti delle sorti del paese? Che cos’altro doveva accadere perché il Governo e la maggioranza si occupassero a tempo pieno della crisi? Che cos’altro doveva accadere perché il Governo, di fronte ad un futuro pieno di incognite e di pericoli, non lasciasse la gente da sola con le sue paure, le sue ansie?

E mentre l'esecutivo era impegnato a soddisfare gli interessi processuali e personali del premier e della sua cricca, e a sostenere la campagna elettorale della Lega secessionista e xenofoba, la sinistra era imbrigliata dai lacci di un amalgama mal riuscito tra ex dc e ex pci, esprimeva soluzioni rabberciat ,fatte di silenzi e mezze parole, incapace di ipotizzare un’alternativa.

Non eravamo abituati a vedere una persona seria, una persona capace,una politica dei fatti. E’ venuto Monti e abbiamo perso la testa, al punto da considerarlo un uomo di sinistra. Abbiamo confuso la necessità di un intervento con la sua giustezza, l’appoggio ad un Governo, con la rinuncia alle nostre idee.

E’ stata accettata e condivisa la politica del rigore per abbassare lo spread, fino al punto di consentire il commissariamento di un Paese, ma senza pace sociale gli spread non diminuiscono. E Abbiamo giustificato l’attacco ai diritti sociali, alla povera gente senza chiedere proporzionali sacrifici all’impresa e alla finanza ecc.

E ci siamo ben guardati dal chiedere al professore una presa di posizione del governo contro il crunch bancario e lo strapotere politico della finanza che detta i programmi di governo e blocca i referendum elettorali, e interviene sui programmi dei partiti, sulla Tobin tax come freno della speculazione finanziaria, sulla Grecia affamata costretta a comprare armi per avere aiuti . Senza colpo ferire è stata accettata la riforma della pensioni per aiutare giovani, ma ai giovani niente è arrivato, solo una riduzione dei posti di lavoro per l’aumento dell’età pensionabile.

E nel silenzio di tutto e di tutti, mentre il mondo parlava di crisi del capitalismo, Monti avviava il cantiere della nuova destra italiana, e il passaggio da un regime affaristico ad un regime finanziario. Il tutto in continuità con Berlusconi, nelle cose che il cavaliere avrebbe voluto fare e non ha fatto, perché troppo impegnato a difendersi dai processi, a difendere Mediaset e il suo potere in Rai.

Una continuità che si esprime nella riduzione dei diritti sociali, nel contrasto verso la concertazione, nel rapporto arrogante con i sindacati, nella riduzione di risorse agli investimenti industriali, ma anche nel sapiente uso dei mezzi di informazione, nella difesa del capitale.

Tutti capitoli di un medesimo spartito. Cambia la destinazione dei profitti, che nel periodo berlusconiano era diretta a singoli imprenditori, alle varie cricche, nel periodo montiano al capitale finanziario. 

Berlusconi ha depauperato il Paese e lo ha consegnato inerme alla speculazione finanziaria. Monti lo ha inserito in una spirale recessiva (spirale + rigore +recessione +spesa pubblica +rigore) che lo riconsegnerà inerme alla speculazione finanziaria.

E non a caso la lettera programmatica della BCE ha rappresentato per questo governo un programma più che subito accolto e condiviso. Un tassello di linea di politica economica che mira a schiavizzare i lavoratori e salvare le banche, piene di titoli spazzatura, dal fallimento. E in tale contesto si muove il tanto elogiato aiuto alla Grecia, che è una partita di giro: si danno i soldi agli Stati perche questi li diano alla banche greche e tedesche.

Nell’Europa liberista il fallimento delle banche è un tabù, non è tabù l’art 18 in Italia, l'eliminazione del contratto collettivo in Grecia. I lavoratori possono fare la fame le banche non possono fallire. Vero è che togliere ad un paese la funzione creditizia e quella sociale significa distruggerlo, ma è anche vero che questa funzione può essere salvata senza schiavizzare la povera gente, con la nazionalizzazione ad esempio. Mentre un silenzio di tomba avvolge il crunch delle banche, l’assenza di una politica industriale.


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