Mezzogiorno fai da te?
par Bernardo Aiello
lunedì 31 maggio 2010
Prosegue inarrestabile la produzione di saggistica intorno alla questione meridionale. L’ultimo nato è Mezzogiorno fai da te? di Mario Centorrino ed Alberto Russo, con importanti contributi di Piero David e Domenica Farinella, editore Rubettino, Euro 16,00.
Particolarmente attenta ed esaustiva l’analisi del “grande spreco” dell’intervento straordinario e del fallimento della successiva Nuova Programmazione, analisi ricca di dati numerici sui principali indicatori economici e sociali e che fa esattamente comprendere quell’odierna realtà, che si va definendo come Questione Meridionale.
Accanto a questa analisi, il nucleo del saggio, che ricerca quali risposte possano aversi dalla politica, ed in particolare da quel fermento tutto siciliano, che ha imboccato la via della creazione di una nuova forza politica autonomista; una nuova forza politica che in qualche modo richiama quella leghista settentrionale e che finisce inesorabilmente per “sparigliare” i giochi della contrapposizione fra polo progressista e polo conservatore. In sostanza il Mezzogiorno fai da te? di Centorrino e di Russo si pone come obiettivo la ricerca di una adeguata rappresentanza politica delle istanze meridionali, vista come una conditio sine qua non per il superamento dell’arretratezza e del sottosviluppo del Meridione.
Si resta, però, in attesa, da tutta questa vasta produzione di trattati, di un approfondimento storico sulle ragioni che stanno alla radice del problema meridionale, approfondimento assolutamente necessario anche per chi voglia ricercarne anche possibili rimedi ed adeguate soluzioni.
Bisogna essere consapevoli che la Questione meridionale nasce insieme all’unità d’Italia, al punto che possiamo considerarla una sorta di sua “sorella gemella”: è dell’agosto del 1861 l’invio a Napoli del generale Enrico Cialdini, con poteri eccezionali per affrontare l’emergenza del brigantaggio; è dell’agosto del 1863 la legge Pica, che affidava ai tribunali militari i presunti briganti, i loro parenti e congiunti, ed anche semplici sospetti. Insomma, una giustizia sommaria da “prima linea” del fronte.
Davanti al problema meridionale, la prima, inutile risposta dello Stato è stata quella di una dura repressione di tipo militare: si passa dal generale Cialdini, al prefetto Mori durante il Ventennio, agli arresti ed al carcere duro dell’articolo 41-bis della legge del 26 luglio 1975, n. 354 sull’ordinamento penitenziario.
Accanto al bastone, la carota: decenni di intervento straordinario, i cui infelici esiti sono descritti in maniera esaustiva da Domenica Farinella nel saggio sopramenzionato, poi la Nuova Programmazione, oggi la Banca del Sud.
Visti i risultati, addirittura sembra prevalere una sorta di scoramento, quasi la tentazione di abbandonare come inutile ogni tentativo per risolvere la Questione Meridionale; il che è indice, a parere del vostro reporter, che non la si è analizzata e capita sino in fondo, come oggi si presenta in logica conseguenza delle sue origini e della sua storica evoluzione.
Eppure qualcuno, sulla Questione Meridionale, ha detto qualcosa di diverso. E’ piacevole riascoltarlo, Paolo Borsellino: «La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgeva tutti, e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo della libertà, che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone quando, in un breve periodo di entusiasmo, egli mi disse “ la gente fa il tifo per noi” e, con ciò, non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice, significava qualcosa di più, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze».
Orbene, una corretta rappresentanza politica è il presupposto necessario per la maturazione delle coscienze e per una corretta formazione della pubblica opinione, mentre misure di repressione poliziesca e regalie finanziarie “a pioggia” sono assolutamente estranee al problema, anzi finiscono per aggravarlo.