Medioriente: vincitori e vinti (compreso Odifreddi)

par Fabio Della Pergola
giovedì 22 novembre 2012

Dell’ultima tornata di guerra tra Hamas e Israele abbiamo visto e letto in abbondanza.

Adesso si spera che le acque tornino calme, almeno per un po’, e possiamo cercare di ragionare su quello che è successo, su chi ha tratto vantaggi e chi al contrario ne è uscito sconfitto, su come è cambiato l’assetto complessivo della regione, su cosa ci si prospetta in futuro. Mentre si seppelliscono i morti e si rimuovono le macerie.

Una mia valutazione (analisi sarebbe un termine un po’ eccessivo) l’ho già buttata giù nel precedente articolo "grazie alla nuova guerra di Gaza, il vero vincitore sembra essere proprio Hamas".

Un articolo che deve molto alle riflessioni di Ugo Tramballi, giornalista di esperienza, mai tenero con Israele (con la destra israeliana per essere più esatti). Ma non schierato ideologicamente e acriticamente nel campo filopalestinese. Oggi anche Lorenzo Cremonesi sul Corriere sembra d'accordo con questa interpretazione.

Credo di poter ripetere che Hamas è stato il vincitore - politico, non certo militare, la questione non si pone - di quest’ultimo scontro. Perché è uscito da quella sacca di invisibilità che non dipende dalla chiusura della Striscia, ma dall’isolamento e dal disinteresse internazionale in cui erano finiti nell’ultimo anno sia Hamas che l’intero problema palestinese.

Ora, a prezzo di morti e distruzioni, sia Hamas che la Palestina sono di nuovo balzate al centro del palcoscenico mondiale, con gli occhi di tutti calamitati dalle immagini drammatiche che si sono susseguite per giorni. Occhi del mondo arabo, occhi della diplomazia americana ed europea, occhi dell’ONU. E questa è la vittoria di Hamas: passare dall’oscurità alla piena luce era esattamente quello di cui aveva assoluto bisogno, quello che cercava quando ha improvvisamente innalzato il livello dello scontro ai primi di novembre.

Di sicuro non ha perso Netanyahu, anche se una fascia di israeliani parecchio risoluti (le dichiarazioni del figlio di Sharon avrebbero fatto impallidire perfino suo padre) avrebbe voluto l’azione di terra a sfondare la Striscia da capo a fondo. Ma era una minoranza; la grande maggioranza della popolazione di Israele era ed è rimasta contraria a infilarsi in una situazione pericolosa e dalle scarse vie d’uscita. La destra al governo ha comunque dimostrato che può sopportare una certa “attività” missilistica da Gaza, 800 colpi dall’inizio dell’anno alla fine di ottobre, reagendo con azioni 'mirate', ma quando decide che è l’ora di finirla - o che “c'è un tornaconto” nel farla finita - agisce con estrema determinazione. È quello che la gente voleva e il governo l’ha accontentata.

Ora, con lo sguardo un po’ più truce e la postura ancor più truculenta il leader del Likud può avviarsi con assoluta serenità verso le elezioni anticipate (non a caso). Avrebbe forse voluto attaccare l’Iran, subito prima delle elezioni americane, ma qualcuno a Gerusalemme o a Washington ha tirato bruscamente le redini e la cosa è sfumata. Adesso ha avuto la rissa che cercava, anche se nella versione “minore”. Ma può bastare.

I due bellicosi belligeranti possono entrambi cantare vittoria, ognuno nella sua lingua, ognuno rivolto al suo parterre di spettatori ed invitati, ognuno mostrando i muscoli e ognuno piangendo solennemente le proprie vittime.

Conseguentemente i perdenti sono facilmente individuabili: sono i due schieramenti ‘moderati’ - o le colombe, se preferite - di qua e di là del confine. Abu Mazen e Fatah (anche se l’attentato terroristico sul bus di Tel Aviv - un po’ strano nelle sue modalità, senza morti e senza attentatore suicida - è stato rivendicato dalle Brigate di al-Aqsa, il braccio militare di Fatah), rimasti con il cerino politico ormai spento fra le dita: nessuno al mondo prenderà più sul serio la sua richiesta all’ONU di accettare la Palestina come membro osservatore a meno che non sia proprio Netanyahu a ridargli, con un colpo a sorpresa, valenza e visibilità politica. Ma sarebbe azione troppo intelligente per poterci credere.

