Monti: a destra, solo nel deserto

par Daniel di Schuler
mercoledì 12 settembre 2012

Secondo un sondaggio condotto da Demetra per Demos e pubblicato da Repubblica, il 55% degli italiani ha fiducia in Mario Monti e il 52% di loro pure nel suo governo. Un risultato certo positivo, per il presidente del Consiglio, soprattutto se confrontato con quello dei capi della politica. Di questi, Renzi, è l’unico a superare la soglia del 40%, Bersani è appena oltre quella del 30%, mentre Di Pietro, Casini, Vendola e Alfano arrivano solo a sfiorarla. Peggio ancora fanno Berlusconi, di cui si fida ormai solo il 19% degli elettori, e Bossi che arriva a convincere solo il 9,5% degli intervistati.

Detto questo, però, gli altri dati tracciano un quadro della situazione che, anche per Monti, e tutt’altro che incoraggiante. Nessuna delle scelte, fin qui operate dal suo governo, gode dell’approvazione dei cittadini; le liberalizzazioni (le pochissime fin qui fatte) convincono solo il 39% di loro, mentre la riforma delle pensioni, quella del lavoro e l’introduzione dell’IMU, vedono d’accordo solo poco più del 20% degli italiani.

Monti, insomma, va bene, soprattutto perché non si vede altro all’orizzonte, ma nessuno vorrebbe pagare i costi del risanamento che pure è necessario sia compiuto. Molti sembrano non aver capito un paio di semplici dati di fatto: che lo Stato non ha risorse per fare altro che puntellare la baracca e che la nostra società ingessata, prima che la nostra economia, sta perdendo competitività da decenni. Vorrebbe, la maggioranza di noi, che si facessero politiche di sviluppo, ma senza che gli sia chiesto un centesimo (e infatti sul come finanziare lo sviluppo regna un silenzio assordante) e, soprattutto, senza cambiare in nulla le proprie abitudini, mentali e non.

Lo stimato Professore, insomma, è lì per metterci la faccia, ma anche chi si fida di lui, vuole che si adoperi, in realtà, il meno possibile. Sorprendente, almeno per chi crede che alla base della politica dovrebbero stare principi ed ideali, è inoltre costatare che proprio a destra, tra gli elettori del PDL e della Lega, regni il massimo malcontento. 

Il liberal-cattolico presidente del Consiglio, infatti, se è approvato da un sorprendete 74,5% degli elettori PD, che danno, una volta di più, prova del loro senso di responsabilità (non è dei loro, lo sanno, ma pensano serva al paese), ed arriva a convincere poco meno della metà di chi voterebbe per SEL ed IdV, è sostenuto solo dal 44% dell’elettorato PDL (il partito della “rivoluzione liberale” berlusconiana e del costante richiamo ai ”valori tradizionali) e dal 35% di quello leghista.

Monti, detto altrimenti, si trova a dover portare avanti le proprie politiche, sorretto da un'alleanza che è zoppa, nella società come in parlamento, proprio dalla parte che dovrebbe essere quella a lui più vicina; diventa quindi comprensibile come mai abbia potuto fare solo il minimo indispensabile per tenere a galla il Paese.

Restano a sostenerlo fedelmente, dentro l’area che dovrebbe essere la sua, UDC e FLI, ma anche questo, non so fino a che punto possa fargli piacere. Non solo i due partiti hanno un peso tutto sommato modesto (riscuotono, rispettivamente, il 7,8 e il 2,8% delle intenzioni di volto), ma si portano dietro scorie del passato, e tanto pesanti da rendere difficile credere che il loro appoggio possa essere altro che tattico.

Guardando al partito di Casini, in particolare, basta fare un elenco dei suoi maggiorenti per restare, a dir poco, sconcertati. Che l’accoppiata De Mita- Pomicino, protagonista delle folli politiche di spesa che, negli anni del pentapartito, hanno devastato il nostro bilancio, possa ora contribuire al suo risanamento, pare risibile.

La pensa così anche Italia Futura, la fondazione di Montezemolo, che, in un editoriale pubblicato sul suo sito, ha anche accusato l’UDC di fare “pesca a strascico”, cercando di attirare nelle proprie file alcuni ministri ( in particolare, lasciava intendere senza dire, Passera), per sfruttare in chiave elettorale il credito che il governo Monti ha tra i cittadini.

Un’accusa forse giustificata, ma che arriva da chi sta ormai da troppo tempo alla finestra e sembra non avere la minima intenzione, in un momento tanto difficile, di esporsi in prima persona. Un liberale che si augura, forse sinceramente, il successo di Monti, ma che non osa uscire da dietro le quinte. Che, e per un imprenditore dovrebbe essere un controsenso, non vorrebbe rischiare proprio nulla.

Tra amicizie timide ed altre interessate, ricatti, giri di valzer e il malumore dell'elettorato, la verità è che oggi, a destra, Monti non ha nessuno su cui possa contare per davvero e fino in fondo.

Da quella parte è, e soprattutto resterà, se dovesse fallire, solo in un deserto.


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