Matera, il magnetismo di una città antica aggrappata a un burrone
par Jenny
mercoledì 3 settembre 2014
Da "vergogna nazionale" a patrimonio Unesco, i Sassi colpiscono il visitatore per la singolare bellezza.
Matera, tuttavia, con i suoi antichi rioni, il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso, non può essere definita bella nel senso classico del termine. Non è sontuosa come Vicenza o Lecce, né pittoresca come Siena o Amalfi. Matera è di quella bellezza un po' sghemba, di quel fascino sinistro quasi, che la fa somigliare ad una bella ragazza con un accentuato strabismo di Venere. Una bellezza imperfetta, quindi, ma non comune, che lascia il segno.
In poco più di 60 anni, quindi, la città dei Sassi ha prima toccato il fondo di una storia ultramillenaria e poi ha via via risalito la china, ha compreso il proprio altissimo potenziale e si sta ora riscattando in chiave turistico-culturale.
Il mio primo impatto con la città vecchia è stato folgorante. Dopo aver attraversato in auto la parte più moderna di Matera, su un pianoro, ho raggiunto a piedi piazza Vittorio Veneto, dove, quasi per caso, mi sono affacciata al belvedere. Da non credere. Senza soluzione di continuità, complice il dirupo che rivestono, hanno invaso il mio campo visivo porzioni di case (il resto è scavato nella pietra), comignoli, tetti, finestre, porte, scalinate. Come scrisse Carlo Levi a proposito dei Sassi in "Cristo si è fermato a Eboli", nei primi anni Quaranta del secolo scorso, "… in quello stretto spazio fra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto". O come riportavano già nel 1500 le cronache a proposito dei contadini, che all'imbrunire usavano accendere dei lumi fuori dalle abitazioni, cosicché a chi guardava i Sassi dall'alto, pareva di vedere un cielo stellato sotto ai propri piedi.
Oggi, a distanza di 500 anni, pur essendoci più possibilità di viaggiare, è comunque difficile provare altrove simili emozioni. Perché anche a Positano, nella Costiera amalfitana, per dire, le abitazioni sono una sopra l'altra, con numerosissime scalinate che dalla cima del paese portano alla spiaggia. Ma là l'abitato - pittoresco per definizione - si affaccia sul mare aperto blu cobalto e le case sono colorate. Nei Sassi di Matera, invece, le abitazioni (e le circa 160 chiese rupestri censite) sono scavate, scolpite nel tufo calcareo di un canyon (da queste parti si dice "gravina") sul cui fondo scorre uno striminzito torrentello, e di fronte hanno la vista chiusa da un'alta sponda dell'altopiano calcareo delle Murge, spoglia e bucata da numerose grotte antiche, trasformate in chiese dai monaci benedettini e bizantini, i cui ingressi appaiono neri come i denti che mancano a un sorriso. Eppure questa sua posizione nascosta in un anfratto del terreno, che richiama il celarsi dei pipistrelli nelle grotte, ha di fatto protetto Matera nei secoli.
Se nei secoli precedenti infatti i Sassi erano abitati in un modo eccezionalmente armonioso con l'ambiente, con cisterne e ingegnosi sistemi di raccolta delle acque, al punto da essere definiti"paesaggio culturale" dall'Unesco e per questo meritarsi l'iscrizione nel patrimonio dell'umanità, una crescita esponenziale della popolazione portò gli abitanti addirittura ad occupare le cisterne, adattate a monolocali. Fu così che i governi degli anni 1950-60 si videro costretti a emanare specifiche leggi per imporre il totale trasferimento degli abitanti dei Sassi in quartieri periferici appositamente realizzati per loro da celebri architetti.
Volendo, poi, si potrebbe approfittare per farsi accompagnare da una delle numerosissime guide che si offrono ai turisti lungo il cammino. Ma attenzione nella scelta: durante il mio girovagare armata di ben tre guide stampate (Touring Club, Lonely Planet e Dumont), ne ho sentite all'opera un paio che mi han fatto sbellicare dalle risate.
Per i più pigri, segnalo invece di aver visto circolare per i Sassi turisti a bordo di veicoli elettrici biposto, le Twizy Renault. E se le grandi città offrono i grandi bus a due piani per i city sightseeing, i tortuosi percorsi dei Sassi non possono che avvalersi dei piccoli Ape Calessini, i noti tre ruote coi cassoni adattati al trasporto di due persone.
Numerosissime infine le botteghette di artigiani che lavorano il tufo (o la polvere di tufo) per ricavarne rosoni, portacandele, orologi da parete, presepi miniaturizzati, lampade ornamentali... Non è di tufo, poi, ma di terracotta, il colorato cucù, esposto in tutte le bancarelle: un piccolo fischietto della tradizione locale, che alcuni dicono scacci il malocchio, altri che porti prosperità.
Non contenta, risalendo via Madonna delle Virtù, son finita risucchiata dentro ad un'altra anonima porta nella roccia, dove si è aperto un minuscolo laboratorio artigianale scavato nella pietra e pieno di presepi di tufo in miniatura di tutte le misure, perfino illuminati. L'artigiano, con il camice bianco e la scritta "Vincenzo Galante, artista" sul taschino, mi ha generosamente resa edotta dei "segreti" del suo mestiere, peraltro premiato in più concorsi e i cui manufatti finiscono perfino in Brasile.
In questo modo non sono purtroppo riuscita a giungere in tempo, prima della chiusura delle 18, a Casa Noha, nei pressi della cattedrale (chiusa per restauro) di piazza Duomo, da cui si gode di un'impareggiabile vista sul Sasso Barisano. Un vero peccato perché il Fai, il Fondo per l'ambiente italiano, ha recentemente ricavato da un'antica dimora nei Sassi un centro di informazioni turistiche e di documentazione che con l'impiego delle nuove tecnologie e attraverso documenti rari e inediti mostra una ricostruzione completa della storia della città da diverse prospettive, dall'architettura alla storia dell'arte, dall'archeologia alla storia del cinema.
Un motivo in più per tornare in questa straordinaria città.