Mari di sabbia, mari di sangue. Il primo genocidio tedesco
par Enrico Emilitri
venerdì 17 febbraio 2012
Pochi lo ricordano, ma anche la Germania ha avuto il suo piccolo (seppur cospicuo) impero coloniale, le cui origini risalgono alla tarda Età Moderna, quando il principe elettore di Brandeburgo, Friedrich von Hohenzollern (nonno ed omonimo del grande re di Prussia), noto come Grossfriedrich [=Federico il Grande (titolo passato al ben più celebre discendente)] si fece convincere dagli olandesi ad acquistare un appezzamento sul Golfo di Guinea, dove venne fondato l'insediamento di Großfriedrichsburg [Fortezza di Federico il Grande] come approdo commerciale e avamposto militare, che neppure cinquant'anni dopo passò agli stessi olandesi, che la ribattezzarono Voort Hollandia in onore della Patria di origine, e - dopo il Congresso di Vienna - alla Gran Bretagna che la ridenominò Princesstown, nome mantenuto anche dopo l'indipendenza del Ghana.
Caduta progressivamente in rovina, l'antica fortezza germanica (a lungo servita anche come prigione) è stata recentemente riscoperta e restaurata ed è oggi una delle mete turistiche più ambite da chi si reca in Ghana, anche se molti stentano a credere che essa sia stata eretta dai tedeschi.
A Guglielmo I succedettero (1888) nell'ordine: il figlio Federico V (morto dopo soli tre mesi per un cancro alla gola causato dall'abbondante abuso di sigari) e, soprattutto, il nipote Guglielmo II, che portò l'Impero all'apice causandone, in seguito, la caduta. Il nuovo Kaiser ebbe sin da principio le idee chiare: la Germania non si sarebbe accontentata del tradizionale Lebensraum (= Spazio Vitale) da realizzare con la conquista della Russia e dell'Europa Orientale [Drang nach Östen (= Assalto all'Oriente)], ma si sarebbe fatta valere anche sul piano internazionale. La prima occasione si realizzò quando nel 1878 si tenne il Primo Congresso di Berlino, che mise fine all'esperienza (ormai da tempo tramontata) della fallimentare Restaurazione voluta dal Congresso di Vienna (1814-15), consegunando, tra l'altro, all'Austria-Ungheria la Bosnia-Erzegovina (nominalmente ancora possedimento ottomano, ma che venne definitivamente annessa alla Duplice Monarchia esattamente trent'anni dopo), innescando il processo che portò all'Assassinio di Sarajevo e alla Prima Guerra Mondiale.
Ma fu il Secondo Congresso di Berlino, che decise dello "Scramble for Africa" (corsa per l'Africa), di fatto lo smembramento del Continente Nero tra le potenze coloniali europee (escluse la Russia - che nel 1867 aveva ceduto l'Alaska agli Stati Uniti - e l'Austria-Ungheria), tra le quali oltre a Francia e Regno Unito (che fecero, ovviamente, la parte del leone), rientrarono pure il nostro Paese e la stessa Germania, che ottenne le Isole Ralik (oggi parte delle Marshall), la Nuova Guinea nordorientale col Mare e l'Arcipelago di Bismarck (oggi Papua Nuova Guinea), le Samoa Occidentali (Libero Stato di Samoa), cui dopo la cosiddetta Guerra dei Boxers si aggiunse il Quiaojaho con l'importante scalo commerciale e militare di Quingdao (allora chiamati rispettivamente Kiaochou e Tsingtau), dove aveva sede - tra l'altro - la Divisione Navale Tedesca del Pacifico Occidentale, comandata in ultimo dal viceammiraglio Maximilian graf von Spee, ai cui ordini vi erano i due figli maggiori, pur'essi giovani ma già valenti ufficiali di marina. Sorpreso dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, von Spee tentò di rientrare in Patria, ma venne intercettato da una squadra navale britannica comandata dall'anziano amm. Craddock di fronte al golfo di Coronel (Cile): lo scontro vide i tedeschi vittoriosi e la morte di quest'ultimo, ma il successivo scontro al largo delle Falkland costò caro a von Spee che affondò con quasi tutte le sue navi e, soprattutto, con gli stessi figli.
