Maremma sotto attacco. È allarme per inceneritori, fanghi, fracking, autostrada, paesaggio

par Giorgio Zintu
giovedì 7 febbraio 2013

 

A lanciarlo non sono i soliti quattro ambientalisti, quelli del “no al progresso”, ma giornalisti del calibro di Sergio Rizzo del Corriere della Sera e Furio Colombo (nella foto), personalità del mondo universitario e della ricerca come Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, Andrea Segré dell'Univeristà di Bologna, Andrea Borgia ricercatore del Lawrence Berkeley National Laboratory dell'Università della California, Gianni Mattioli della Sapienza di Roma e Alessandro Pacciani del'Univeristà di Firenze.

Tutti si sono ritrovati a Capalbio, chiamati da Nicola Caracciolo, presidente onorario di Italia Nostra Toscana, al capezzale della Maremma, una volta luogo simbolo della natura ben conservata e oggi soggetta agli “attacchi dei predatori e mercanti d’inquinamento che girano tutta l’Italia in cerca di terra da martoriare, razziare per imporre opere inutili e pericolose”.

È una battaglia che Caracciolo è sicuro di vincere oggi come ieri quando fu un protagonista della vittoria sul nucleare e sulla centrale nucleare di Montalto di Castro. Non manca il sostegno dell’ambasciatore Rocco Cangelosi, vice presidente del Movimento Europeo, di Carlo Ripa di Meana, delle scrittrici Chiara Valentini e Laurana Lajolo e poi di giuristi, piccoli imprenditori e imprenditrici del settore agricolo e turistico, degli esponenti delle varie sezioni toscane di Italia Nostra, dei rappresentanti del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano, presente con la presidente regionale, Sibilla della Gherardesca, delle tante associazioni impegnate sul campo.

Nicola Caracciolo, Italia Nostra

Si parte con la storia dell’autostrada tirrenica, forse la più contestata d’Italia. È gestita dalla SAT, nel cui capitale troviamo tra gli altri il Monte dei Paschi di Siena, la Holcoa, una holding di partecipazioni costituita dalle maggiori cooperative di costruzioni aderenti della Lega delle Cooperative, e la Vianco (controllata da Vianini Lavori società che fa capo a Francesco Gaetano Caltagirone, il suocero di Pier Ferdinando Casini ed editore anche di quotidiani come il Messaggero).

La SAT, ancora oggi sponsorizzata dall’ex ministro Altero Matteoli, è guidata da una vecchia conoscenza della politica, un uomo del PD, l’avvocato Bargone, che recentemente, quasi a giustificare l’impresa, ha “sparato” l’incredibile cifra di 80.000 persone al lavoro per il completamento dell’autostrada sino a Civitavecchia.

Sorprende come nessuno, neanche il presidente della Regione ToscanaEnrico Rossi abbia saputo spiegare quello che appare a tutti un vero scandalo. E cioè come sia possibile che un bene pubblico, l’Aurelia, la prima strada consolare italiana, diventi una strada a pedaggio. Dove ora non si paga nulla e si viaggia a 110 km orari, domani non basteranno 20,18€ per andare da Grosseto sud a Cecina nord Ma oltre il balzello del pedaggio si avranno maggiori consumi di carburante e un maggiore inquinamento per appena 20 km/h in più.

Così è anche facile prevedere aumenti nei prezzi di tutte le merci trasportate, senza contare il più pericoloso incremento del traffico sulle strade complanari. Pochi i vantaggi per i cittadini toscani: l’eliminazione dei pochi incroci a raso rimasti e qualche lavoratore alle casse dei caselli, prima che questi ultimi vengano automatizzati come accade ormai ovunque.

E pensare che un investimento molto contenuto sarebbe sufficiente a ultimare la superstrada da Grosseto al confine con il Lazio, sistemando subito dopo i circa 15 km del tratto compreso tra Tarquinia a Civitavecchia.

Ma davvero non ci sono investimenti più mirati da fare in regione? Antonio Dalle Mura, presidente regionale di Italia Nostra, ricorda ad esempio che  il 98% dei Comuni toscani è a rischio idrogeologico, una percentuale superiore alla media italiana. E’ un fatto che le esondazioni dell’Albegna e dell’Ombrone, il dramma di Albinia rivelino come i mancati investimenti per la manutenzione del territorio si traducano in morti, distruzione di case e raccolti, il colpo di grazia per l’agricoltura, l’ultima custode dell’ambiente ma ,come racconta un piccolo imprenditore capalbiese, abbandonata dalla Regione e soccombente di fronte a prodotti non certificati della concorrenza cinese o marocchina.

Sergio Rizzo

Ma fioccano altre denunce da parte delle associazioni che combattono in prima linea per la difesa del territorio. Andrea Marciani dell’Associazione Beni Comuni di Manciano parla del tentativo, al momento fallito, della canadese Adroit Resources di effettuare ben 388 trivellazioni finalizzate all’avvio di una miniera a cielo aperto di antimonio, che è noto per essere un elemento semimetallico “notevolmente tossico per l'uomo e gli animali”.

Ma a Ribolla, frazione di Roccastrada, sulle Colline metallifere, secondo Fiorentino d’Arco la società IES ha effettuato un’operazione di “mini” fracking, ovvero la fatturazione idraulica di "scisti” in profondità che servirebbe a ricavare “il metano associato ai depositi di lignite” (http://aldopiombino.blogspot.it/201...) .

