Milano e Roma tra le città più care al mondo, costo della vita altissimo!

par Gregorio Scribano
lunedì 30 giugno 2025

Il recente rapporto World’s Prices 2025 pubblicato da Deutsche Bank riaccende i riflettori su una delle grandi sfide del nostro tempo: la sostenibilità economica della vita urbana. Con oltre 50 città analizzate in base a indicatori che vanno dagli affitti al costo di un cappuccino, dalle tariffe dei taxi al prezzo al metro quadro per acquistare casa, il documento non si limita a stilare una classifica: disegna una vera e propria mappa della pressione economica che milioni di persone affrontano ogni giorno.

Al vertice troviamo nomi già noti nel panorama dell’alto costo della vita: Singapore, Hong Kong, Zurigo, Londra e New York. Sono città che brillano per dinamismo economico e attrattività globale, ma il loro fascino si scontra con realtà quotidiane tutt’altro che accessibili. Pagare più di 3.000 euro al mese per un bilocale in centro è diventato la norma in alcune di queste metropoli; il cappuccino sfiora i 6 euro a Oslo, mentre un abbonamento mensile ai trasporti può superare i 100 euro a Londra o Stoccolma. E non parliamo di lusso, ma di beni e servizi di base.

Il quadro italiano, con Milano e Roma, non è esente da criticità. Milano in particolare consolida la sua posizione tra le città più care d’Europa. Con un prezzo medio di oltre 10.000 euro al metro quadro per una casa in centro, si avvicina ai valori di Parigi e Berlino. Un bilocale in affitto oltre i 1.500 euro, trasporti e ristorazione a livelli elevati, fanno del capoluogo lombardo un caso emblematico: la qualità della vita rischia di diventare un privilegio per pochi.

Roma, più moderata nei prezzi, presenta comunque uno squilibrio preoccupante: i costi fissi rimangono elevati rispetto ai salari medi. Il rischio è la creazione di una classe urbana “soffocata”, costretta a rinunciare a spazi, servizi e mobilità.

Ma non è solo una questione di numeri. Questo rapporto ci invita a riflettere su un paradosso moderno: le città più attrattive sono anche le più escludenti. Le capitali dell’innovazione, della cultura e della finanza sembrano oggi inaccessibili a chi, pur lavorando, fatica a mantenere un tenore di vita dignitoso. L’ascensore sociale si inceppa proprio dove dovrebbe correre più veloce.

Serve una riflessione collettiva, a livello urbano e nazionale, sul concetto di vivibilità. Incentivare l’housing sociale, regolamentare il mercato degli affitti, investire nel trasporto pubblico e in politiche salariali più eque non è solo una scelta economica, ma una necessità democratica. Perché una città non è davvero “grande” se non può essere abitata con dignità da chi la fa vivere ogni giorno.

In un mondo sempre più urbanizzato, il diritto alla città – inteso come accesso equo a spazi, servizi e opportunità – deve tornare al centro dell’agenda politica. Altrimenti, i nostri centri urbani rischiano di diventare vetrine scintillanti ma vuote, popolate solo da chi può permettersele, mentre il resto resta ai margini.

È tempo di ripensare i nostri modelli, prima che a pagarne il prezzo siano proprio coloro che contribuiscono a costruirne il valore.


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