Mineo e il caso "Cara", tra solidarietà e business
par Giacomo Belvedere
lunedì 11 novembre 2013
Il mega Cara di Mineo (Catania), il più grande d'Europa, è un errore annunciato sin dall'inizio e un luogo in cui si attua una vergognosa sospensione del diritto. Diverse sono le posizioni con cui le forze politiche della città di Capuana affrontano la questione. Ma sono tutte riconducibili a due tipi di approccio: uno "introverso" e uno "estroverso" spesso trasversali alle forze in campo. L'analisi del dibattito politico sul Cara nel piccolo centro siciliano è interessante perché Mineo riflette, come un microcosmo, tutte le contraddizioni, le inadeguatezze e approssimazioni della politica nazionale sull'emergenza migranti. Il caso Cara è destinato ancora - come rivela l'articolo - a riproporsi inalterato per i prossimi 6 anni, nonostante le promesse di un cambiamento delle politiche sull'emigrazione dopo la tragedia di Lampedusa.
A rendere esplosiva la situazione, oltre alle criticità, per dir così, strutturali della questione, ci si è messa anche la snervante lentezza burocratica con cui si espleta l’esame delle richieste dei richiedenti asilo. L’unica commissione territoriale di Siracusa è inadeguata a reggere una tempistica che, secondo la legge, dovrebbe essere di 20/35 giorni. Leggiamo nel sito del Ministero dell’Interno la definizione di Cara: «Cara: (DPR 303/2004 - D.Lgs. 28/1/2008 n°25). Sono strutture nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato». Nulla di tutto questo al Cara di Mineo, dove i migranti devono attendere un anno, anche due, prima di vedere esaminati i loro casi. Il centro di accoglienza di contrada Cucinella (e non solo quello) è dunque ampiamente fuori legge.
I ritardi nella formalizzazione della richiesta di asilo hanno fatto sì che si trattassero i richiedenti asilo come se fossero comuni immigrati irregolari, segregandoli in luoghi in cui di fatto c’è una sospensione del diritto. Ma invece di moltiplicare le commissioni, per mettersi in regola con la legge, le si sono ridotte da due a una. Anche in questo caso occorre dire che il problema non è frutto di un fato imperscrutabile ma di precise scelte (o non scelte) politiche degli organi responsabili. Si è creata in tal modo una “bolla” umanitaria altrimenti evitabile, inflazionando il problema e gonfiando a dismisura l’emergenza. Un disastro antropologico ma anche un grande business. Che, a quanto pare, come si vedrà, è destinato a prolungarsi per altri sei anni.
DUE MODI DI VEDERE IL PROBLEMA - Nel dibattito sul Cara in cui sono coinvolte tutte le forze politiche menenine, si riflettono, come in un microcosmo, tutte le contraddizioni, le inadeguatezze e approssimazioni della politica nazionale in materia di emergenza migranti. E dunque l’analisi del contesto municipale menenino è interessante perché, in piccolo, è uno spaccato di quello nazionale. Negli interventi sul tema, si possono ben individuare due diversi modi di guardare alla questione, che spesso sono trasversali alle forze politiche di Mineo e a volte compresenti anche all’interno dello stesso raggruppamento. Giova ricordare che le liste civiche che si sono affrontate nell’ultima competizione elettorale hanno messo insieme sensibilità, storie e idealità politiche e culturali assai diverse tra loro e difficilmente amalgamabili. E che i due tipi di approccio al problema dell’emergenza migranti sono individuabili anche nell’opinione pubblica menenina.
