"Mediterraneo in rivolta", un saggio sui cambiamenti politici dei paesi islamici

par Damiano Mazzotti
lunedì 31 ottobre 2011

“Mediterraneo in rivolta” è un saggio fluido e appassionante che racconta i cambiamenti politici repentini dei paesi islamici più vicini all’Italia (Franco Rizzi, www.castelvecchieditore.com, 2011).

Secondo lo storico Franco Rizzi, le ragioni principali delle rivolte arabe non sono materiali: “gli stessi protagonisti hanno sempre rifiutato di definire la loro rabbia” come “una rivolta del pane”. Sono quasi sempre le concause che creano gli avvenimenti e in questo caso, come avvenne nell’Europa dell’Est, si tratta soprattutto di persone che erano stanche di vivere in uno Stato di Polizia.

Si tratta di giovani cittadini che hanno viaggiato, che hanno comunicato via internet e che non vogliono più vivere “in una società del terrore, della delazione, della paura di essere spiati, senza poter esprimere liberamente il proprio pensiero”. Si tratta di popolazioni che lottano per liberarsi da sovrani e da governi totalitari, polizieschi, corrotti e considerati troppo filoccidentali.

In effetti “nelle piazze arabe la rabbia verso l’Occidente non è la causa primaria delle rivolte, come dimostra il fatto che non sono state bruciate né una bandiera americana né una israeliana” (p. 17). Ma indubbiamente sempre più persone si sono rese conto che i vecchi colonialisti avevano aiutato e condizionato i vecchi capi indigeni per continuare le loro politiche di sfruttamento (Frantz Fanon, www.associazionefanon.org). Tuttavia pure il processo di selezione dei nuovi capi non sarà facile.

Comunque la scintilla è scoppiata in Tunisia, dove un giovane si è dato fuoco nella piazza del governatorato per protestare contro la corruzione estrema di un sistema che impediva di lavorare. Questa “forma di suicidio non appartiene alla cultura musulmana. Anche gli imam asserviti al potere avevano intuito la portata rivoluzionaria di quei gesti e si erano affrettati a condannarli.

Nonostante ciò, tali forme di protesta si sono diffuse in vari paesi”. Sono apparse rivolte durature, dove i giovani più umili e più poveri si sono uniti ai diplomati, ai laureati e alle classi medie della capitale, indignate per i soprusi e il “racket della famiglia Ben Ali” che controllava tutti i settori.

Però non si possono mettere Paesi come Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen, Bahrein “sotto lo stesso tetto di una mega-rivoluzione che non è mai esistita. Certo vi sono caratteristiche comuni, vi è un effetto di imitazione, vi sono ricadute da una crisi sull’altra, ma non esiste un’unica regia né tantomeno un’unica spiegazione” (Lucio Caracciolo, prefazione).

L’effetto dei nuovi strumenti di comunicazione e del passaparola cibernetico è simile in tutti i casi, ma bisogna considerare le caratteristiche dei singoli Paesi, poiché uno Stato antico come l’Egitto non è simile alla Libia, che è ancora uno Stato giovane e tribale costruito dalla diplomazia italiana in tempi recenti e non. 

La Tunisia è il paese africano più evoluto e più vicino all’Europa e sicuramente sarà più facile farci crescere una Democrazia più stabile e più produttiva. Anche in Egitto si possono trovare equilibri accettabili, ma a mio parere negli altri paesi islamici si corre il rischio di ulteriori scontri civili cruenti, anche tra diverse fazioni religiose (“stile” Libano). La Libia potrebbe risentire degli effetti talvolta positivi, talvolta negativi, degli introiti derivanti dalle grandi riserve di petrolio e di gas.

Conclusioni: quando troppi esseri umani si mettono in movimento, i danni collaterali sono quasi sempre inevitabili; la vera libertà impone grandi investimenti di impegno, di fatica, di tempo e di lacrime. Ora il Fondamentalismo islamico si trova con il coltello dalla parte del manico e siccome nessun essere umano può prevedere il futuro possiamo solo osservare l’evoluzione delle cose.

Le mamme dei fondamentalisti sono sempre incinte e i padri di solito hanno la testa dura. In ogni caso la popolazione araba è quintuplicata nel XX secolo e le lotte intestine non mancheranno.

Franco Rizzi insegna Storia dell’Europa e del Mediterraneo all’Università di Roma Tre. Ha fondato l’Unione delle Università del Mediterraneo (www.uni-med.net) e dirige www.medarabnews.com.


Leggi l'articolo completo e i commenti