Mentana: sputare nel piatto dove si è mangiato

par dAW
giovedì 14 maggio 2009

La notizia è di quelle che, nella intenzione degli autori, dovrebbe far preoccupare qualcuno tanto attento al consenso popolare, qualcuno impegnato in una lunga cavalcata solitaria alla guida di questo strano paese.

Non possiamo non parlare dell’intervista che l’ex mitraglia Mentana ha concesso a Vanity Fair per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. La storia è oramai nota: richiesta l’interruzione del Grande Fratello per uno speciale di Matrix sul caso Englaro, alla risposta negativa da parte dell’azienda. Mentana a mezzo stampa si dimise dalla tanto aulica quanto inutile direzione editoriale del gruppo. L’occasione fu ghiotta, per i vertici Mediaset, per dimissionarlo anche dalla conduzione di Matrix.

Non vi è dubbio che al riccioletto qualcosa è andato storto, i maligni direbbero che qualcosa è andato storto al suo progetto martirizzazione. A sinistra un altro caso Sant’Oro sarebbe stato difficile da digerire, soprattutto se protagonista è un (ex) fedele servo berlusconiano, la principale foglia di fico del tycoon prestato alla politica. A destra, beh diciamolo, da quelle parti Mentana, l’ex socialista in quota Bettino, lo si è sempre visto come un bravo giornalista un po’ paraculo.

La stretta di mano con Berlusconi

La sua versione della storia è un’altra, e la leggiamo nell’anticipazione del suo libro di prossima uscita. Il ritratto che ne esce è quello di un Mentana affranto, che supplica il suo Presidente (Confalonieri) di avere un’occasione per lasciare un gruppo diventato comitato elettorale, che festeggia con una cena il ritorno del proprio azionista di maggioranza alla guida del paese. Un appello inascoltato da parte di una persona, Confalonieri, già suo testimone di nozze. Ciò che oggi Mentana rimprovera è essere stato cacciato senza alcun confronto, senza dialettica solo per compiacere il recondito desiderio di chi lo aveva voluto in quel posto: Silvio Berlusconi, appunto.

Peccato che da questa storia Mentana non ne sia uscito bene, anzi, come dicevamo in principio nessun onore delle armi, nessuna fanfara ad accoglierlo, nessun seggio insomma il silenzio. A parte una comparsata ad Annozero dove ad una infelice battuta sul nuovo Matrix fatta dal suo amico Sant’Oro ha saputo rispondere con un sorriso, la sua presenza - oggi - nel mondo dell’informazione è in un cono d’ombra. La professionalità come non era in dubbio prima non lo è adesso, ma è forse la dimostrazione che nel paese qualcosa sta cambiando, che forse queste primedonne pronte a martirizzarsi per un po’ di i luce in più hanno fatto la propria epoca? Qualcuno, certamente, starà gongolando di fronte a questo assist.

La nuova partita che si sta giocando, il caso Veronica lo dimostra, è che per fermare la solitaria cavalcata del Cavaliere stavolta la battaglia non sarà giudiziaria ma mediatica. Minarne la credibilità, incrinare la granitica compattezza del PdL dando risalto, o per meglio dire, esaltando la voglia di distanza che l’istituzionale già leader di AN manifesta quasi quotidianamente, presentando le intemperanze leghiste ed il folklore padano come la faccia di quell’Italia minorata che ha scelto di fidarsi ancora dell’uomo di Arcore. Insomma, ancora una volta, la campagna elettroale dell’opposizione non sarà dettata dalla pancia del proprio elettorato (sempre più allo sbando) ma dai proclami del romanziere leader Pd, dal livore dipietrista e dagli sgambetti di quel giornalismo compiacente che in Italia trova sempre spazio.


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