Militari, islamisti e piazze egiziane
par Enrico Campofreda
lunedì 7 maggio 2012
Ciò che appare al Cairo dopo giornate piene di morti, feriti, arresti, proclami e riunioni è una spaccatura non solo fra la piazza che protesta e la Giunta militare che reprime ma fra il vertice e la base degli stessi partiti colpiti dai baltagheyah prima e dall’esercito poi. L’incontro avuto domenica mattina da alcuni rappresentanti dei maggiori gruppi islamici (Partito della Libertà e Giustizia e Al-Nour) con Sani Anan, capo dello staff del Consiglio Superiore delle Forze Armate, può non sorprendere in sé. Sorprende il repentino abbandono della protesta formale con cui i due schieramenti avevano rifiutato l’invito del governo a discutere della situazione dell’ordine pubblico. Entrambi volevano aggiungere quest’ulteriore dissenso alla richiesta di dimissioni per Tantawi e Ganzouri avanzata già da settimane.
Ancora l'altroieri la Fratellanza Musulmana aveva lanciato un comunicato ufficiale in cui fra il politico e il teologico ricordava: la sacralità della vita, la responsabilità della Giunta che non garantisce la sicurezza d’inermi manifestanti, gli arresti di quest’ultimi (oltre trecento fra cui alcune donne) e di nessun baltagheyah, e non ultima la repressione di giornalisti. Ma per la moderazione acquisita da tempo e da buon movimento di potenziale governo, la Confraternita faceva un distinguo fra un esercito composto di figli e fratelli egiziani di cui bisognerà fidarsi per la difesa dei confini nazionali e i generali del CSFA. Soltanto a quest’ultimi s’addebita quel che da sedici mesi accade nel Paese e, si fa intendere, sono loro che devono lasciare comandi e ruoli.
Eppure se mai il ricambio avverrà non dovrebbe rivelarsi cosa facile. Nel rimpiazzare i vertici militari un ipotetico governo islamico potrebbe seguire l’esempio erdoganiano dei mesi scorsi praticando sulle gerarchie un sottile gioco di “bastone e carota”. Ma questo potrebbe accadere solo dopo aver consolidato negli anni un consenso popolare che per ora è all’esordio. A deludere la piazza e mostrare un approccio dialogante coi militari subito dopo l’ulteriore spargimento di sangue ci si è messo anche l’esponente salafita Ashraf Thabet.
E sabato il Parlamento ha ribadito la sua propensione al compromesso: ha deciso di cancellare l’articolo che concedeva ai presidenti tale opportunità senza però intaccare la prerogativa delle Forze Armate di poter giudicare i civili davanti alle sue Corti. Una sorta di legge marziale mascherata che Mubarak usava proprio contro gli islamisti.