Milano ed il nuovo proibizionismo. Alcool: ti avrò ad ogni costo

par Emilia Urso Anfuso
martedì 21 luglio 2009

All’inizio del ‘900 negli Stati Uniti, il diffuso consumo di alcool nella popolazione, ed una tendenza tutta conservatrice spinta fino ad un eccessivo puritanesimo contro qualsiasi stile di vita letto come vizioso, portò alla storica decisione del divieto di “produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche” così come era possibile leggere nel XVIII emendamento alla Costituzione Americana, creato alla bisogna.

Iniziò così, quello che fu definito il periodo del proibizionismo. Servì questa massima restrizione contro l’utilizzo degli alcolici a mantenere una linea di moderazione fra gli utilizzatori ed i produttori delle bevande incriminate? Assolutamente no.

Come accade sempre quando, piuttosto che fornire campagne d’informazione e di sensibilizzazione di massa, si generano atti coercitivi che spingono la gente a comportamenti esattamente opposti alla normativa restrittiva.

 
La popolazione americana infatti, piuttosto che aderire ad una regola che doveva tener tutti molto lontani dalla bottiglia e dall’abitudine generale ad alzare il gomito, si ingegnò in tutti i modi, creando ritrovi “segreti” ove poter attingere ai liquidi alcolici e dove le grandi organizzazioni criminose, trovarono affari sicuri e molto redditizi: nacquero così quelli che furono denominati “speak easy”, i bar clandestini dove fiumi di alcolici venivano versati e venduti ad ogni ora del giorno e della notte.
 
In circa quattro anni, il consumo medio pro capite crollò precipitosamente, ma i dati venivano dalle vendite bene o male controllabili e non certo da quelle reali che vivevano nel sottobosco delinquenziale e di una popolazione che in questo modo, si ribellava ad una regola imposta alla decisione di vivere nella sregolatezza.
 
E’ da sempre opinione comune che, quando si pongono limiti o divieti, la mente umana subisce una sorta di fascino del proibito, e si genera l’effetto opposto a quello desiderato. Nel periodo del proibizionismo statunitense, furono molti i casi di persone che non erano normalmente dedite al consumo di alcool che decisero di divenirne fautori per il solo fatto che, data la proibizione assoluta, il consumo di alcool assumeva uno spessore altamente desiderabile.
 
Nel frattempo, le organizzazioni malavitose sviluppavano enormemente i loro guadagni e questa fu l’unica ragione per cui, nel 1933 con un ulteriore emendamento (il XXI) l’era del proibizionismo finì. E tutto tornò –più o meno– come prima.
 
Torniamo ai nostri giorni, epoca di proibizioni di vario tipo, spesso scaturite più per la volontà di generare penalizzazioni economiche a chi non osserva una normativa che per prevenire effetti negativi di vario tipo sulla popolazione.
 
Le varie normative italiane per quanto riguarda ad esempio il consumo e la vendita di stupefacenti, non hanno mai sortito realmente un notevole abbassamento del numero delle persone dedite al consumo di droghe. Anzi. Sappiamo perfettamente che da decenni, la prolificazione di piccoli e medi spacciatori è una sorta di conseguenza alle tante limitazioni imposte dalla Legge. Con questo, certamente non si inneggia all’uso libero e sconsiderato di tali sostanze, semmai sarebbe il caso di approntare campagne di sensibilizzazione alla popolazione già fin dalla tenera età, con il lavoro sinergico degli istituti scolastici e delle istituzioni.
 
Ma nulla di questo accade. Almeno non nella norma. Probabilmente se fin da piccoli si venisse educati al benessere e venissero insegnate regole di comportamento e metodi per assicurarsi un’esistenza migliore, molti ragazzi non sentirebbero l’esigenza di provare qualcosa che possa generare in loro sensazioni particolari scambiate per emozioni, di cui tutti si sentono un po’ privati “grazie” anche a stili di vita che sempre più spesso isolano l’individuo a seconda dello stato sociale e del pregresso familiare.
 
I giovani della nostra epoca, sono il frutto di anni in cui gli adulti di oggi hanno generato un complesso compromesso fra i concetti di libertà, accettazione ed adattamento alla società. I genitori dei giovani di oggi, sono loro stessi –spesso– soggetti aggrediti da una comunità che troppo spesso si è evoluta con argomentazioni troppo distanti dalle reali esigenze dell’umanità.
 
Ecco perché, la nuova normativa appena approvata nel Comune di Milano, di proibire la vendita di bevande alcoliche ai minori di 16 anni, deve far riflettere molto attentamente. Se è vero che l’uso indiscriminato di sostanze alcoliche e stupefacenti in età minorile deve assolutamente essere controllato, dall’altro appare lampante come –una volta di più– si sia decisa la strada più semplice della proibizione assoluta, piuttosto che della sana informazione che coinvolga i giovani tutti in un percorso di rivalutazione di principi personali ed anche morali. Rendere i giovani consapevoli, a quanto pare, avrebbe forse sortito un effetto migliore sul medio periodo, ma avrebbe poi tolto la possibilità di generare anche una serie di multe a chi non osservi la nuova regola. Due più due, solitamente fa quattro.
 
Il problema dell’assunzione di alcool da parte di minori, non è infatti qualcosa di misconosciuto o di palesato negli ultimissimi tempi. La comunità italiana conosce bene questa tendenza, ma piuttosto che generare progetti di miglioramento dello stile di vita, si preferisce generare quella che potrebbe essere la consueta “causa / effetto” che possiamo immaginare.
 
I giovani –fra quelli già avvezzi all’alcool– probabilmente scoveranno escamotages sempre più sofisticati per ottenere le bevande alcoliche proibite. In alcuni casi, verranno scoperti e si genereranno le penalizzazioni pecuniarie previste, di ben 450 euro.
 
Per molti sindaci di varie Regioni e per lo stesso Premier Berlusconi, quello della Moratti –Sindaco di Milano– è un esempio da seguire. Il plauso è quasi unanime. Ma siamo davvero sicuri che, questa “Milano da non bere” abbia pensato davvero bene a quali saranno i reali effetti sui giovani di questa regola che rientra nel “piano sicurezza” del capoluogo Lombardo?
 
Chiudere le stalle una volta fuggiti i buoi, si sa, non paga. Ma pagherà salato chi verrà scoperto a raggirare una regola, magari per solitudine, frustrazione o mancanza di valori, sempre più ricercati in fondo ad una bottiglia o sparato nelle vene in fretta, per non sentire il peso di un mondo che non ama più i propri figli.

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