E come non annoverare fra i perdenti quegli ambiti residuali della sinistra pacifista israeliana, rappresentati giornalisticamente da Haaretz e da qualche scrittore amato in Europa, tipo Grossman (ma non Yehoshua che si è rotto le scatole dei missili di Hamas) che portano avanti coraggiosamente, ma con poche speranze, la proposta dei due stati, dello stop alla colonizzazione e allo smantellamento dei check-point, cioè una politica di apertura che sia reale apertura di credito. Dare credito ai palestinesi oggi durerebbe lo spazio e la consistenza della scia di un razzo sparato contro Sderot: niente. Ed è meglio non pensare a che cosa può portare la sconfitta della sinistra per la democrazia israeliana in un arco di tempo un po’ più lungo del domani o dopodomani.

E c'è, si direbbe, un terzo perdente su tutta la linea del vicino oriente. Si chiama Iran ed è rimasto a guardare, un po' stranito, forse un po' orgoglioso, i "suoi" missili volare veloci da Gaza fino a Gerusalemme e Tel Aviv. Sognando un ritorno in grande stile alla testa dell'intero mondo islamico, ma rendendosi conto che gli "arabi" lo stavano inesorabilmente soppiantando nel cuore dei palestinesi. Può darsi che per riprendere il suo ruolo di primadonna dia una mossa a Hezbollah, ma vista la traballante situazione siriana dovrà ripensare tutta la sua strategia.

C’è poi un ultimo perdente, in Italia questa volta; e sembra di passare dalla grande tragedia alla farsa, ma vale la pena perderci un minuto.

Un matematico di fama, uomo di successo e di spettacolo, noto per le sarcastiche tirate antiecclesiastiche e anticattoliche, chiacchierone e a modo suo apprezzabile - avete capito che parlo di Piergiorgio Odifreddi - aveva un blog sul sito di Repubblica e si è visto cancellare improvvisamente un post violentemente antiisraeliano.

Di polemiche contro lo stato di Israele è strapieno il mondo, sia quello fisico che quello virtuale, in questi giorni, ma lui ha voluto dimostrare scientificamente, “matematicamente” che gli israeliani si comportano esattamente come i nazisti.

Ha preso i dati delle Fosse Ardeatine (10 fucilati per ognuno dei 32 soldati tedeschi morti nell’attentato di via Rasella, più qualcun altro per un errore di calcolo) e ha confrontato il rapporto azione/reazione con quello dell’operazione Piombo Fuso su Gaza: 1400 morti palestinesi contro 15 israeliani. Il rapporto è, dice, di cento a uno, dieci volte maggiore di quello applicato dai nazisti a Roma. Conclusione: gli israeliani sono “dieci volte peggio dei nazisti”.

Naturalmente non c’è bisogno di essere un matematico per capire che è una roboante scempiaggine. Se prendi come parametro le Fosse Ardeatine avrai questo risultato, ma basta cambiare parametro e avrai risultati ben diversi. Prendiamo per esempio il ghetto di Varsavia. Gli ebrei che furono deportati nel ghetto furono circa 380.000. La maggior parte fu poi trasferita nei campi di sterminio. I rimanenti 40.000 circa decisero di resistere. Di questi 13.000 furono uccisi durante la rivolta, gli altri finirono nei campi. I nazisti da parte loro accusarono 16 (sedici) morti.

Il rapporto mi pare che viaggi verso i 1000 a uno, se consideriamo solo i morti durante i combattimenti. Perché fosse confermato che gli israeliani si comportano dieci volte peggio dei nazisti, i morti palestinesi di Piombo Fuso avrebbero dovuto essere 15mila. Come la mettiamo ora con lo stupido paragone “matematico” del grande matematico?

Vogliamo cambiare parametro? Un anno fa due giovani palestinesi entrarono nottetempo nella casa di una famiglia di coloni a Itamar nei Territori e sgozzarono gli occupanti nel sonno: padre, madre, un bambino di 11 anni, uno di tre e una bambina di tre mesi. Sgozzati; e i bambini, per come la vedo io, non sono mai dei coloni. Sono solo bambini e basta. Totale morti israeliani 5; totale morti palestinesi zero. Che rapporto è ? E se adesso usando questo paradigma ci scrivo un articolo e lo titolo “i palestinesi sono peggio dei nazisti”?

Sarebbe meglio che Odifreddi lasciasse stare la politica internazionale e tornasse a sfottere i preti, che gli riesce meglio. A cadere negli eccessi del "rigoroso calcolo matematico" si rischia di perdere il senso della realtà e anche un po’ il senso del ridicolo.


Leggi l'articolo completo e i commenti