Da una parte c’è Marchionne che dice di non poter investire nella Fiat, nell’azienda che è stato incaricato di gestire e di rilanciare, e chiede agevolazioni, dall’altra abbiamo il Presidente di Confindustria che si dichiara, ad alta voce, ad altissima voce, pronto a rinunciare ad ogni agevolazione pur di abbassare la pressione fiscale perché così si potrà investire, da un’altra ancora abbiamo un alto responsabile di Confindustria che, presa la parola in un congresso della propria categoria, si lancia in un severo monito e rimprovero verso i colleghi industriali per non aver investito i 110 miliardi rientrati in Italia grazie allo scudo fiscale.Cosa che, tra l’altro, serve alle banche per giustificarsi del loro mancato supporto finanziario alle aziende.
Tutta questi signori sono in continua contraddizione tra di loro e, spesso, con sé stessi. Forse sarebbe il caso che si mettessero prima d’accordo fra di loro poi ci presentassero le loro richieste e magari anche qualche offerta. Marchionne vuole agevolazioni, Squinzi vuole abolirle. In cambio di riduzioni fiscali.
Intanto il collega industriale di Squinzi dice che i mezzi ci sono e sono in mano a loro, ci sono 110 (veramente 105,5 perché 4,5 sono stati investiti) miliardi di euro assolutamente disoccupati, 110 miliardi (pardon, 105,5) che non si sa dove siano finiti dopo il rientro dalla breve (o lunga) vacanza all’estero.
E ricordiamoci che almeno 35 di quei 110 (oops, 105,5) miliardi in realtà sono nostri, sono le imposte che quei signori avrebbero dovuto pagare se avessero denunciato quei proventi. Non solo.
Gli industriali vorrebbero che venissero loro ridotte le imposte e, in cambio, sarebbero disposti (bontà loro) a rinunciare alle agevolazioni che hanno, mentre un imprenditore importante come Marchionne lo chiede a gran voce citando, per fare (o forse per dare) un esempio, il caso del Brasile che ha “agevolato” i suoi investimenti partecipando con la modesta percentuale dello 85% dell’investimento fatto dalla Fiat. Dalla Fiat? A compensare ci sono quelli meno assurdi disposti, come detto, a chiedere solo una riduzione della pressione fiscale. Solo quella. E basta. Un’altra? Ancora un’altra? E che sono i 35 miliardi abbuonati sui 110 miliardi che si erano portati all’estero per un po’ di compagnia? O forse per ricordo. Non sono una riduzione del gravame fiscale? Una enorme riduzione del loro gravame fiscale.
Il gettito tributario italiano è di circa 411 miliardi annui (Fisco oggi del 28/9/12, dati Ministero delle Finanze) e uno sconto di 35 miliardi mi pare una bella, bellissima riduzione del gravame fiscale, né si può rispondere che riguarda solo gli
evasori e che loro invece le imposte le hanno pagate tutte, visto che è stato un loro dirigente a rimproverarli per
non aver investito quei loro soldi nelle loro aziende dopo che erano rientrati grazie al loro condono sui loro proventi andati all’estero senza pagare le imposte. Che altro vogliono?
In ogni caso, comincino ad investire quei 110 (rectius, 105,5) miliardi e poi potremo parlare di qualche altro regalo dallo Stato povero agli industriali ricchi. Senza contare che quasi tutti le cause e i dati sulle loro difficoltà che indicano sono falsi. Farò due soli esempi:
A) non siamo competitivi. Invece le uniche aziende italiane che tirano, i soli dati positivi della nostra economia sono le esportazioni. Forse anche se abbiamo uno Stato pesante, una burocrazia asfissiante e un alto costo del lavoro riusciamo lo stesso a battere la concorrenza straniera grazie all’innovazione e alla ricerca. Nonostante la crisi. E, forse, qualcuno dovrebbe raccontarlo a Marchionne;
B) il costo del personale, di quello assunto direttamente, esclusi, quindi, i precari, i collaboratori esterni e le partite Iva sarà anche troppo alto per poter competere in un mondo globalizzato e sarà pure, quindi, necessario ridurne il costo, ma, dice Marchionne (lo ha dichiarato nel settembre di qualche anno fa), nella Fiat l’incidenza del personale sul totale dei costi è del 6 o 7%. E questo vuol dire che, se anche la Fiat vendesse al costo, la solita 500, offerta ora a 13.670 €, ove Marchionne riuscisse a ridurne il costo del personale del 20% o del 50 % o anche fino a zero, la stessa vettura uscirebbe con, rispettivamente, il prezzo di 13.512 €, 13.275 € e 12.879 €. Lo dice Marchionne, non io. Ma il prezzo appare sempre un po’ troppo alto per reggere alla concorrenza delle tedesche, tutte sotto gli 11.000 €, qualità a parte. E questo pur pagando gli operai il doppio. Il problema, quindi, deve essere un altro e, dato che Marchionne e i suoi colleghi pur con molti difetti, non sono certo stupidi loro devono sapere qual è. E farebbero bene a dircelo, anche se un’idea ormai ce la siamo fatta.
C’è la storia della pressione fiscale italiana, storia sempre tirata in ballo, ma questa è altra storia e richiede un suo scritto perché, anche se il nostro prelievo tributario è alto, è chiaro che le aliquote che girano sono pura fantasia. Viva fantasia.