Moderazione salariale: più lavoro meno reddito?

par Professional Consumer
venerdì 30 luglio 2010

Moderazione salariale e flessibilità del lavoro, recita la BCE nel bollettino mensile.

Dicono: âesiste il rischio che la creazione di posti di lavoro risulti insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo se la moderazione della dinamica salariale non sarà sufficiente a stimolare lâofferta di lavoroâ.

La Banca Centrale Europea sembra intendere che solo redditi moderati e flessibilità possono dar corso ad occasioni di occupazione. Sì, insomma, chi deve produrre produrrà perchè ha un costo del lavoro al minimo e la flessibilità al massimo.

La regola: bassi redditi, gente disposta a tutto pur di lavorare; così si produce, si cresce.

Altro giro, altra corsa.

Draghi, governatore della Banca d’Italia, intravvede: “consumi insufficienti ed investimenti deboli perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte”. Insomma, non si cresce.

La regola: occorrono redditi adeguati per far consumare quanto prodotto; così si cresce, si investe, si produce, si crea occupazione.

Ricapitolando: per la prima, si cresce se il costo e la flessibilità della forza lavoro rendono conveniente produrre; per il secondo si cresce se i redditi da lavoro sono sufficienti a smaltire quanto prodotto.

I banchieri europei chiedono che si produca anche se verranno a mancare i redditi adeguati per acquistare quanto prodotto; il banchiere italiano auspica redditi adeguati che faranno consumare ma appesantiranno il costo delle merci prodotte rendendole poco appetibili.

Fiuuuuu: contraddizioni.

Due ipotesi di scuola, due mezze verità.

E sì perché nell’economia dei consumi - quel sistema circolare e continuo dello scambio offerta/domanda che genera ricchezza - produzione e consumo legati da un patto di necessità hanno l’obbligo, l’uno di sacrificare il reddito al costo del lavoro per rendere competitivo il prodotto; l’altro disporre del reddito adeguato che consenta di acquistare quanto prodotto.

Per uscire dall’assillo occorre individuare il punto di equilibrio tra cotanto contrasto: si può contenere il costo del lavoro di produzione per mantenere i margini di utile e continuare a produrre; si deve retribuire altresì quel lavoro di consumazione che smaltisce e fa nuovamente produrre.

Il costo di questo equilibrio deve essere ascritto alla voce profitto dei bilanci aziendali.

Già, il profitto, quella forma di reddito che remunera le incertezze ed il rischio di impresa.

La pratica di consumazione retribuita, assume l’onere dello smaltimento del prodotto et voilà meno incertezze, meno rischio d’impresa.

Essì, redistribuiti i rischi ed i carichi di lavoro, stessa sorte tocca ai redditi: un riequilibrio economico tra le parti, insomma. Tutto qui.


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