E non si salva la geotermia dell’Amiata, una fonte ritenuta troppo frettolosamente rinnovabile, sostenuta dalla Regione Toscana e dall’ENEL. L’allarme è lanciato da un esperto, Andrea Borgia, noto geologo e vulcanologo oggi ricercatore presso il Lawrence Berkeley National Laboratory (un altro cervello in fuga dall’Italia), che sottolinea sia la pericolosità per la salute umana delle sostanze contenute nei vapori geotermici sia il “dimezzamento dell’altezza della falda che alimenta la galleria di approvvigionamento del Fiora”, generando la situazione paradossale della diminuita disponibilità di acqua potabile (ma non era l’oro blu?), un evidente squilibrio che verrà incrementato dalla nuova centrale elettrica ENEL di Bagnore.

Il Manifesto di Capalbio

Una vera bulimia energetica che travolge il territorio anche poco più a sud, nel viterbese, dove si è consumata, a parere di Paolo De Rocchi di Italia Nostra, la bufala del fotovoltaico che insieme ai poco efficienti impianti eolici e le centrali a biomasse ha cambiato il paesaggio e letteralmente cancellato migliaia di ettari di terreno coltivabile. Una tendenza a cui non è estranea la presenza della mafia spinta da disponibilità finanziarie anche in tempi di crisi e gli incentivi concessi da leggi poco attente alla peculiarità del territorio. Una lunga mano che si sintonizza con gli appalti pubblici e che secondo i No Coke dell’Alto Lazio si protende verso il porto di Civitavecchia dove il progetto della Piattaforma logistica Italia oltre a sottrarre terre coltivate presenti a nord della città portuale sino a Tarquinia, richiamerà le mafie pronte a “investire”, la cui presenza è rintracciabile negli arresti di personaggi legati a clan malavitosi.

Ma che la politica, a parte qualche sindaco più sensibile come quello di Capalbio, Bellumori, o di Orbetello, Paffetti, non sempre svolga un ruolo di difesa dell’ambiente e quindi della salute dei cittadini è un dato rilevabile nella vocenda dell’inceneritore di Scarlino, un comune situato a nord di Grosseto. Qui dopo che il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima l’autorizzazione rilasciata “in assenza di tutti gli elementi necessari per escludere negative ricadute sulla salute umana e sull'ambiente" che ha accolto il ricorso del comitato “No all’inceneritore di Scarlino”, il presidente PD della Provincia di Grosseto, Leonardo Marras, ha immediatamente concesso una nuova autorizzazione.

Sempre qui, nel golfo di Follonica, qualche chilometro da Punta Ala, una storia ancora più preoccupante testimonia l’assoluta dissonanza con la più affermata vocazione turistica e agricola di quest’area. La racconta Eduardo Bertocci del Coordinamento dei comitati della Maremma ed è centrata su un’industria chimica, la Huntsman Tioxide, produttrice di biossido di titanio i cui effetti collaterali indesiderati sono rappresentati dai nocivi fanghi rossi. Sino agli anni a circa 30 anni fa, quando la proprietà era Montedison, venivano riversati direttamente in mare (sentenza di condanna della Sez. I° n. 61 dell'8-10-1979 http://www.trani-ius.it/opinioni/GIAMPA1.html), poi trasferiti via mare in Corsica, quindi le 400.000 tonnellate annue di “fanghi”, miscelate agli scarti della lavorazione del marmo diventano “gessi rossi”, che accumulati in un’area di 33 ettari, formano una collina di 11 metri di altezza, un sito non sufficiente vista la necessità di stoccarli in varie cave sul territorio provinciale. Sino a quando un’idea geniale del ministro Galan nel 2010 consentiva di trasformare alcuni sottoprodotti industriali, come i fanghi rossi, in fertilizzanti per l’agricoltura. E se dalle 300 del 2010 le aziende iscritte nel registro dei produttori di fertilizzanti, in un anno sono arrivate a 3000 sarà bene porsi il problema di cosa finisca nei campi e quindi nella nostra alimentazione.

Come uscire dalla crisi ambientale ed economica? Invertendo la tendenza, come suggerisce Donatella Raugei, portavoce degli Agriturismi nel Paesaggio.

Occorre valorizzare l’immagine del “Brand Maremma e prima ancora del Brand Toscana, dove l’agricoltura ha disegnato il Territorio , il Paesaggio e ne è diventata l’espressione identitaria”. Passare quindi dal distretto rurale alla “bio-regione – zero waste”, secondo l’esempio di Paul Connect., autore del famoso “Rifiuti Zero, Una rivoluzione in corso”. Una soluzione basata sulla raccolta porta a porta (San Francisco raggiunge il 78% di raccolta differenziata), sulla cultura del ricupero, del riuso. Per la Raugei “l’incenerimento è un povero investimento, anche in termini occupazionali, in evidente contrasto con le nostre aree protette, la nostra natura i nostri parchi che sono il vero sviluppo”.

Ma forse non tutti gli abitanti della Maremma sono informati di cosa stia accadendo a loro insaputa e per questo le associazioni hanno redatto una “lettera aperta alla cittadinanza e alla politica”, il Manifesto di Capalbio” (vedi documento), che si rivolge a tutta la Maremma, ai suoi abitanti a quanti le vogliono bene per metterli in guardia da una politica che dice sì a tutto, consentendo a chiunque di predare “la terra, il suolo, il paesaggio”.


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