Il mea culpa che la politica evita di fare

par Antonella Policastrese
giovedì 14 marzo 2013

Crollano i consumi. La povertà aumenta a dismisura e il Paese si muove su uno scenario di guerra. Dopo l'affermazione come primo partito del M5S di Beppe Grillo, gli inciucisti non dormono più sonni tranquilli. Bersani richiamandosi al senso di responsabilità, vuole fare una sola cosa: un governo appoggiato dai grillini per dare a intendere che le cose stanno realmente cambiando.

Ma cosa ha fatto nell'anno che ha governato con il Pdl, appoggiando indiscriminatamente ogni tipo di tagli che il professore proponeva per il bene delle banche? Intanto dall'esterno l'Europa freme. Pur avendo gli italiani detto no alla politica imposta dalla Troika, Merkel aspetta che il "fiscal compact" venga rispettato, che l'Italia impoverita onori il debito con relativi interessi e manda segnali di fumo per lasciare intendere che nessuno può uscire da questo cul de sac nel quale ci hanno ficcato.

Non aiutano neanche quei mezzi d'informazione, che dovrebbero raccontare questa Italia "spiaggiata come le balene", nella quale la gente si uccide, il tessuto produttivo perde colpi e nessun piano di sviluppo industriale si intravede all'orizzonte. È come se da una parte ci fossero le grida di disperazione di gente che la mattina non sa che pesci mettere nel piatto e tanti sordi che continuano tranquillamente per il senso di "responsabilità personale" a salvarsi la pelle, acuendo un divario insormontabile tra ricchi e poveri.

In tutto questo continuo bailamme, il Pdl poi non trova altro da fare che una bella marcia in tribunale, pro Berlusconi, per difendere l'indifendibile e Alfano minaccia l'Aventino non per i reali problemi del Paese ma per una giustizia che non funziona e che urge riformare a loro dire. Non si pongono il problema di uomini e donne che ogni giorno devono fare i conti con ciò che non hanno, ma con il loro capo giunto ormai sul viale del tramonto e che avendo perso il senno come Orlando, vuole recuperarlo sulla luna...

Una cosa è certa se quanti ora dichiarano il loro grande amore per il Paese avessero fatto per tempo una bella riforma elettorale ora non ci troveremmo come naufraghi su una zattera per raggiungere la riva.

Se si fossero impegnati seriamente a capire come le banche stanno usurando le persone non elargendo finanziamenti alle piccole e medie imprese e non avessero creato la magagna del denaro elettronico per ingrassarle ulteriormente, oggi meno gente non ricorrerebbe, come ultima ratio, al suicidio e forse chissà uno spiraglio di speranza si vedrebbe nel tunnel.

Vagliele a toccare le fondazioni al PD o a mettere il naso nei consigli d'amministrazione delle cooperative rosse per scardinarlo questo sistema di nomine affidate puntualmente ai loro iscritti alla loro gente per mantenere la barra del timone nelle loro mani. Allo stato attuale siamo davanti a un bivio. Non sembra proprio che questa gente voglia fare un passo indietro. Semmai buttano fumo negli occhi lasciando intatta la struttura elefantiaca di apparati che si chiamano partiti, ma che non c'entrano niente con le istanze provenienti dalla società civile e che hanno perso quella funzione di rappresentanza che un tempo avevano.

"Mea culpa, mea grandissima culpa". È il momento di recitarlo questo atto di contrizione. Intanto la gente continua, chiusa nella propria rabbia silenziosa, a portare avanti le richieste di un cambiamento che non può più aspettare.
 


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