Mini: quel provvedimento che trasforma il Ministero della Difesa in "piazzista" per Finmeccanica

par Francesco Finucci
mercoledì 19 giugno 2013

Un rapporto delicato, quello tra industria militare e difesa. Rapporto che forse non sarà più lo stesso, se avrà luogo la modifica del Codice dell'ordinamento militare che verrà oggi discusso in Consiglio del Ministri. A spiegarlo il generale Fabio Mini, ex-comandante della missione Nato in Kosovo. La proposta? Un impulso a trasformare la difesa in trafficante d'armi.

È il Generale Mini a sottoporre la questione all'opinione pubblica: un (sostanzioso) regalo all'industria bellica contenuto nel DDL semplificazione presentato il 23 Aprile 2012 e ora al vaglio del Consiglio dei Ministri. Un regalo che si troverebbe all'Art. 4, comma 2a:
 
"Il Ministero della difesa, nel rispetto dei princıpi e delle norme in materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, puo' svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, attività di supporto tecnico-amministrativo ovvero contrattuale, per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale e per le correlate esigenze di supporto logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati, nei limiti e secondo le modalità disciplinati nei citati accordi".

Il significato di tali parole? Lo spiega lo stesso Mini: "Istituzionalizzare il ruolo della Difesa come trafficante di armi e piazzista estero al servizio di Finmeccanica, sdoganando il gigantesco conflitto di interessi tra apparato militare e industria bellica". Conflitto - continua Mini - chiaramente preesistente; ma che verrebbe così finalmente identificato come prassi standard, dunque accettabile come mero status quo.

L'attacco del generale non finisce però qui: un legame istituito ormai tanto solido da creare un vero e proprio meccanismo di scala sociale all'interno del mondo militare: commesse contro gradi. "Non conosco colleghi che non l’abbiano fatto, e molti, quelli che io chiamo ‘piazzisti’, hanno costruito così le loro carriere e le loro ricchezze". Un mondo, insomma, non propriamente fedele alla bandiera come elaborato in una sopita ma mai persa memoria patriottardo-futbolistica.

Al di là però delle mene (anti)militariste dello scenario nazionale, il fulcro della questione si viene a costituire proprio attorno allo sdoganamento del commercio di armi dove questo significhi operare una feroce repressione dei civili o l'allargamento del conflitto a dimensioni non possibili senza l'intervento straniero. Lo sanno bene i ribelli siriani, che hanno respinto l'ipotesi di nuovi contingenti sul loro territorio -prodromi di una occupazione para-afgana- e hanno invece chiesto armi, puntando al cuore delle lobby americane che subito si sono commosse, convincendo Obama.

Ogni fucile venduto significa infatti l'istituzione di un rapporto di forza: forza dei signori della guerra sulla popolazione locale, forza del produttore sui signori della guerra e forza dello stato sul produttore. Ma anche viceversa, in un circolo vizioso dove finiscono anche gli scarti di una produzione ombra che non di rado vanno a smaltire pezzi "proibiti". O peggio alimentano le posizioni non esattamente democratiche di signorotti locali con l'hobby della tortura. Come in Somalia, dove l'Italia ha avuto un ruolo di fedele alleato, vendendo armi e lasciandone come risultato questo: un ometto altezzoso che ai fischi contro il regime durante una partita di calcio bellamente spara sulle tribune, facendo 7 morti.

Ci sarebbe insomma parecchio da dire sulle armi italiane che girovagano per il mondo facendo massacri, ma le parole di Mini danno un'idea forse nuova a noi comuni mortali - abituati a sentir parlare dei brutali e rozzi americani con le loro lobby militari - di quanti peccati ci sotterriamo dentro per sentirci migliori degli altri e poter mangiare sangue facendolo passare per ragù. Di Paola, Ministro della Difesa ai tempi del DDL - si sa - è uomo di lobby. Ma quale scusa avete voi? Ora sapete.


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