Milan: il ritorno di Kakà, il figlio del cielo

par Gianfranco Fauci
giovedì 5 settembre 2013

Il ritorno di Kakà è molto più del ritorno a casa di un giocatore di 31 anni che aveva lasciato il Milan 4 anni fa per consentire alla società di sanare le perdite di bilancio.

Molto più dell'esigenza da parte delle squadra di ricoprire il ruolo di regista in attesa dell'arrivo di Honda a gennaio. Kakà rappresenta l'esempio più puro e più vero del calcio internazionale, la favola del bravo ragazzo che tutte le mamme avevano adottato e che i bambini avevano eletto come simbolo. Un esempio per tutti in un mondo difficile, quello del calcio, minato dalle scommesse e dai cori razzisti, un calcio che ha la necessità di ritrovare il piacere genuino e nobile che solo uno sport sano può donare.

Un esempio contro la sudditanza nei confronti del dio denaro, uno dei rari casi in cui qualcuno rinuncia ad avere tanto per accontentarsi di molto meno pur di sentirsi in pace con se stesso e a posto con la coscienza, sapendo che per ricevere ancora era venuto il momento di dover dare. Per lui e solo per lui la popolarità va oltre alla capacità di dare calci ad un pallone, il suo sorriso da eterno bambino è in grado di emozionare le tifoserie, anche quelle storicamente più accanite.

Sembra essere collegato con qualcuno lassù, quel qualcuno a cui si rivolge ad ogni goal, come se si sentisse strumento e non artefice delle proprie azioni. Forse è questo il segreto della sua umiltà, l'essere convinto di dipendere da qualcuno di immenso che gli consente di realizzare tanti piccoli miracoli balistici.

Così lui ringrazia, alzando le mani al cielo e regalando il suo sorriso di bambino eterno, e anche noi lo ringraziamo perché i nostri figli hanno bisogno soprattutto di questo, di esempi nobili, e il calcio potrà divenire una grande scuola di vita portatrice di valori veri, di fede, e di umiltà.

 

Foto: Wikimedia


Leggi l'articolo completo e i commenti