Meno giovani con un lavoro ma più precari
par Paolo Borrello
giovedì 1 dicembre 2011
Diminuisce il numero di giovani con un lavoro, ma aumentano i precari. E' quanto emerge dalla ricerca Datagiovani che ha analizzato i dati della rilevazione sulle forze di lavoro dell'Istat nei primi due trimestri di quest'anno, stimando il numero dei giovani precari e confrontandolo con il dato relativo al 2007 per valutare come la crisi occupazionale abbia influito sui rapporti di lavoro più instabili.
Dei circa 6 milioni e 100.000 giovani dai 15 ai 34 anni occupati nel nostro Paese, quasi 3 su 10 sono precari: si tratta del 43% dei precari totali. Più della metà sono donne e con l'aumentare del titolo di studio cresce anche la precarizzazione. E mentre il numero di giovani occupati è diminuito del 15,6% dal 2007 per effetto della crisi economica, i contratti precari sono addirittura aumentati.
Complessivamente i giovani precari sono 1 milione e 640.000. Si tratta di lavoratori dipendenti a tempo determinato o part-time che non hanno potuto scegliere una diversa forma contrattuale, nonché di collaboratori e di titolari di partite Iva che di fatto lavorano come lavoratori dipendenti. Su un totale di poco più di 3 milioni e 800.000 precari, quelli che hanno meno di 35 anni sono il 43%.
Esaminando più nel dettaglio i risultati della ricerca emerge che la “fotografia tipo” di un giovane precario è la seguente: dipendente a termine, donna, laureata. Il 70% dei precari con meno di 35 anni è rappresentato da giovani con contratto a termine imposto dall'azienda, componente che però è in leggera flessione, rispetto ad una crescita del 45% dei part-time involontari, ovvero quei giovani che avrebbero voluto lavorare full-time.
Le donne sono oltre la metà dei precari giovani (e più di una ragazza su tre che lavora è precaria). Inoltre, con l'aumentare del titolo di studio aumenta anche la probabilità di precarizzazione, che arriva al 29% dei giovani con laurea, sebbene la crescita nell'ultimo periodo abbia coinvolto sostanzialmente solo i diplomati (+5,3%). Quasi 3 giovani che lavorano su 10 sono precari. I giovani precari sono infatti il 27% degli occupati giovani totali, contro percentuali del 13% o meno nelle altre classi d'età.
Il peso dei precari sull'occupazione giovanile è dunque più del doppio che nel resto dei lavoratori. Inoltre, rispetto al 2007, la componente precaria dell'occupazione giovanile è aumentata di oltre 4 punti percentuali, molto di più che per gli altri lavoratori. Sono di più al sud, ma crescono solo al nord. Nel Mezzogiorno si registra, oltre al valore assoluto più elevato di giovani precari (quasi 487.000) anche l'incidenza maggiore di precari sugli occupati (29%, quattro punti percentuali in più rispetto al Nord).
Ma mentre nelle regioni settentrionali negli ultimi quattro anni i precari sono aumentati, e in misura consistente (in particolare nel Nord-Est, +11%), al sud la flessione di giovani che lavorano si è manifestata anche fra i precari (-5,7%). Non stupisce il fatto che contemporaneamente alla riduzione dei giovani occupati si sia verificato un aumento di quelli precari. E’ probabile che in conseguenza della crisi economica le imprese abbiano sostituito giovani con rapporti di lavoro stabili con altri giovani la cui instabilità lavorativa è evidente e il cui “costo” per le imprese è inferiore.
Ciò però è avvenuto nel nord. Nel sud, dove la crisi economica è stata più intensa, le imprese non sono state nemmeno in grado di sostituire i giovani licenziati con i precari. La ricerca poi conferma la notevole diffusione del fenomeno del precariato, rappresentando così la ulteriore dimostrazione della necessità che siano adottati provvedimenti efficaci per trasformare rapporti di lavoro instabili in rapporti stabili. Il nuovo governo vorrà e saprà adottare provvedimenti di questa natura?