Mattarella e la fenomenologia della dissolvenza
par Sergio Giacalone
lunedì 16 marzo 2015
Esordi di una presidenza, low-profile ai limiti del visibile.
Sono passati 40 giorni dall'elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. 40 giorni dalle entusiastiche (e perciò stesso atte a destar sospetto...) affermazioni di convergenza di pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, solitamente battagliere ai limiti della decenza, sul nome di questo ex-ministro, ex-PPI e ora ex-giudice costituzionale. Ex-molte cose, dunque, il nostro Sergio; ma di certo non ex-democristiano,
Ed infine il grigio, che è stato il colore imperante della Repubblica in era democristiana e che l'era renziana vuole rilanciare.
Il grigio si è palesato subito con Sergio Mattarella. E non parlo tanto del colore dei suoi capelli che, anzi, tendono coerentemente al color del bianco-fiore. Parlo di tutto il resto: a partire dal cielo di Roma del 3 febbraio 2015, grigio, appunto, in una giornata fredda e piovosa.
E poi della Panda. Il primo tragitto del presidente nominato Mattarella viene percorso in Panda. Nulla da dire sul nuovo modello di utilitaria Fiat: pratica, modesta, dinamica, scattante, giovane... tutto quello che non serve a chi dovrebbe essere il simbolo di un Paese, insomma. Salvo non volerne evocare da subito la condizione attuale!
Grigio era anche il colore dei marciapiedi della capitale, interamente visibili dietro le transenne per la quasi totale assenza di cittadini acclamanti. Eppure, a sentire i "nostri" parlamentari e la conseguente eco giornalistica, non potevamo meritarci un presidente migliore di questo. In effetti la sua evanescenza lo rende talmente poco visibile che la sua presenza risulta quasi impercettibile: come quando si parla di bambini in ambienti non adatti e si dice "è bravo, tranquillo... come se non ci fosse"!
D'altronde ci sono noti comici che sulla volontà di questo presidente della Repubblica di passare del tutto inosservato stanno costruendo il proprio attuale successo. E non credo che questa estrema riservatezza sia mossa da spirito di emulazione verso il più importante moralizzatore del momento, quel Papa Francesco capace di imporre, in modo pienamente consapevole e supportato, una linea di rigore che non riguarda solo il suo ruolo istituzionale, ma ha finalità di redenzione per tutta la Chiesa, per molti versi e per troppo tempo fuorviata da tentazioni secolari: uno come Francesco non si può emulare. Ed io, ripeto, non credo che Mattarella abbia simili velleità; non mi pare appartenere alla categoria animi in fermento, né mi suggerisce aspirazioni ecumeniche.
Fermo restando che nella contingenza questa dissolvenza in nero dell'immagine presidenziale risulta fatalmente (e al di là delle effettive intenzioni di Mattarella) l'effetto più consono da applicare al film di un sistema ormai prossimo ai titoli di coda.