Marchionne: "Siamo in un mercato spietato. Termini Imerese non ha ragione di esistere"

par morias
domenica 28 giugno 2009

Le dichiarazioni dell’ad Fiat non lasciano spazio ad alcun margine di trattativa, il destino del sito siciliano del Lingotto sembra adesso segnato, mentre i sindacati metalmeccanici annunciano manifestazioni e sit-in a cominciare da lunedì prossimo.

Tutti noi italiani abbiamo nei mesi scorsi tifato per la politica strategica di espansione trans-europea portata avanti dal numero uno della casa di automobili torinese, tutti noi abbiamo esultato per il raggiungimento dell’obiettivo Chrysler, e ci siamo rammaricati per l’esclusione del piano industriale per l’acquisizione della tedesca Opel.

Non possiamo che essere in sintonia con Marchionne quando si batte per la creazione di un gruppo industriale che, nel mondo, porterebbe ad una capacità produttiva pari a sette/otto milioni di autoveicoli; abbiamo sostenuto, senza remore, il suo operato capendo bene che dalla riuscita di tali operazioni anche l’Italia come nazione ne sarebbe uscita rafforzata, in un’ottica di lungo periodo.

Mai però ci siamo illusi di poter evitare sacrifici, soprattutto quando si chiede di farli fare sempre ai soliti, a coloro cioè che rischiano di perdere il posto nel nome di indicatori economici e di bilancio, sempre freddi e spietati.

Non possiamo, al contempo, non rammaricarci per il modo in cui queste notizie vengono diffuse, dette, comunicate, sempre "a margine" di qualche convegno a cui partecipano quelli che contano: mentre quelli che invece non contano vengono scaricati senza umanità, nell’assoluto disprezzo di qualunque dignità.

<<A Termini Imerese non c’è indotto, è un luogo stranissimo dove non c’è niente intorno. Noi non stampiamo a Termini e lì ci sono costi di logistica che sono enormi...D’altronde se faccio un centro di stampaggio in centro Italia posso fornire quattro stabilimenti. Siamo in un mercato spietato dove se la vettura non c’è perdo il cliente e poi la cosa si ripercuote sui ricambi.....>>. 

Adesso i nodi vengono al pettine, e possiamo dire quello che forse in cuor nostro sapevamo gia: il destino dei siti meridionali della Fiat era gia segnato in maniera indipendente dalla riuscita dell’operazione tedesca per la casa di Ruesselsheim.

E a quanto pare a temere non è solo il sito siciliano, ma anche quello di Pomigliano.

Nelle settimane passate non abbiamo affatto capito le parole dello stesso ad Fiat, quando ha criticato i costi imposti alle case produttrici di automobili dall’Unione Europea in merito alle disposizioni normative di tipo ambientale, che a detta dello stesso Marchionne, gravano sui bilanci societari per 45 miliardi di euro all’anno.



Ma come! Ci facciamo paladini dell’ambientalismo in America grazie alla nostra capacità di produrre veicoli a basso impatto ambientale, "costringiamo" i nord-americani a circolare in "cinquecento", incassiamo il plauso del Presidente Usa Barack Obama per la nostra capacità di ottimizzare le risorse disponibili, e poi ci lamentiamo delle norme dell’Unione che tutelano in primo luogo il nostro stato di salute, la quantità di polveri sottili che facciamo respirare ai nostri bambini?

Non è solo il mercato ad essere spietato, lo è anche questa politica economica dei nostri manager, fatta solo di retorica e di ipocrisia, di affarismo ed egoismo, di calcolo di convenienza ed opportunismo.

<<A Termini non c’è niente intorno...ci sono costi di logistica enormi>>

Questo lo sapevamo, caro Marchionne, e come noi lo sapeva anche Lei, e lo sapeva anche il nostro "UTILIZZATORE FINALE" che qualche giorno addietro ha detto di tifare per il "signor Fiat", convinto di riuscire a portare a buon fine l’accordo per Opel: forse infondendo anche a Lei un po’ di quel sano ottimismo col quale ci continua ad ammorbare da un anno a questa parte.

"Non c’è la convenienza a costruire centri di stampaggio in Sicilia": e per forza!

Nessuna azienda avrebbe la capacità di sostenere costi per l’indotto, con un sistema di trasporto assolutamente inesistente, privo di ferrovie e di autostrade, privo di collegamenti o di snodi logistici adeguati.

Allora perchè far pagare il costo di questa epocale inefficienza a duemila lavoratori, che significa duemila famiglie, sempre ai più deboli, a coloro che si fanno il "mazzo" sulle catene di montaggio, allora perche non chiedere conto a coloro che vanno sponsorizzando il Ponte sullo Stretto, a coloro che illudono e buttano fumo negli occhi ad una popolazione sempre più disinformata, e quindi vulnerabile?

Vada a Termini il Presidente del Consiglio adesso, a tappare la bocca a duemila operai che rischiano di perdere il proprio futuro, vada a Termini il nostro premier ad infondere ottimismo, vada a Termini il Cavaliere a dire che la crisi è tutta colpa della stampa disfattista, vada a Termini il nostro amante delle escort e dei festini a luce rosse a far capire alla gente che i loro principali problemi sono la privacy e le intercettazioni, vada a Termini a dire a duemila operai che il primo provvedimento, quello più urgente, del suo governo è stato il "Lodo Alfano", oppure ci mandi il loro corregionale, lo stesso ministro Guardasigilli, a dire che giustizia è fatta.


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