Manovre, rating e destino dell’Europa

par Andrea Sironi
martedì 16 agosto 2011

Riguardo le agenzie di rating, si trovano disseminate sulle pagine dei giornali riflessioni sulla loro utilità o meno. In effetti, le valutazioni sul debito pubblico che propongono, hanno un peso a dir poco enorme sugli andamenti dei mercati, indirizzano di fatto, l’attività speculativa verso obiettivi che portano profitti.

Ora, una domanda da porsi è la seguente: gli attacchi speculativi che mandano in profondo rosso le borse di mezza Europa possono portare i Paesi colpiti ad una insostenibilità del debito pubblico? Come la Grecia per intenderci. La risposta a questa domanda è sì, risposta sostenuta da tanti illustri economisti, i quali pensano che l’unica possibilità di salvezza sia quella di un intervento della BCE, riguardo la diminuzione dei tassi di interesse sui titoli del debito di tutti i Paesi europei.

La creazione di “Eurobonds” potrebbe essere una strada percorribile, in grado di mettere al riparo l’Europa da attacchi speculativi generati dalle agenzie di rating.

Sul piatto di queste agenzie pesano disastri incalcolabili, dovuti ad errori paradossali, vedasi gli scandali immobiliari americani piuttosto che il clamoroso fallimento della banca Lehman. La loro attività è la punta avanzata di un attacco sistemico all’eurozona, da considerare il fatto non indifferente, che la loro “nazionalità” è americana o anglosassone.

Insomma, come al solito manca quella volontà politica capace di cambiare le carte in tavola, ridimensionando il potere decisionale della finanza speculativa, tanto è che la BCE invece di abbassare i tassi li ha aumentati, esponendo ancora di più le posizione debitorie di interi stati. D’accordo sul fatto che molti paesi dell’Europa hanno profonde debolezze nel loro impianto economico, debolezze nate soprattutto nel 2009, quale effetto della crisi immobiliare americana, e mai, anche in parte, risolte.

È anche vero, però, che il rapporto debito/pil dei paesi come Gran Bretagna e Giappone è nettamente superiore a quello degli stati europei oggi in difficoltà, eppure loro non versano nelle stesse condizioni, e non hanno subìto finora attacchi paragonabili all’Eurozona.

L’unica differenza è quella che gli stati europei non hanno una banca nazionale con la funzione di argine di fronte la speculazione, la sovranità monetaria si è “dissolta” nella grande pentola dell’Europa, affidando alla BCE scelte che vanno ad incidere fortemente il loro futuro, ridimensionando al ribasso il welfare state in nome del “rigore”.

Lo scorso nove luglio, un articolo firmato da Perotti e Zingales apparso su “Il Sole 24 Ore” esponeva una situazione allucinante, risolvibile attraverso l’adozione di misure durissime da piena austerità, tagli alla scuola, alla previdenza, alla sanità, e privatizzazione selvagge di ogni genere. Soluzione questa che porterebbe ad una caduta verticale della domanda e del Pil. Strategia che verrà, con molte probabilità, varata dal Governo nei prossimi giorni, essendo oltre che incapace di proposte lungimiranti e coraggiose, sotto ricatto da Trichet e Draghi.

Ma tutto questo può realmente servire a risollevare le sorti del Paese Italia? Si è veramente sicuri che tagli al sociale possano farci uscire da una crisi sistemica? E soprattutto, dare ascolto a chi la crisi l’ha generata è sensato?

I conti su quanto si debba tagliare per portare il bilancio in pareggio sono fatti per volumi di pagamenti degli interessi sul debito che riflettono i tassi di interesse correnti, con la speculazione finanziaria libera di fare ciò che vuole, i tassi sul debito pubblico saranno sempre condizionati, così da non poter raggiungere mai un pareggio di bilancio, a causa dell’aumento della spesa per il pagamento degli interessi.

Vi ricordate la lettera sottoscritta nel mese di giugno dello scorso anno da duecentocinquanta economisti e mai presa in seria considerazione? Senza un cambio di passo delle politiche europee, la strada verso il baratro è sempre più vicina, “radiocomandata” dal rating e dai potentati finanziari.


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