Ai possedimenti asiatici si unirono quelli africani: il Witu (o Wituland), nel Kenia nordorientale, a ridosso dell'Oltregiuba (allora parte della Somalia Italiana); l'Africa Orinetale Tedesca [Deutsche ÖstAfrika (DÖA)], costituita da Tanganika (attuale Tanzania) e Ruanda-Urundi (odierno Burundi), in seguito ceduto al Belgio ed unito al Congo Belga (già Stato Libero del Congo, poi Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo); il Togo; parte del Camerun e, infine, l'Africa Sudoccidentale Tedesca [Deutsche SüdWest Afrika (DSWA)], cioè l'attuale Namibia, con la sola esclusione di Waalwisbai [Baia delle balene, un tempo - come dice il nome - porto baleniero, in seguito munitissima base militare e navale prima britannica e poi sudafricana, ceduta alla Namibia (1992) dopo l'ascesa alla presidenza sudafricana di Nelson Mandela].
Ma come sempre in questi casi si erano fatti i conti senza l'oste, rapresentato da Hendrik Witbooi, autorevole e valoroso capo riconosciuto dei Nama (da cui prende il nome il deserto del Namib e, per estensione, lo stesso Paese), il cui padre era stato ucciso in un diverbio da Carl Peters, socio di Lüderitz, cosa che aveva alimentato e rafforzato il suo odio verso i tedeschi. A peggiorare le cose contribuì la scellerata politica del col. Theodor Leutwein, nuovo governatore della colonia, che espropriò le terre dei neri per trasmetterle ai boeri e, ancor più, ai coloni tedeschi, specie dopo la scoperta e lo sfruttamento da parte di questi ultimi delle miniere d'oro e diamanti (cosa che nel vicino Sudafrica aveva portato alle Guerre Anglo-Boere), e che gli inimicò pure il suo principale alleato, il condottiero herero Samuel Maharero.
Lo scontro decisivo avvenne l'11 Agosto 1904 nei pressi dell'altopiano del Waterberg (=Montagne dell'acqua), dove migliaia di Herero erano accampati con le proprie famiglie e il proprio bestiame. Lo scontro si trasformò ben presto in una carneficina: ai reiterati attacchi degli insorti (che sulle prime ebbero la meglio) i tedeschi risposero con salve d'artiglieria e raffiche di mitragliatrice, grazie anche all'aiuto dei volontari boeri e, soprattutto, degli ascari, mercenari indigeni che - al pari di molti altri eserciti coloniali - contribuirono alla vittoria finale delle truppe germaniche, certo meglio organizzate e disciplinate oltre che, come s'è detto, dotate di armi e mezzi decisamente superiori.
Da quel momento iniziò il lento e progressivo genocidio del popolo Herero, decimato, oltre che dai ripetuti attacchi tedeschi, dalla Processione della Morte, che alla fine della guerra ne ridusse il numero da 85.000 a poco più di 15.000! Ai protagonisti non andò meglio: gravemente ferito in uno scontro successivo (1905), Witbooi riuscì a passare l'Orange e riparare in Sudafrica con pochi superstiti, per morire tra le braccia dei figli; Maharero sopravvisse, ma dovette definitivamente sottomettersi, anche se dopo l'annessione della Namibia al Sudafrica (1918) lottò attivamente (senza successo) contro l'Aparheid, morendo di vecchiaia nel 1970. La guerra si concluse con l'inevitabile (anche se tutt'altro che scontata) vittoria tedesca (1907), ma anche i vincitori ebbero perdite importanti, tra le quali quella del sottotenente barone Werner Schenk von Stauffenberg, cugino del più noto Klaus, che esattamente quarant'anni dopo tenterà di uccidere Hitler tramite l'Operaktion Walküre (o Walkirie).
Ad ogni modo la Namibia di oggi sta cercando di lasciarsi alle spalle il suo doloroso passato, peraltro rappresentato dalle numerose tracce lascate, la più celebre delle quali è l'ancor oggi odiatissimo Deutsch Reiter Denkmal (= monumento al cavaliere tedesco) che campeggia fiero nella piazza principale della capitale Windhoek, non lontano da quello a Hendrik Witbooi, il cui volto appare sulle banconote namibiane, simbolo a sua volta di una vittoria postuma e imperitura.