Le due ottiche non sono per forza autoescludenti, ma bisognerebbe avere il coraggio di dire che la seconda, “estroversa”, è prioritaria rispetto alla prima, “introversa”. È la cosiddetta regola d’oro della morale o etica della reciprocità: in un sistema di relazioni interattive si ha l’equilibrio se ciascuna parte ha diritti e doveri. Un elemento chiave della regola è che chi cerca di vivere in base ad essa tratta tutte le persone, e non solo i membri della propria comunità di appartenenza, con rispetto. Ne derivano due regole secondarie: quella della complementarità, che afferma che i diritti di ciascuno sono un dovere per l'altro; e quella della solidarietà, secondo cui, se l’altro è in stato di menomazione dei diritti ho il dovere della solidarietà per ristabilire l’equilibrio. Questa regola la si trova in tutte le culture e religioni. Nelle massime di Epitteto o di Budda e nel Vangelo di Cristo.
Il 31 dicembre 2012 è stata dichiarata conclusa l'emergenza umanitaria Nord Africa. I Cara sono stati chiusi, ad eccezione di quello di Lampedusa e di quello di Mineo. Il successivo 8 marzo è stata siglata la convenzione tra Prefettura di Catania e il Consorzio "Calatino Terra d'Accoglienza”, costituito dai comuni di Mineo, S. Michele di Ganzaria, Vizzini, S. Cono, Ramacca, Raddusa e Licodia Eubea per la gestione ordinaria del Cara di Mineo. Il Consorzio è diventato dunque il soggetto attuatore, sostituendosi alla provincia di Catania. Per il centro di Mineo si era raggiunto inizialmente un accordo per prolungarne la vita fino a giugno (la copertura finanziaria arrivava fino al 30 giugno), ma successivamente si è avuta un’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2013. Ma sembra che nemmeno questa data sia definitiva. Il 2 ottobre scorso, infatti, la Prefettura di Catania, su indicazione del Ministero dell’Interno, ha inviato una nota al Consorzio "Calatino Terra di Accoglienza” chiedendo «un valido e documentato titolo di disponibilità di una struttura idonea all’accoglienza di 3.000 immigrati ai fini della sottoscrizione di una convenzione triennale per la gestione di un Centro Cara».
Tre anni prorogabili per altri tre, come si evince dall’Avviso pubblico con cui il Direttore Generale del Consorzio, Giovanni Ferrera, ha avviato un’indagine di mercato per l’individuazione dell’immobile da destinare a Cara. E dunque, con ogni probabilità, per i prossimi sei anni non solo non si sconfesserà affatto la politica del mega Cara, ma si continuerà ad ignorare ancora una volta il Patto per la Sicurezza, siglato dai sindaci il 28.03.2011, che impone di non superare il tetto massimo di 2000 unità tra i migranti accolti al “villaggio della solidarietà”. Un Patto, tuttavia, di cui gli stessi Sindaci, che ne dovrebbero essere i garanti, non sembrano tener conto in quanto membri del Consorzio. Come se fossero affetti dalla sindrome bipolare del dottor Jekyll e Mr Hyde.
È degno di menzione, inoltre, il fatto che il rispetto del Patto è una delle prime richieste formulate nella mozione votata dal Consiglio comunale menenino. Ma tant’è. Considerando che i requisiti richiesti per la struttura dove allocare il Cara rispondono esattamente all’ex “Residence degli aranci” della Pizzarotti, dismesso nel 2011 dai militari statunitensi in contrada Cucinella e oggi “Villaggio della solidarietà”, e che nei dintorni del territorio calatino non sembra ci siano tante altre strutture in grado di ospitare 3.000 migranti, pare proprio che per i prossimi 6 anni non ci saranno grandi novità. E dunque i proclami e i propositi annunciati in questi giorni in merito a un cambiamento delle politiche in tema di emergenza migranti sono da considerare carta straccia o, al più, uno specchietto per le allodole. Tutto cambia perché niente cambi. Il mega Cara sembra dunque resistere a tutte le intemperie, inossidabile. Cara forever. “Nihil novi sub sole”. Il sole tramonterà ancora centinaia di volte sopra Cara di Mineo, ma illuminerà sempre lo stesso endemico problema irrisolto.